Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15137 del 20/07/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 15137 Anno 2015
Presidente: FORTE FABRIZIO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 14630-2014 proposto da:

ESPOSITO VINCENZO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA ENNIO Q. VISCONTI 11, presso l’avvocato
ANGELA FIORENTINO, rappresentato e difeso dagli

Data pubblicazione: 20/07/2015

avvocati ENZO NAPOLANO, ATTILIO TIRELLI, giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2015
contro

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D’ANGELO NUNZIA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA

SAN

GIOVANNI

IN

ARGENTELLA,51,

presso

1

l’avvocato VINCENZO CACACE, rappresentata e difesa
dall’avvocato FELICE CACACE, giusta procura a
margine del controricorso;
– controricorrente
contro

intimato

avverso la sentenza n. 1748/2013 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 06/05/2013;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 21/05/2015 dal Consigliere
Dott. ANTONIO VALITUTTI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso t

P.G. PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI;

2

RITENUTO IN FATTO.
1. Con sentenza n. 534/2012, depositata il 17.1.2012, il Tribunale di
Napoli pronunciava la separazione personale dei coniugi D’Angelo
Nunzia ed Esposito Vincenzo, richiesta da quest’ultimo con ricorso
depositato ii 3.8.2007, senza addebito ad alcuno ed alle condizioni
di cui ai provvedimenti presidenziali del 9.4.2008.

con ricorso depositato il 12.11.2012 – veniva, peraltro, accolto dalla
Corte di Appello di Napoli con sentenza n. 1748/2013, depositata il
6.5.2013.
2.1. Con tale decisione, il giudice di seconde cure elevava l’importo
già riconosciuto dal Tribunale a favore della figlia minore, Esposito
Lucia, a titolo di assegno di mantenimento, oltre alla metà delle
spese mediche (non coperte dal SSN), scolastiche e straordinarie.
La medesima sentenza riconosceva, inoltre, un assegno di mantenimento anche a favore dell’appellante, rivalutabile secondo gli indici Istat, e stabiliva, altresì, che il tutto dovesse essere corrisposto, a
favore della D’Angelo, direttamente dal datore di lavoro dell’ Esposito.
3. Per la cassazione della sentenza n. 1748/2013 ha proposto,
quindi, ricorso Esposito Vincenzo nei confronti di D’Angelo Nunzia,
affidato ad un solo motivo. La resistente ha replicato con controricorso. Entrambe la parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con l’unico motivo di ricorso, Esposito Vincenzo denuncia la violazione degli artt. 160 e 330 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1,
nn. 3 e 4 c.p.c.
1.1. Si duole il ricorrente del fatto che il ricorso in appello, proposto
dalla D’Angelo, non gli sarebbe mai stato notificato nelle forme di
cui all’art. 330 c.p.c., ossia presso il difensore costituito in giudizio.
Deduce, invero, l’Esposito di avere avuto conoscenza del giudizio di
appello e della relativa sentenza, “soltanto dopo avere riscontrato
maggiori detrazioni in busta paga”.

2.L’appello proposto avverso tale decisione da D’Angelo Nunzia –

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1.2. Ne deriverebbe, pertanto, a parere del ricorrente, la nullità
dell’impugnata sentenza, poiché il processo non avrebbe potuto essere proseguito in difetto della regolare instaurazione del contraddittorio tra le parti.
2. La censura è fondata.
2.1. Non può revocarsi in dubbio, infatti, che la notifica dell’atto di

2.1.1. A fronte delle allegazioni in tal senso del ricorrente, D’Angelo
Nunzia si limita, invero, ad allegare l’avvenuta “sparizione” del ricorso in appello notificato dal proprio fascicolo di parte. E tuttavia, la
resistente non trascrive nel controricorso, ai fini del rispetto del
principio di autosufficienza, l’eventuale relata di notifica dell’atto di
appello , il cui originale non poteva non essere in suo possesso corredato della relativa relata di notifica, ove questa fosse stata effettivamente effettuata. Tanto più che la medesima afferma essere in
corso “la ricostruzione dell’atto smarrito”, evidentemente sulla base
dell’originale o di altra copia in sua disponibilità.
2.1.2. Né rileva, ai fini dell’accertamento in ordine alla rituale instaurazione del contraddittorio nel giudizio di appello, il fatto che, in
calce all’elenco dei documenti prodotti dall’appellante, risulterebbe
l’attestazione “ricorso notificato – 19 mar. 2013”, accompagnata da
una sigla illeggibile. La prova della notificazione degli atti processuali
è data, invero, solo dalla relazione di notifica, unico atto idoneo a
fornire la certificazione dell’avvenuta notificazione dell’atto, della
data di questa e della persona cui la copia è stata consegnata (Cass.
1337/1998; 14030/2004).
2.1.3. Elementi di riscontro circa l’eventuale notifica del ricorso in
appello non possono desumersi, infine, neppure dalla stessa sentenza impugnata, attesa che quest’ultima si limita alla laconica constatazione che “Vincenzo Esposito non si è costituito in giudizio”,
senza dare, peraltro, atto in alcun modo della ritualità della notifica
dell’atto di appello all’appellato.

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appello all’Esposito non sia stata effettuata.

