Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15131 del 19/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/06/2017, (ud. 16/05/2017, dep.19/06/2017),  n. 15131

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8695/2015 proposto da:

(OMISSIS) SPA IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore,

elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 269,

presso lo studio dell’avvocato ROMANO VACCARELLA, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati FABRIZIO CONSOLONI e STEFANO

CALVETTI;

– ricorrente –

contro

UNICREDIT SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ISONZO 42A, presso lo studio

dell’avvocato ACHILLE REALI, rappresentato e difeso dall’avvocato

CLAUDIO LUCA MIGLIORISI;

– controricorrente –

e contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SPA IN LIQUIDAZIONE, in persona del Curatore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268-A, presso

lo studio dell’avvocato ALESSIO PETRETTI, rappresentato e difeso

dall’avvocato CARLO MARIA GALLI;

– controricorrente –

e contro

PUBBLICO MINISTERO presso il TRIBUNALE DI LECCO, UGITECH SA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 859/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 24/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/05/2017 dal Consigliere Dott. ANDREA SCALDAFERRI;

La Corte, premesso che il Collegio ha deliberato di adottare la

motivazione semplificata del provvedimento.

Fatto

FATTO E DIRITTO

rilevato che la (OMISSIS) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE ha proposto ricorso per cassazione della sentenza n. 859, depositata in data 24 febbraio 2015, con la quale la Corte di appello di Milano ha rigettato il reclamo da essa interposto ai sensi dell’art. 18 della legge fallimentare avverso la sentenza del Tribunale di Lecco del 29 settembre 2014 con cui era stato dichiarato il suo fallimento;

che gli intimati UNICREDIT S.P.A. e Curatela del FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE si sono costituiti con distinti controricorsi;

considerato che con l’unico motivo di ricorso la (OMISSIS) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE lamenta la nullità della sentenza impugnata e sollecita comunque il rilievo della incostituzionalità della L. Fall., art. 7, laddove consente che il fallimento sia dichiarato dallo stesso tribunale che in sede prefallimentare ha disposto la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero istante per il fallimento;

che i controricorrenti hanno concluso per la declaratoria di inammissibilità e infondatezza del ricorso;

che, fissata adunanza camerale sulla proposta di manifesta infondatezza, parte ricorrente ha depositato memoria;

ritenuto che il motivo di ricorso è manifestamente infondato atteso che la Corte di appello, nel richiamare l’applicabilità alla fattispecie della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 9409 del 2013, ha fatto integrale rinvio al suo contenuto; che la citata sentenza si è posta il problema sollevato dall’odierna ricorrente e lo ha espressamente risolto affermando che “il rilievo di maggiore consistenza risulta essere quello individuato nell’esigenza di privilegiare una interpretazione della normativa che consenta di assicurare il rispetto del principio del giusto processo, esigenza che risulterebbe del tutto insoddisfatta per violazione del requisito della terzietà del giudice, ove si permettesse a quest’ultimo di decidere nuovamente nei confronti di soggetti già destinatari della iniziativa di fallimento, a seguito di richiesta del P.M. conseguente alla relativa segnalazione da parte dello stesso giudice. In proposito si osserva tuttavia che se è incontestabilmente condivisibile l’affermazione secondo la quale il legislatore della riforma della legge fallimentare ha inteso escludere, in modo assoluto, qualunque dubbio sulla posizione di terzietà del giudice chiamato a rendere la decisione, non altrettanto può dirsi per le conclusioni che dall’applicazione di tale principio sono state tratte in relazione ai fallimenti dichiarati su istanza del P.M., a seguito di segnalazione dell’organo giudiziario. Ed infatti al riguardo occorre innanzitutto evidenziare che la trasmissione al P.M. della notitia decoctionis non ha alcun contenuto decisorio, nemmeno come esito di una delibazione sommaria sicchè, non essendovi alcuna coincidenza fra il contenuto della segnalazione e l’oggetto della successiva istruttoria conseguente all’iniziativa del P.M., non è neppure astrattamente configurabile una violazione dei principi di terzietà e imparzialità del giudice, intesi come sua equidistanza dall’oggetto del giudizio e dalle parti. A voler ragionare diversamente si dovrebbe viceversa ritenere la segnalazione di insolvenza del giudice, la richiesta di fallimento del P.M. e la successiva decisione di accoglimento del tribunale come atti facenti parte di un unico procedimento, caratterizzato da una limitazione dei poteri decisionali sia dell’organo requirente che di quello giudicante, per effetto delle iniziative precedentemente adottate da uno di essi (dapprima il P.M. per effetto della segnalazione del tribunale, e quindi di quest’ultimo a causa della iniziativa del primo). Tale prospettazione non trova tuttavia alcun conforto nella disciplina vigente, poichè la sollecitazione al P.M. interviene nel corso o all’esito di una procedura fallimentare (più verosimilmente in questa seconda ipotesi, non essendovi ragione di dare corso alla detta sollecitazione ove persistente la relativa pendenza), l’iniziativa del P.M. è del tutto autonoma ed è conseguente alla sua libera determinazione adottata sul punto, altrettanto libero ed autonomo risulta infine il successivo giudizio del tribunale emesso in un nuovo e diverso procedimento. Eventuali disfunzioni riconducibili a patologie del sistema, quali quelli di un eccessivo appiattimento del P.M. o del tribunale sulle posizioni assunte dall’altro organo in ragione della intervenuta segnalazione di insolvenza e delle successive iniziative adottate, non possono essere oggetto di attenzione in questa sede e si sottraggono all’esame del giudizio di legittimità”; che da tale orientamento (peraltro ribadito più volte anche dalle sezioni semplici: cfr. ex multis Sez. 1 n. 17903/15; Sez. 6 – 1 n. 18277/15), cui va data continuità non emergendo dal ricorso elementi per una modifica, discende anche la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità prospettata nel motivo in esame;

che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

 

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso in favore delle parti controricorrenti delle spese di questo giudizio di cassazione, che liquida per ciascuna di esse in Euro 4.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di legge.

Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2017

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