Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15136 del 02/07/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 1 Num. 15136 Anno 2014
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: BENINI STEFANO

SENTENZA

Rep.

sul ricorso 17553-2008 proposto da:
DIVELLA FRANCO

(C.F.

Go2,

Ud. 20/05/2014

DVLFNC39M29E1551),

anchePu

nella pregressa qualità di liquidatore della
S.R.L. ALLEVID, nonché DIVELLA AGOSTINO (C.F.

Data pubblicazione: 02/07/2014

DVLGTN37B16E155N), DIVELLA WALTER (C.F. (1)\
DVLWTR45M30E155N),
2014
1030

DIVELLA

WILLIAM

(C.F.

DVLA4152A20E155H), elettivamente domiciliati in
ROMA,

A G. FANTOLI 34, presso l’avvocato SPARANO
\,
GIUSEPO ASSOCIAZIONE GIUSTIZIA E SOCIETA’ OSSERVATOR

PER L’EUROPA), che li rappresenta e

1

difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti contro

COMUNE DI GRAVINA DI PUGLIA (c.f. 82000970721), in
persona del legale rappresentante pro tempore,

presso il dott. ALFREDO PLACIDI, rappresentato e
difeso dall’avvocato GIACOMO VALLA, giusta procura
a margine del controricorso;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 840/2007 della CORTE
D’APPELLO di BARI, depositata il 17/07/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 20/05/2014 dal Consigliere
Dott. STEFANO BENINI;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato GIUSEPPE
SPARANO che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato GIACOMO
VALLA che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito

il

P.M.,

in

persona

del

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2,

Sostituto

Procuratore Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha
concluso per l’inammissibilità o in subordine per
il rigetto del ricorso.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con atto di citazione notificato il 3.11.2003 la Allevid
s.r.1., riassumendo la causa dopo la cassazione (sentenza
27.9.2002, n. 14006) di una precedente sentenza della Corte
d’appello di Bari del 23.3.1999, conveniva in giudizio il

Comune di Gravina di Puglia davanti alla Corte di rinvio,
chiedendo l’annullamento del contratto di cessione volontaria,
del

26.7.1990,

per

errore

sulla

qualità

dei

suoli,

relativamente a terreni di sua proprietà, assoggettati a
procedura espropriativa da parte dell’amministrazione.
Si costituiva in giudizio il Comune di Gravina, contestando il
fondamento della domanda, di cui chiedeva il rigetto.
2. Con sentenza depositata il 17.7.2007, la Corte d’Appello di
Bari, ritenuto che parte attrice non avesse mai fornito prova
della ricorrenza dell’errore, e che al contrario dalla
documentazione agli atti doveva escludersi che la cedente non
fosse a conoscenza che i suoli erano destinati a trasformazione
h

edilizia (approvazione del pip pubblicato sull’albo pretorio,
decreto di occupazione, proposta di cessione volontaria,
accordo amichevole sull’indennità), rigettava la domanda.
3. Ricorrono per cassazione Divella Franco, Divella Agostino,
Divella Walter e Divella William, affidandosi a tre motivi, al
cui accoglimento si oppone con controricorso giudizio il Comune
di Gravina di Puglia.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo di ricorso, Divella Franco, Divella
Agostino, Divella Walter e Divella William, denunciando
violazione e falsa applicazione di norme sostanziali e
3

processuali (art. 360 n. 3 c.p.c. in riferimento agli artt.
1427 e 1429 c.c. e 115 e 116 c.p.c.), censurano la sentenza
impugnata per non aver tenuto conto del testo contrattuale, in
cui si dava atto che l’indennità era determinata sulla base del
4
valore agricolo medio dei terreni, che solo in seguito si

