Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15138 del 08/07/2011

Cassazione civile sez. III, 08/07/2011, (ud. 09/06/2011, dep. 08/07/2011), n.15138

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AMTAB SERVIZIO SPA, (già S.T.M. Bari Spa) in persona del Presidente

e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE MAZZINI 73, presso lo studio dell’avvocato DEL VECCHIO

ARNALDO, rappresentata e difesa dall’avvocato CASTELLANO MICHELE

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMITAS SPA in liquidazione coatta amministrativa, in persona del

Commissario Liquidatore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA

DI RIENZO N. 149, presso lo studio dell’avvocato CICCONETTI CAROLA,

rappresentata e difesa dall’avvocato CARASSALE UGO giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 298/2008 della CORTE D’APPELLO di GENOVA del

27/02/08, depositata l’08/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

è presente il P.G. in persona del Dott. COSTANTINO FUCCI.

La Corte:

Letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 19 luglio 2008 AMTAB Servizio S.p.A. ha chiesto la cassazione della sentenza, notificata il 22 maggio 2008, depositata in data 8 marzo 2008 dalla Corte d’Appello di Genova che, in riforma della sentenza del Tribunale, l’aveva condannata a pagare Euro 163.281,12 in favore della Comitas in esecuzione di contratti relativi al parco mezzi pubblici.

La Comitas S.p.A. in l.c.a. ha resistito con controricorso.

2 – La formulazione dei tre motivi del ricorso non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella dei 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. Il primo motivo lamenta insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: la qualificazione dei rapporti negoziali in essere tra Comitas e Servizi Meridionali. La censura presuppone l’esame di documenti nei confronti dei quali non è stato rispettato l’art. 366 c.p.c., n. 6. Infatti è orientamento costante (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. 3^ n. 22302 del 2008) che, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., comma 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità.

In altri termini, il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile. Inoltre le argomentazioni a sostegno implicano accertamenti di fatto e valutazioni di merito. Ciò è confermato dal complesso momento di sintesi finale, articolato in tre punti in distonia con il precetto normativo e caratterizzato da domande cui non si può dare risposta senza esaminare e valutare le risultanze processuali.

Il difetto di insufficienza della motivazione è configurabile soltanto quando dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla sentenza stessa impugnata emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando è evincibile l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già, invece, quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati, poichè, in quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti dello stesso giudice di merito che tenderebbe all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione. Il secondo motivo (erroneamente indicato come terzo) denuncia ancora insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: la prova del contratto di assicurazione.

Anche questa censura presuppone l’esame di documenti che non sono stati posti a disposizione della corte nei modi stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c., e implica lettura delle risultanze processuali e apprezzamenti di fatto. Ancora una volta la ricorrente chiede alla Corte di ricostruire i fatti di causa secondo una prospettazione diversa da quella della sentenza impugnata. 11 momento di sintesi finale è inidoneo per le stesse ragioni indicate riguardo al motivo precedente.

Quanto detto a proposito dei primi due motivi si attaglia anche al terzo (erroneamente indicato come quarto), che ipotizza insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, indicato nella delibera di revoca.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

La ricorrente ha presentato memoria; nessuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che le argomentazioni addotte dalla ricorrente con la memoria sono in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato e non superano i rilievi contenuti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2011

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