Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15135 del 02/07/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 15135 Anno 2014
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: DIDONE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 5714-2008 proposto da:
DELL’ERA MARIANGELA (C.F. DLLMNG40P44G737Y), ROZZA
GIANFRANCO (C.F. RZZGFR43C08G535H), elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA SILLA 2/A, presso

Data pubblicazione: 02/07/2014

l’avvocato PAGANO GERALDINE, rappresentati e difesi
dall’avvocato VASSALLE ROBERTO, giusta procura in
2014

calce al ricorso;
– ricorrenti –

994

contro

BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI CARATE BRIANZA SOC.

1

COOP.

(C.F. 01309550158), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ALBERICO II 35, presso
l’avvocato FRANCO CHIAPPARELLI, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato GALBIATI FORTUNATO,

– controricorrente-

avverso la sentenza n.

566/2007 della CORTE

D’APPELLO di MILANO, depositata il 23/02/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/05/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO
DIDONE;
udito,

per i ricorrenti

l’Avvocato PASTORINO

ERNESTO, con delega, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato POZZOLI
GOFFREDO, con delega, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

giusta procura in calce al ricorso notificato;

Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso per quanto di
ragione.

2

Svolgimento del processo
1.- Con la sentenza impugnata (depositata il 23.2.2007) la
Corte di appello di Milano ha confermato la decisione non
definitiva del Tribunale con la quale – per quanto ancora

nei confronti di Mariangela Dell’Era e Gian Franco Rozza
(in qualità di fideiussori della s.r.l. FOR.IM., fallita in
corso di causa) in favore della Banca di Credito
Cooperativo di Carate Brianza per somma risultante dal
saldo del c/c acceso dalla società garantita, ed era stata
dichiarata l’illegittimità degli interessi passivi e
attivi, come applicati, e della capitalizzazione
trimestrale degli interessi nonché la decisione definitiva
con la quale il Tribunale aveva condannato gli opponenti al
pagamento della somma di euro 255.243,03 oltre interessi
calcolati ex art. 117 d.lvo n. 385/1993.
La Corte di merito, in sintesi, ha disatteso l’eccezione di
nullità del contratto di apertura di credito per mancanza
di forma, la doglianza in ordine all’avvenuta
capitalizzazione annuale degli interessi e quella relativa
alla ritenuta detrazione dell’importo relativo a titoli
presentati per l’incasso s.b.f., tra l’altro perché sarebbe
mancata la prova – di cui erano onerati gli appellanti che indebitamente fosse stato omesso l’accredito di effetti
pur dopo l’avvenuto incasso.

interessa – era stato revocato il decreto ingiuntivo emesso

Contro la sentenza di appello Mariangela Dell’Era e Gian
Franco Rozza hanno proposto ricorso per cassazione affidato
a cinque motivi.
Resiste con controricorso Banca di Credito Cooperativo di

Nel termine di cui all’art. 378 c.p.c. parte ricorrente ha
depositato memoria.
Motivi della decisione
2.1.- Con il primo motivo i ricorrenti denunciano
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1421 c.c. e
345 c.p.c. Lamentano che erroneamente sia stata ritenuta
tardiva l’eccezione di nullità del contratto di conto
corrente e non proponibile per la prima volta in appello.
Formulano, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. – applicabile
ratione temporis – il seguente quesito: se «in una causa
di opposizione a d.i. l’eccezione di nullità del contratto
per il cui adempimento una delle parti agisce è o meno una
eccezione di mera difesa, formulabile anche in grado di
appello e, in ogni caso, la nullità del contratto posto a
fondamento della pretesa di una delle parti è o meno
rilevabile d’ufficio dal Giudice».
2.1.1.- Il motivo è infondato perché i ricorrenti
sostengono erroneamente che la giurisprudenza formatasi
sulla nullità delle clausole relative agli interessi
ultralegali e all’anatocismo possa essere applicata in una
ipotesi di nullità di protezione.

Carate Brianza.

Per “nullità di protezione” si intende, secondo una
definizione più generale, la nullità che, discostandosi
dallo schema classico di cui agli artt. 1418 e ss. cod.
civ., sanziona la trasgressione di norma imperativa in

è stabilita.
In relazione al Testo unico delle leggi in materia bancaria
e creditizia (d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385) assume
rilievo il Titolo VI (Trasparenza delle condizioni
contrattuali) del T.U.B., alle cui disposizioni rinvia
l’art. 127 – rubricato: “Regole generali” – inserito nel
relativo Capo III (Regole generali e controlli).
L’art. 127 stabiliva, nella parte che interessa (comma 2) e
nel testo ratione temporis applicabile:
“2. Le nullità previste dal presente titolo possono essere
fatte valere solo dal cliente.”
Le nullità alle quali fa riferimento la norma sono quelle
previste, tra l’altro, dall’art. 117, nella parte in cui
dispone che «Nel caso di inosservanza della forma
prescritta il contratto è nullo».
Pertanto, la predetta nullità deve essere espressamente
prospettata dalla parte per fondarvi un’esplicita eccezione
di nullità, indispensabile quando si tratti di un’ipotesi
di nullità relativa, quale è quella prevista dal citato
art. 117 (in relazione all’art. 23 del tuf cfr.,

favore della sola parte nel cui interesse la nullità stessa

analogamente,

Sez.

l,

n.

