Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15134 del 20/07/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 15134 Anno 2015
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: MERCOLINO GUIDO

N

.

SENTENZA

renza sleale

sul ricorso proposto da

TOSONI FLUIDODINAMICA S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t.
Mariangela Tosoni, elettivamente domiciliata in Roma, alla via della Giuliana n.
63, presso l’avv. LUCIANO GARATTI, dal quale, unitamente all’avv. GIANFRANCO BOLDINI del foro di Brescia, è rappresentata e difesa in virtù di procura speciale a margine del ricorso

RICORRENTE
contro
CORTI MARIO, in proprio e nella qualità di legale rappresentante p.t. della ARCO S.R.L., e ROMANI ADRIANA, elettivamente domiciliati in Roma, al corso
Vittorio Emanuele II n. 229, presso l’avv. RAFFAELE BONFIGLIO, unitamente
all’avv. MAURIZIO GALAStO del foro di Bergamo, dal quale sono rappresentati
e difesi in virtù di procura speciale a margine del controricorso

34 Z
Zcip

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Data pubblicazione: 20/07/2015

CONTRORICORRENTI E RICORRENTI INCIDENTALI

avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano n. 2687/10, pubblicata il 4
ottobre 2010.

2015 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;
udito l’avv. Santini per delega del difensore della ricorrente e l’avv. Galasso
per i controricorrenti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Giuseppe CORASANITI, il quale ha concluso per la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso principale, con l’assorbimento del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. — La Tosoni Fluidodinamica S.p.a. convenne in giudizio la Arco S.r.l., già
Arco S.n.c., nonché Mario Corti e Adriana Romani, già soci illimitatamente responsabili della predetta società, per sentir liquidare l’importo dagli stessi dovuto
in virtù della sentenza emessa dal Tribunale di Lecco il 20 gennaio 1998 e confermata dalla Corte d’Appello di Milano con sentenza del 10 settembre 1999
Premesso che con le predette sentenze la società convenuta era stata condannata al risarcimento dei danni cagionati dalla concorrenza sleale per storno di dipendenti posta in essere nell’anno 1994, l’attrice espose che per effetto dell’illecito
numerosi clienti della propria filiale di Treviolo avevano cessato o ridotto al minimo i loro rapporti commerciali, con la conseguenza che il fatturato della filiale
aveva subìto una rilevante diminuzione, mentre nel medesimo periodo quello delle altre filiali aveva fatto registrare un incremento.
1.1. — Con sentenza del 1 7 dicembre 2007, i! Tribunale di Lecco rigettò la
domanda.

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Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25 febbraio

2. — L’impugnazione proposta dalla Tosoni è stata rigettata dalla Corte
d’Appello di Milano, che con sentenza del 4 ottobre 2010 ha accolto il gravame
incidentale proposto dai convenuti, condannando l’appellante al pagamento degli

Premesso che tra le filiali della società attrice soltanto quella di Brescia aveva
fatto registrare un incremento di fatturato, mentre, come accertato dal c.t.u. nominato in primo grado, quella di Milano aveva subito una contrazione degli ordini
addirittura superiore a quella riportata dalla filiale di Treviolo, la Corte ha escluso
che tale decremento fosse riconducibile con certezza allo storno di dipendenti attuato dalla Arco, non essendo stata prodotta la documentazione attestante il fatturato di ogni singola filiale nel corso degli anni, e non potendosi procedere al relativo accertamento mediante la ripartizione proporzionale del fatturato complessivo
tra le filiali in base alla provincia di appartenenza dei clienti, in quanto la riduzione emergente da tale operazione avrebbe costituito il risultato di una doppia presunzione, non ammissibile. Ha escluso inoltre che il nesso di causalità tra lo storno dei dipendenti e la riduzione del fatturato potesse essere desunto dalle deposizioni rese dai testi escussi nel corso dell’istruttoria, rilevando che gli stessi avevano negato l’avvenuta interruzione dei rapporti commerciali con i clienti, avendo
confermato soltanto che questi ultimi avevano ridotto gli acquisti, ma avendo anche riferito che numerosi clienti si rifornivano da entrambe le società. Ha precisato infine che, ai fini della dimostrazione del danno subìto, l’appellante avrebbe dovuto fornire la prova, per ciascun singolo cliente, che lo stesso si era rivolto alla
concorrente e che, ove avesse trasmesso gli ordini alla filiale di Treviolo, questa
ultima sarebbe stata in grado di evaderli.
3. — Avverso la predetta sentenza la Tosoni propone ricorso per cassazione,

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esborsi sostenuti per il giudizio di primo grado.

articolato in due motivi. La Arco, il Corti e la Romani resistono con controricorso,
proponendo a loro volta ricorso incidentale, affidato ad un solo motivo, illustrato
anche con memoria.