scoprì essere edificabili perché destinati alla realizzazione
di pip (piano insediamenti produttivi), sigla ignota al
cedente, ma ben conosciuta dall’amministrazione cessionaria.
1.2. Con il secondo motivo i ricorrenti, denunciando omessa
motivazione sul punto decisivo della controversia (art. 360 n.
5 c.p.c. e 111 Cost., anche in riferimento alle norme Cedu e
relativi principi giurisprudenziali applicabili in sede
nazionale, con particolare riguardo ai diritti fondamentali di
cui all’art. 6, par. I, della Convenzione e in riferimento
all’art. l prot. I aggiuntivo in tema di rispetto della
proprietà privata), censurano la sentenza impugnata per non
aver trattato la questione equitativamente, pur nel caso di
^

rigetto della domanda, con il riconoscimento di una somma
integrativa di un indennizzo irrisorio accettato dalla Alivid
rispetto a importi elevatissimi per terreni limitrofi.
1.3. Con il terzo motivo i ricorrenti, denunciando violazione
degli artt. 91 e 92 nonché dell’art. 6, par. I, Cedu, censura
la sentenza impugnata per aver condannato la Allivid alle spese
del giudizio di cassazione, che, reso necessario per un errore
della Corte d’appello, aveva portato alla cassazione della
sentenza.
2.1. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di carenza della
legittimazione attiva dei ricorrenti, sollevata dal Comune
controricorrente, il quale assume che la legittimazione a
4

ricorrere appartiene alla Allevid s.r.1., che risulta tuttora
in liquidazione, e non al liquidatore e ai soci.
Ma prima ancora va esaminata la questione sollevata dai
ricorrenti nella memoria

ex art. 378 c.p.c., in ordine alla

legittimazione del Commissario (che l’eccezione di cui sopra ha

sollevato), che non avrebbe prodotto il decreto di nomina.
Il Commissario nominato nelle ipotesi previste dall’art. 141
d.lgs. 18.8.2000 n. 267, esercita i poteri degli organi del
comune, esautorati dal provvedimento di scioglimento. In virtù
di tali poteri può compiere qualunque atto, sia di ordinaria
che di straordinaria amministrazione.
I ricorrenti fanno questione non di poteri (del resto il
controricorso reca gli estremi del decreto commissariale (n. 3
del 1.8.2008, evidentemente relativi alla resistenza nel
presente giudizio), ma di legittimazione riguardo alla persona
fisica, che ha rilasciato la procura speciale.
Possono a tal proposito richiamarsi le numerose pronunce di
questa Corte, relative all’esercizio dei poteri in supplenza
del Sindaco stesso, validi a maggior ragione ove vi sia un
vuoto di potere nella rappresentanza dell’ente, secondo cui
opera la presunzione che l’esercizio della potestà sostitutiva
sia avvenuto nel rispetto dei presupposti di legge, con la
conseguenza che è onere del destinatario del provvedimento o di
chi vi abbia interesse dedurre e provare l’insussistenza dei
detti presupposti, onde, in caso di ricorso per cassazione
proposto dall’amministrazione comunale in persona non del
sindaco, a nulla rileva, ai fini della inammissibilità del
ricorso stesso, la mancata indicazione delle ragioni di assenza
o impedimento del sindaco, dovendosi presumere, in mancanza di
5

prova contraria gravante

sul controricorrente,

che la

sostituzione sia avvenuta in conformità della legge (Cass.
16.7.2003, n. 11127).
2.2. Nell’intestazione del ricorso, i ricorrenti si qualificano
quali ex-liquidatore e soci della Allevid s.r.l. Nella parte