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2.1.4. Alla stregua degli elementi suesposti, deve, pertanto, ritenersi che il ricorso in appello della D’Angelo avverso la sentenza di prime cure, che pronunciava la separazione dei coniugi, non sia stato
affatto notificato all’Esposito.
2.2. Tutto ciò premesso, va osservato che – secondo il consolidato
orientamento di questa Corte – nelle controversie in materia di di-

cessuali in materia di divorzio sono applicabili, ai sensi dell’art. 23
della I. n. 74 del 1987), la proposizione dell’appello, che avviene
secondo il rito camerale, si perfeziona, ex. art. 8 della stessa legge,
con il deposito, nei termini di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c., del ricorso nella cancelleria del giudice “ad quem”, che impedisce ogni
decadenza dell’impugnazione. Ne consegue che ogni eventuale vizio
(o inesistenza, giuridica o di fatto) della notificazione del ricorso e
dei decreto di fissazione dell’udienza di discussione non si comunica
all’impugnazione (ormai perfezionatasi), ma impone al giudice che
rilevi il vizio di indicarlo all’appellante perché provveda a rimuoverlo
nel termine all’uopo assegnatogli (cfr. Cass. 6951/1997;
1850/1998; 2185/2000; 13423/2002).
2.3. Tale indirizzo ha, dipoi, trovato un’ulteriore conferma – in diritto positivo – dall’introdotto (per effetto dell’art. 2 della I. n. 80 del
2005, come modificato dall’art. 1 della I. n. 263 del 2005) art. 709
bis c.p.c., laddove prevede che le sentenze non definitive di separazione vanno impugnate con il rito camerale, essendo del tutto incongruo ed illogico – sul piano sistematico – limitare le modalità
procedimentali previste da detta norma alle sole pronunce non definitive.
2.4. L’indirizzo tradizionale di questa Corte, circa la proponibilità
dell’appello secondo le disposizioni in materia di procedimenti in
camera di consiglio, ha ricevuto, infine, un’autorevole e recente
conferma dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 5700/2014, la quale,
sia pure con riferimento al procedimento camerale di equa riparazione per durata irragionevole del processo, ha statuito che il termi-

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vorzio e di separazione personale dei coniugi (culle disposizioni pro-

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ne per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza
alla controparte non è perentorio, non essendo espressamente previsto come tale dalla legge. Con la conseguenza che il giudice,
nell’ipotesi di omessa o inesistente notifica del ricorso e del decreto
di fissazione dell’udienza, può, in difetto di spontanea costituzione
del resistente, concedere al ricorrente un nuovo termine, avente

Ebbene, tale principio – per la forza espansiva delle considerazioni
dalla sentenza compiute, la quale ha operato una rivisitazione dell’orientamento opposto espresso in precedenza dalle stesse Sezioni
Unite (Sez. un. n. 20604/2008) – e tenuto conto del fatto che anche
l’art. 4 della I. 898 del 1970, come novellato dall’art. 8 I. n. 74 del
1987, non prevede espressamente un termine per la notifica del
ricorso e del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza, è stato
recepito dalla più recente giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass.
15144/2014).
2.5. Ne discende, pertanto, che – nel caso di rituale deposito del
ricorso in appello nei termini di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c. – la
nullità o inesistenza della notifica dell’atto e del pedissequo decreto
di fissazione dell’udienza di trattazione del giudizio non può dare
luogo ad inammissibilità del gravame, dovendo, per contro, assegnarsi all’appellante un termine per la rinnovazione della notifica
omessa, o per l’esecuzione della di quella invalida.
2.6. Tutto ciò premesso in via di principio, va rilevato che, nel caso
di specie, l’atto di appello (allegato in copia al controricorso) è stato
depositato dalla D’Angelo in data 12.11.2012, ossia nel rispetto del
termine di un anno dal deposito dell’impugnata sentenza, avvenuto
il 17.1.2012, previsto dall’art. 327 c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis, essendo il presente giudizio iniziato nel 2007).
Ne discende che – attesa la tempestività del gravame – il giudice di
appello, in presenza di una palese omissione da parte dell’ appellante, avrebbe dovuto concedere alla medesima un termine per effettuare la notifica dell’impugnazione all’appellato.

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carattere perentorio, entro il quale rinnovare la notifica.

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2.7. Per le ragioni suesposte, dunque, il mezzo in esame va accolto.
3. L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione dell’impugnata
sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli,
che dovrà concedere all’appellante D’Angelo Nunzia termine per la
notifica dell’atto di appello nei confronti di Esposto Vincenzo, facendo applicazione del seguente principio di diritto: “nei giudizi di sepa-

teria di divorzio sono applicabili ai sensi dell’art. 23 della I. n. 74 del
1987, la proposizione dell’appello, che avviene secondo il rito carnerale, si perfeziona, ex. art. 8 della stessa legge, con il deposito, nei
termini di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c., del ricorso nella cancelleria
del giudice “ad quem”, che impedisce ogni decadenza dell’impugnazione, con la conseguenza che ogni eventuale vizio, o inesistenza,
giuridica o di fatto, della notificazione del ricorso e del decreto di
fissazione dell’udienza di discussione non si comunica all’impugnazione ormai perfezionatasi, ma impone al giudice che rilevi il vizio di
indicarlo all’appellante perché provveda a rimuoverlo nel termine
all’uopo assegnatogli”.
4. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, alla liquidazione delle
spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza con rinvio ad altra
sezione della Corte di Appello di Napoli, che provvederà anche alla
liquidazione delle spese del presente giudizio. Ai sensi dell’art. 13,
co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, Pari a quello
dovuto per il ricorso, a norma del co. 1 bis dello stess4„
Lart. 13.4ì,g.tr: p
U… me._
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dellAezione
laids, il 21.5.2015.

razione personale dei coniugi, cui le disposizioni processuali in ma-

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