Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15140 del 16/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/07/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 16/07/2020), n.15140

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 7744/2013 R.G. proposto da:

C.R., rapp.to e difeso dall’avv. Paolo Cantile, unitamente

all’avv. Mario Ambrosio, presso il cui studio elett.te domicilia in

S. Marcellino, Corso Europa 337, come da procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te

domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 12/12/12 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, depositata il 15/2/2012, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3

dicembre 2019 dalla Dott.ssa Milena d’Orfano;

udito per il ricorrente l’avv. Paolo Cantile;

udita per la controricorrente l’avv. Francesca Subrani;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Umberto De Augustinis che ha concluso per il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 12/12/12, depositata il 15 febbraio 2012, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto da C.R. e R.M.E. avverso la sentenza n. 152/29/10 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, con condanna al pagamento delle spese di lite.

Il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione, con separati ricorsi, di un avviso di accertamento catastale con il quale l’Agenzia del Territorio, procedendo ad una revisione della L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 335, aveva rideterminato la categoria e la classe di alcuni immobili, di cui i contribuenti erano comproprietari, siti nel Comune di (OMISSIS).

La Commissione di primo grado, ritenuto che L’Agenzia avesse legittimamente proceduto alla modifica d’ufficio del classamento della L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 335, aveva rigettato i ricorsi con separate sentenze.

La CTR, pronunciandosi sull’appello proposto da entrambe le parti, ma avverso la sola sentenza emessa nei confronti di C.R., aveva confermato la decisione di primo grado, rilevando:

a) che sussisteva una carenza di legittimazione passiva dell’appellante R.M.E., che non era parte nel giudizio concluso con la sentenza impugnata, e che il giudicato di rigetto formatosi sulla sentenza emessa nei suoi confronti, non impugnata, avendo ad oggetto gli stessi immobili, doveva estendersi anche al caso in esame;

b) che in ogni caso l’appello era infondato nel merito in quanto l’Agenzia aveva proceduto alla revisione della rendita nel rispetto dei presupposti di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, tenuto conto della zona signorile ed esclusiva in cui erano collocati gli immobili, dell’estensione degli stessi e dell’edificio d’epoca in cui erano ubicati, come provato dalla documentazione fotografica esibita dall’Ufficio.

2. Avverso la sentenza di appello, C.R. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 12 marzo 2013, affidato ad un unico motivo, nonchè memoria ex art. 378 c.p.c.; l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con un unico motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata, denunciando violazione del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5; rileva che la sentenza impugnata aveva omesso di prendere in considerazione la relazione tecnica esibita dal contribuente in ordine alle caratteristiche dell’immobile, nè dato seguito alla richiesta istruttoria di esibizione della documentazione utilizzata dall’Agenzia ai fini del riclassamento, effettuato senza un preventivo ed approfondito sopralluogo, risultando quindi insufficientemente motivata laddove aveva posto a fondamento della decisione una documentazione fotografica costituita da un’unica fotografia.

2. Il ricorso va ritenuto inammissibile in quanto il contribuente, a fronte di una sentenza fondata su una doppia ratio decidendi, quali l’effetto preclusivo del giudicato formatosi in capo alla comproprietaria dello stesso immobile e la correttezza nel merito del nuovo classamento disposto dall’Agenzia, si è limitato a censurare solo i profili attinenti al merito dell’accertamento e non anche quelli relativi all’estensione del giudicato esterno.

2.1 Costituisce infatti orientamento consolidato che “Il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti. Ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali “rationes decidendi”, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione. (Vedi cass. n. 16314 del 2019; n. 18641 del 2017; 4293 del 2016; n. 7932 del 2013; n. 3386 del 2011).

3. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

3.1. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.

3.2 Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, in quanto notificato dopo tale data, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione dichiarata inammissibile.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna il ricorrente a pagare all’Agenzia delle Entrate le spese di lite del presente giudizio, che si liquidano nell’importo complessivo di Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2020

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