28432/2011;

Sez.

1,

n.

28810/2013).
La modifica dell’art. 127 TUB invocata dai ricorrenti nella
memoria, a mente della quale <>, è stata
introdotta dall’articolo 4, comma 2, del D.Lgs. 13 agosto
2010, n. 141, come modificato dall’articolo 3, comma 4, del
D.Lgs. 14 dicembre 2010, n. 218. Talché non è applicabile
alla concreta fattispecie.
2.2.- Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 117 n. l e 3
dlgs. n. 385/1993 e formulano il seguente quesito: se <>.
2.2.1.- Il motivo è inammissibile nella parte in cui
pretende una diversa lettura e valutazione, da parte della

presente titolo operano soltanto a vantaggio del cliente e

Corte, del
rispetto

materiale probatorio prodotto dalle parti,
alla soluzione fatta propria dal giudice del

merito.
Invero,

in sede di legittimità il controllo della

compendia nel verificare che il discorso giustificativo
svolto dal giudice del merito circa la propria statuizione
esibisca i requisiti strutturali minimi dell’argomentazione
(fatto probatorio massima di esperienza – fatto
accertato) senza che sia consentito alla Corte confrontare
la sentenza impugnata con le risultanze istruttorie, al
fine di prendere in considerazione un fatto probatorio
diverso o ulteriore rispetto a quelli assunti dal giudice
del merito a fondamento della sua decisione (v. per tutte,
Sez. 1, n. 28810/2013).
Nella concreta fattispecie, con motivazione esente da
censure, la Corte di merito ha rilevato che il contratto di
apertura di credito si era perfezionato mediante scambio di
proposta e accettazione, evidenziando, peraltro, che alla
produzione di questa in giudizio era applicabile la
giurisprudenza consolidata di questa Corte (cfr. per tutte,
Sez. 3, n. 9543/2002).
2.3.- Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la
violazione e/o erronea applicazione dell’art. 1283 c.c. in
relazione all’anatocismo annuale e formulano il seguente
quesito:

se «Nel rapporto di conto corrente bancario, una

motivazione in fatto – nella specie, neppure censurata – si

volta ritenuta la nullità della clausola contrattuale
speciale che prevede l’anatocismo trimestrale in favore
della banca è possibile per il Giudice integrare il
contratto con altra clausola contrattuale speciale diversa

degli interessi, non prevista dall’ordinamento, ovvero e
quantunque il contratto sia privo di convenzione
specificatamente sottoscritta dal cliente che preveda la
reciprocità dello stesso anatocismo tra banca e cliente,
applicare retroattivamente l’art. 25 d. Igs. 342/99 e la
correlativa delibera del CICR 9 febbraio 2000>>.
2.4.- Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano
violazione e/o erronea applicazione dell’art. 1831 c.c. e
violazione dell’art. 1283 c.c. e formulano il seguente
quesito: se «può l’art. 1831 c.c., non richiamato
dall’art. 1857 c.c., essere ritenuto applicabile al
rapporto di conto corrente bancario al fine di legittimare
la prassi dell’anatocismo bancario>>.
2.4.1.- Il quarto ed il quinto motivo sono fondati.
I ricorrenti deducono la violazione dell’art. 1283 c.c. in
relazione all’anatocismo trimestrale applicato dalla banca
al c/c n. 46882-7 e alla impossibilità di sostituirlo con
anatocismo di diversa periodicità anch’esso illegittimo.
La Corte d’appello ha affermato l’erroneità della tesi
della illegittimità della capitalizzazione annuale degli
interessi, perché la giurisprudenza di questa Corte avrebbe

che preveda una diversa periodicità di capitalizzazione

semplicemente ritenuto inesistente un uso normativo in
relazione alla capitalizzazione trimestrale e non a quella
annuale; perché ciò sarebbe confermato dall’evoluzione
storica dell’istituto e dal D.M. 24 aprile 1992, che, nel