I. — Preliminarmente, va disattesa l’eccezione d’improcedibilità dell’impugnazione sollevata dalla difesa dei controricorrenti, secondo cui il deposito del ricorso in Cancelleria, effettuato il 4 maggio 2011, ha avuto luogo dopo la scadenza
del termine di cui all’art. 369 cod. proc. civ., decorrente dalla data dell’ultima notificazione, eseguita a mezzo del servizio postale 1’11 aprile 2011. Contrariamente a
quanto sostenuto dai controricorrenti, il deposito è stato infatti effettuato anch’esso
per posta, ai sensi dell’art. 134 disp. att. cod. proc. civ., e quindi, come previsto dal
sesto comma di tale disposizione, deve considerarsi avvenuto alla data della spedizione del relativo plico, eseguita il 22 aprile 2011, con la conseguente tempestività dell’adempimento.
2. — Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia l’omessa.
insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo
per il giudizio, nonché l’errata valutazione delle prove, osservando che, nell’escludere il nesso causale tra lo storno dei dipendenti attuato dalla convenuta e la riduzione di fatturato subita dalla sua filiale di Treviolo, la sentenza impugnata ha attribuito rilevanza decisiva all’analoga contrazione fatta registrare dalla filiale di
Milano, in contrasto con la precedente affermazione dell’impossibilità di ricostruire l’andamento del fatturato delle singole filiali.
2.1. — Il motivo è infondato.
L’esclusione del nesso eziologico è stata infatti giustificata dalla Corte distrettuale sulla base di un duplice ordine di considerazioni, riflettenti da un lato l’im-

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MOTIVI DELLA DECISIONE

possibilità di collegare la riduzione del fatturato complessivamente subita dalla
Tosoni alla contrazione degli ordini fatta registrare dalla sola filiale di Treviolo, in
considerazione dell’analogo decremento verificatosi presso la filiale di Milano,

alla migrazione della clientela verso la società convenuta, avuto riguardo alla circostanza che numerose imprese avevano continuato a rifornirsi presso l’attrice.
Un’attenta lettura della sentenza impugnata consente di affermare che è stata proprio quest’ultima la ragione decisiva del rigetto della domanda, avendo la Corte
rilevato che dalle deposizioni rese dai testi escussi era emerso che nessun cliente
aveva interamente cessato il rapporto con la Tosoni, e che parte delle imprese da
quest’ultima indicate non erano mai state clienti dell’Arco. Il rilievo attribuito alla
situazione delle singole filiali non si pone d’altronde in contrasto con la condivisione dell’apprezzamento espresso dal Giudice di primo grado, secondo cui la documentazione prodotta non consentiva di ricostruire con precisione l’andamento
del fatturato di ciascuna filiale: attraverso tale osservazione, la Corte ha infatti inteso soltanto farsi carico dell’insistenza dell’appellante nella propria tesi difensiva,
secondo cui l’adozione di criteri presuntivi per la ripartizione del fatturato complessivo tra le filiali avrebbe consentito di escludere la contrazione degli ordini riscontrata presso la filiale di Milano, per ribadirne l’infondatezza, in virtù della
considerazione che tale procedimento logico, consentendo di risalire alla riduzione degli ordini subita dalla filiale di Treviolo sulla base di un dato presuntivo, si
sarebbe tradotto nell’inammissibile ricorso ad unapraesumptio de praesumpio.
3.

Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e la falsa ap-

plicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., nonché l’omessa, insufficiente
e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudi-

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dall’altro la mancanza di una prova certa della riconducibilità di tale contrazione

zio e l’errata valutazione delle prove, sostenendo che, nell’escludere la possibilità
di desumere con certezza dalle deposizioni dei testi la sussistenza del nesso causale tra lo storno dei dipendenti e la riduzione del fatturato, la Corte di merito non