finale del ricorso, dichiarano di depositare gli atti delle
precedenti fasi “e gli atti relativi alla Società Allevid e
alla legittimazione attiva dei ricorrenti”.
Va premesso che la qualità di parte legittimata a proporre il
ricorso per cassazione o per resistere ad esso spetta
unicamente a chi abbia formalmente assunto la veste di parte
nel giudizio di merito conclusosi con la decisione impugnata,
con la conseguenza che va dichiarato inammissibile, per difetto
di rituale instaurazione del processo, il ricorso proposto da
soggetti diversi da quelli che sono stati parte nel giudizio di
merito (Cass, 15.7.2005, n. 15021; 14.7.2006, n. 16100).
Tuttavia, qualora il ricorso per cassazione venga proposto da
un soggetto diverso da quello nei cui confronti sia stata
pronunciata la sentenza impugnata, la documentazione, diretta a
provare la legittimazione del ricorrente all’impugnazione, deve
essere (a norma dell’art. 372 c.p.c.) depositata in cancelleria
(Cass. 16 giugno 2006, n. 13954; 9 luglio 2004, n. 12761; 16
giugno 2004, n. 11338), consentendo l’art. 372 c.p.c. che il
deposito riguardi documenti non prodotti nel giudizio di
merito, purché riguardanti, tra l’altro, l’ammissibilità del
ricorso, e che il deposito avvenga anche oltre il termine di
cui all’art. 369 c.p.c., purché del deposito eseguito la parte
dia comunicazione all’altra notificandole elenco (Cass.
10.3.2003, n. 10904; 25.3.1998, n. 3135; 6.12.1995, n. 12573).
6

In mancanza di prova della legittimazione del ricorrente
all’impugnazione,

deve

l’inammissibilità del

dichiarare,

ricorso

(Cass.

anche
4.2.2002,

d’ufficio,
n.

1468;

9.7.2004, n. 12761; 16.6.2006, n. 13954).
Il deposito di documenti comprovanti l’ammissibilità del
cassazione deve avvenire nelle forme stabilite

ricorso per

dall’art. 372, comma secondo, c.p.c., cioè contestualmente al
deposito del ricorso ovvero in un tempo successivo in
cancelleria, purché, in tale ultimo caso, previa notifica,
mediante elenco, alle altre parti (Cass. 5.4.2000, n. 4248).
La legge prescrive dunque tale forma di comunicazione, che
costituisce uno specifico procedimento volto a realizzare la
conoscenza legale del fatto che ne costituisce l’oggetto,
qualora il deposito non sia avvenuto contestualmente al
deposito del ricorso. In tal caso vale la previsione dell’art.
372, primo comma, c.p.c., in relazione all’art. 369, secondo
comma, n. 4) c.p.c.
Nella specie, pur essendo avvenuta la contestazione, con il
controricorso, i ricorrenti non hanno provveduto ad integrare
la documentazione, ma, sulla scorta delle conclusioni del
Procuratore generale, che ha chiesto l’inammissibilità del
ricorso per carenza di legittimazione, hanno presentato note di
udienza con cui richiamano la documentazione già depositata
agli atti e che, correttamente, il P.G. nelle sue conclusioni
ha ritenuto insufficiente.
Tat, documenti, che secondo i ricorrenti avallerebbero la
propria legittimazione, sono stati depositati contestualmente
al ricorso.
2.3. Indipendentemente dal deposito dei documenti, va rilevato
7

che nel giudizio di legittimità, dovendo i documenti diretti ad
attestare

la

capacità

processuale

necessaria

per

la

proposizione del ricorso essere formalmente inseriti tra gli
atti interni del giudizio stesso, tale inserzione deve aver
luogo mediante l’osservanza di altra norma processuale (art.

366, primo comma, n. 6 c.p.c), che prescrive l’espressa
indicazione dei detti documenti nel contesto dell’atto
d’impugnazione, cui deve far seguito il loro deposito in
cancelleria in una all’atto stesso (Cass. 18.2.2000, n. 1822).
Né può ritenersi sufficiente il solo deposito del detto
fascicolo senza richiamo alcuno né ai documenti de quibus né al
fatto che gli stessi siano stati in tal guisa depositati,
comportando il difetto di tali adempimenti l’inammissibilità
del ricorso (Cass. 21.2.96 n. 1325; 4.2.2002, n. 1468).
L’indicazione dei documenti che contestualmente si depositano è
tento più necessaria alla stregua dell’obbligo di “specifica
indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei
contratti sui quali il ricorso si fonda”, che l’art. 366 c.p.c.
richiede a seguito della riforma ad opera del d.lgs. 2.2.2006
n. 40, al fine di realizzare l’assoluta precisa delimitazione
del thema decidendum,