istruzioni per determinare la metodologia di calcolo degli
interessi e degli altri elementi che incidono sul contenuto
economico dei rapporti, ha stabilito che «i tassi di
interesse devono essere indicati al valore nominale ed
essere riportati su base annua, con indicazione della
periodicità di capitalizzazione»; perché sarebbe
applicabile la regola dettata dall’art. 1831 c.c. per il
conto corrente ordinario, che impone la chiusura periodica
del conto con liquidazione del saldo e conseguente
trasformazione in capitale; tale meccanismo deve operare
paritariamente (come confermato dalla disciplina di cui
all’art. 120 d.lgs. n. 385/1993 come modificato nel 1999) e
nella specie per gli interessi liquidati in favore del
cliente era prevista la capitalizzazione annuale.
Tale assunto è erroneo.
Le Sezioni unite di questa Corte hanno già avuto modo di
ritenere erronea la tesi secondo cui le ragioni di nullità
individuate dalla giurisprudenza di questa corte per le
clausole di capitalizzazione degli interessi debitori
registrati in conto corrente investirebbero solo il profilo
della loro periodizzazione trimestrale. Detta

12

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prevedere per la Banca d’Italia il potere di emanare

giurisprudenza, ha infatti escluso di poter ravvisare un
uso normativo atto a giustificare, nel settore bancario,
una deroga ai limiti posti all’anatocismo dall’art. 1283
c.c., per difetto del requisito della “normatività” di tale

che, nel negare l’esistenza di usi normativi di
capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori,
quella medesima giurisprudenza avrebbe riconosciuto
(implicitamente o esplicitamente) la presenza di usi
normativi di capitalizzazione annuale a cui invece vanno
applicati gli stessi principi in tema di capitalizzazione
trimestrale (Cass. sez. un. 24418/10).
In particolare, in motivazione le SSUU hanno ritenuto
<> sostenere che, nel negare
l’esistenza di usi normativi di capitalizzazione
trimestrale degli interessi debitori, la giurisprudenza
della S.C. avrebbe riconosciuto (implicitamente o
esplicitamente)

la

presenza

di

usi

normativi

di

capitalizzazione annuale. <> (così, testualmente,
Sez. U, n. 24418/2010).

rapporto di conto corrente bancario è soggetto ai principi
generali di cui all’art. 1283 cod. civ. e ad esso non è
applicabile l’art. 1831 cod. civ., che disciplina la
chiusura del conto corrente ordinario. Il contratto di
conto corrente bancario è, infatti, diverso per struttura e
funzione dal contratto di conto corrente ordinario, e
l’art. 1857 cod. cív. non richiama l’art. 1831 cod. cív.
tra le norme applicabili alle operazioni bancarie regolate
in conto corrente (Sez. 1, n. 6187/2005).
2.5.- Con il quinto motivo i ricorrenti denunciano
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in
relazione al presunto credito vantato dalla banca per
sconto di titoli
e formulano il seguente quesito: se «laddove un istituto
di credito accetti effetti presentati sulla base di una
distinta specificante che i medesimi effetti sono accettati
su “conto speciale anticipazione effetti s.b.f.” e lo
scontatario contesti il mancato accredito degli stessi
effetti, ovvero del ricavato dello sconto, la banca che
assuma di avere accettato gli effetti al dopo incasso e che
gli stessi sono andati insoluti, è tenuta o meno a fornire,

Infine, secondo la giurisprudenza di questa Corte il

ai sensi dell’art. 2697 c.c., la prova della diversa
qualificazione dell’accettazione e, in ogni caso,
dell’insolvenza del debitore, mediante produzione degli
effetti insoluti».

accredito del controvalore di titoli presentati per lo
sconto.
Delle due censure, la prima (nella specie si trattava di
sconto e non di presentazione di titoli per anticipo salvo
buon fine), è infondata sul piano motivazionale e
inammissibile ravvisando una contraddizione non interna ma
rispetto ai documenti. La seconda è conseguentemente
infondata: il punto controverso non riguarda l’oggetto
della domanda (credito della banca) ma la compensazione con
un controcredito del debitore, e l’onere della prova era a
carico dell’eccipiente.
3.- Il ricorso, dunque, è fondato nei limiti sopra
indicati. La sentenza impugnata deve essere cassata in
relazione ai motivi accolti (terzo e quarto) con rinvio
alla Corte di appello di Milano in diversa composizione per
nuovo esame e per il regolamento delle spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo, rigetta le
rimanenti censure. Cassa la sentenza impugnata e rinvia per
nuovo esame e per le spese alla Corte di appello di Milano
in diversa composizione.

2.5.1.- Il motivo è infondato. Con esso si lamenta l’omesso

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9 maggio

2014

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