sunzioni, ai fini delle quali è sufficiente che il rapporto di dipendenza logica tra il
fatto noto e quello ignoto sia configurabile in termini non già di certezza, ma di
mera probabilità. Una volta accertato in via presuntiva il nesso di causalità, avrebbe poi gravato sulla controparte l’onere di fornire la prova che gli acquisti compititi dai suoi clienti presso la Arco non erano stati causati dallo storno dei dipendenti, ma dall’incapacità di essa ricorrente di soddisfare le loro richieste. Nell’escludere la sussistenza del nesso causale, la sentenza impugnata ha comunque omesso di
valutare le deposizioni dei testi, dalle quali emergeva che su centotrenta ditte
clienti della filiale di Treviolo circa ottanta avevano seguito i dipendenti stornati,
essendosi rivolte alla Arco per l’acquisto di prodotti identici a quelli precedentemente forniti dalla predetta filiale.
3.1. — Il motivo è in parte infondato, in parte inammissibile.
Ai fini dell’esclusione del nesso di causalità, la sentenza impugnata non ha affatto trascurato le deposizioni dei testimoni, avendo invece richiamato le dichiarazioni rese dagli stessi, secondo cui nessun cliente aveva interamente cessato i rapporti con la ricorrente, mentre altri si erano riforniti presso entrambe le parti, ed
altri ancora non erano mai stati clienti della controricorrente. Nel contestare la
conclusione cui è ragionevolmente pervenuta la Corte di merito, secondo cui la
riduzione del fatturato della sede di Treviolo non era riconducibile con certezza
all’attrazione della clientela da parte dei dipendenti licenziatisi dalla Tosoni ed assunti dall’Arco, la ricorrente si limita ad insistere nel proprio assunto, senza essere

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ha considerato che la relativa prova poteva essere fornita anche a mezzo di pre-

in grado d’indicare le illogicità o le incongruenze del percorso argomentativo seguito dalla sentenza impugnata, in tal modo dimostrando di voler sollecitare, attraverso l’apparente deduzione dei vizi di violazione di legge e difetto di motiva-

non spetta il compito di riesaminare la vicenda processuale, ma solo quello di controllare la correttezza giuridica e la coerenza logico-formale dell’apprezzamento
compiuto dal giudice di merito (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. lav., 18 marzo 2011,
n. 6288; 26 marzo 2010, n. 7394; Cass., Sez. III, 21 luglio 2006, n. 16762).
Quanto al mancato ricorso alle presunzioni, la ricorrente si limita a ribadire la
portata inferenziale dell’accertato storno dei dipendenti e della conseguente contrazione del fatturato, quali circostanze dalle quali poter risalire, anche mediante
un ragionamento meramente probabilistico, al danno da essa subito, astenendosi
tuttavia dal censurare la sentenza impugnata, nella parte in cui ha implicitamente
escluso l’efficacia presuntiva dei predetti elementi, alla luce delle risultanze della
prova testimoniale e della perdurante incertezza in ordine all’effettiva riduzione
degli ordini: se è vero, infatti, che ai fini della validità giuridica di una presunzione non è necessario che il fatto ignoto appaia come l’unica conseguenza possibile
dei fatti noti, essendo sufficiente che sia da questi deducibile sulla base dell’id
quod plerumque accidit, è anche vero, però, che gli elementi sui quali si fonda la
presunzione devono rivestire i caratteri della gravità, univocità e concordanza, il
cui apprezzamento, rimesso in via esclusiva al giudice di merito, è censurabile in
sede di legittimità soltanto nel caso, non ravvisabile nella specie, in cui le argomentazioni giustificative del suo convincimento risultino logicamente incoerenti o
connotate dall’omessa valutazione di elementi decisivi che abbiano formato oggetto di rituale deduzione (cfr. Cass., Sez. III, 5 dicembre 2011, n. 26022; 21 gennaio

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zione, una nuova valutazione della prova, non consentita a questa Corte, alla quale

1995, n. 701; Cass., Sez. V, 26 gennaio 2007, n. 1715).
4. — E’ invece fondato l’unico motivo del ricorso incidentale, con cui i controricorrenti lamentano la violazione degli artt. 91 e 112 cod. proc. civ. e degli

n. 127, osservando che, nel pronunciare in ordine all’appello incidentale da essi
proposto avverso la statuizione sulle spese processuali contenuta nella sentenza di
primo grado, la sentenza impugnata si è limitata ad accogliere la censura riflettente il mancato riconoscimento degli esborsi, mentre ha omesso di esaminare quelle
concernenti la liquidazione dei diritti e degli onorari, effettuata in violazione dei
minimi tariffari, ed il riconoscimento delle maggiorazioni previste in relazione all’importanza delle questioni trattate ed all’assistenza di più persone.
4.1. — A corredo delle proprie censure, i controricorrenti hanno riportato testualmente il motivo dell’appello incidentale, con cui, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di merito, non si limitavano a lamentare la mancata liquidazione dell’importo dovuto a titolo di rifusione degli esborsi sopportati per il giudizio
di primo grado, ma contestavano la riduzione dei diritti e degli onorari operata dal
Tribunale, in quanto immotivata e comunque contrastante con le vigenti tariffe
professionali. Quest’ultima censura, ribadita anche all’udienza di precisazione delle conclusioni, non è stata esaminata dalla sentenza impugnata, la quale. nell’accogliere l’appello incidentale, ha provveduto esclusivamente alla liquidazione degli esborsi, ivi compresi quelli relativi alla c.t.u. espletata in primo grado, omettendo invece qualsiasi cenno ai diritti ed agli onorari.
5. — La sentenza impugnata va pertanto cassata, nei limiti segnati dall’accoglimento del ricorso incidentale, e, non risultando necessari ulteriori accertamenti
di fatto la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo com-

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artt. 5, commi primo, secondo e quarto, e 6, comma primo, del d.m. 8 aprile 2004,

ma, seconda parte, cod. proc. civ., con la liquidazione degl’importi dovuti dalla
parte soccombente al predetto titolo.
Considerato che la domanda è stata interamente rigettata, il valore della con-

dalla controricorrente, quello richiesto dall’attrice nell’atto di citazione, pari a Lire
9,140.000.000, non potendo trovare applicazione, nella specie, il criterio di determinazione previsto dall’art. 6, primo comma, del d.m. 5 ottobre 1994, n. 585, il
quale si riferisce esclusivamente all’accoglimento o al rigetto parziale della domanda, e dovendosi quindi avere riguardo al criterio dettato in via generale dall’art. 14, primo comma, cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. Un., li settembre 2007, n.
19014; Cass., Sez. I, 14 maggio 2007, n. 10997; 11 marzo 2006, n. 5381). Non è
invece applicabile l’aumento previsto dall’art. 5, primo e secondo comma, della tariffa professionale, in quanto, al di là del considerevole importo richiesto dall’attrice a titolo di risarcimento e della pluralità degli adempimenti istruttori resisi necessari ai fini della decisione, la controversia in esame non ha implicato la valutazione di questioni giuridiche e di fatto di particolare importanza o complessità. Va
parimenti esclusa l’applicabilità dell’aumento previsto dall’art. 5, quarto comma, in
quanto la pluralità dei convenuti, aventi la medesima posizione processuale, non
ha comportato la spendita di un maggiore impegno professionale da parte del difensore, avuto riguardo all’unicità della questione trattata ed all’esclusione della
necessità di adempimenti differenziati in riferimento a ciascun cliente. Nella liquidazione degli onorari, va infine applicata la tariffa introdotta dal d.m. 8 aprile
2004, n. 127, vigente alla data della conclusione del giudizio di primo grado, mentre per i diritti di procuratore trova applicazione la tariffa vigente alla data del
compimento di ciascuna prestazione (cfr. Cass., Sez. Il, 13 dicembre 2002, n.

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troversia da prendere in considerazione a tal fine è, come correttamente sostenuto

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17862; 15 giugno 2001, n. 8160; Cass., Sez. III, 26 marzo 1999, n. 2891).
Sulla base delle predette considerazioni, e presa in esame la nota specifica testualmente riportata nel ricorso per cassazione, l’importo dovuto per onorari deve

tiva trattazione e tenendo conto dell’avvenuto espletamento di due soli mezzi di
prova (testimonianza e c.t.u.), ancorchè articolati in più udienze. I diritti di procuratore vanno invece quantificati in complessivi Euro 9.000,00, avuto riguardo
all’indebita moltiplicazione delle voci riportate nella specifica, buona parte delle
quali (accessi in Cancelleria e depositi) devono ritenersi comprese nell’importo
previsto per gli atti cui si riferiscono o riguardano l’esame di semplici ordinanze di
rinvio.
6. — Le spese del giudizio di appello (fatta eccezione per l’aumento di cui
all’art. 5, quarto comma, del d.m. n. 127 del 2004, non dovuto per le ragioni già
esposte in riferimento all’analoga disposizione del d.m. n. 585 del 1994), vanno
liquidate in conformità della sentenza impugnata, avuto riguardo al rigetto del ricorso principale, che, comportando la soccombenza del ricorrente anche in sede di
legittimità, ne giustifica anche la condanna al pagamento delle relative spese, che
si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata, in relazione al ricorso accolto, e, decidendo nel merito, liquida le
spese del giudizio di primo grado in complessivi Euro 63.094,09, ivi compresi Euro 23.000,00 per onorario, Euro 9.000,00 per diritti di procuratore ed Euro
31.094,09 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge; condanna la Tosoni Fluidodinamica S.p.a. al pagamento delle spese del giudizio di appel-

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essere liquidato in Euro 25.000,00, limitando a sette il numero di udienze di effet-

lo, che si liquidano in complessivi Euro 34.166,59, ivi compresi Euro 28.400,00
per onorario, Euro 5.310,00 per diritti di procuratore, ed Euro 456, 59 per esborsi,
oltre alle spese generali ed agli accessori di legge; condanna la Tosoni Fluidodi-

in complessivi Euro 15.200,00, ivi compresi Euro 15.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2015, nella camera di consiglio della
Prima Sezione Civile

namica S.p.a. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano

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