attraverso la preclusione per il giudice

di legittimità di esorbitare dall’ambito dei quesiti che gli
vengono sottoposti e di porre a fondamento della sua decisione
risultanze diverse da quelle emergenti dagli atti e dai
documenti specificamente indicati dal ricorrente. Né può
ritenersi sufficiente l’indicazione solo generica degli atti e
dei documenti posti a fondamento del ricorso (Cass. 31.10.2007,
n. 23019).
La lettura del ricorso deve porre in grado la parte intimata,
8

oltre

che

immediatamente

il

giudice
la

di

consistenza

legittimità,
delle

di
tesi

percepire
giuridiche

prospettate, alla stregua dei documenti su cui il ricorso si
fonda, indipendentemente dal loro contenuto, che viene
dispiegato attraverso il deposito. Particolarmente ove si

tratti di elementi a supporto dell’ammissibilità del ricorso.
Deve infine escludersi che il ricorso abbia comunque raggiunto
il suo scopo, ove la parte resistente abbia controdedotto, e
non abbia specificamente sollevato la questione ora rilevata,
giacché l’espressa previsione del requisito a pena di
inammissibilità non è disponibile ed è tutelata dalla
rilevabilità d’ufficio restando escluso che il giudice possa
ritenere soddisfatta l’esigenza a presidio della quale il
legislatore ha previsto una certa forma a pena di
inammissibilità in modo diverso che attraverso la forma
indicata dal legislatore (Cass. 18.7.2007, n. 16002)
2.4. L’indicazione dei documenti riguardanti la questione
pregiudiziale della propria legittimazione attiva, è generica
producono e depositano_gli atti relativi alla società
Allrvid e alla legittimazione attiva dei ricorrenti”), e non
consente, in base alla sola lettura del ricorso, di valutare
l’attendibilità degli elementi riguardanti l’ammissibilità del
ricorso.
Se poi si visionano i documenti, come sopra accennato a
proposito delle note di udienza, emergono, per quanto di
interesse, il verbale di assemblea straordinaria della Allevid
s.r.1., in data 28.12.1995, con cui è stato deliberato lo
scioglimento della società, e l’atto in data 25.9.2002, di
assegnazione ai soci dei beni immobili, costituenti il
9

patrimonio della società.
Non vi è alcun dato documentale da cui emerga la cancellazione
della società dal registro delle imprese.
Solo con la cancellazione, anche se avvenuta in data successiva

all’entrata in vigore dell’art. 4 del d.lgs. 17.1.2003 n. 6

si determina l’immediata estinzione della società di capitali,
indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad
essa facenti capo, con il conseguente automatico trasferimento
ai soci ex art. 110 c.p.c., della legittimazione sostanziale e
processuale si (Cass. 6.6.2012 n. 9110; 9.4.2013, n. 8596).
Nel corpo del ricorso, inoltre, si riferisce che “la Allevid
s.r.l.

in liquidazione era proprietaria del fondo”: la

proposizione è indicativa della sopravvivenza attuale di quel
soggetto, in stato di liquidazione, e della pregressa proprietà
dei beni, dismessi in virtù della cessione volontaria, dei cui
effetti si discute in causa.
Nel corso del giudizio di merito, la s.r.l. appare ancora in
liquidazione, e come tale è qualificata nella sentenza
impugnata, che risale al 17.7.2007.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la
condanna alle spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i
ricorrenti alle spese, liquidate in euro 7.000 per compenso,
euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 20.5.2014

(che ha attribuito a tale adempimento efficacia costitutiva),

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA