Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15128 del 19/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/06/2017, (ud. 27/04/2017, dep.19/06/2017),  n. 15128

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7470/2016 proposto da:

EURO DIAMANT DISK SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SPALLANZANI 22,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMO PROTO, rappresentata e difesa

dall’avvocato ROBERTO BOCCHINI;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del Curatore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio

dell’avvocato SABINA CICCOTTI, rappresentata e difesa dall’avvocato

FABIO FANTIN;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2842/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 10/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 27/04/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Bassano del Grappa Euro Diamant Disk s.r.l. chiedendo la revocatoria di vendita d’immobile ad uso produttivo artigianale di data 4 aprile 2001 compiuta dalla società in bonis. Il Tribunale adito accolse la domanda. Avverso detta sentenza propose appello Euro Diamant Disk s.r.l.. Con sentenza di data 10 dicembre 2015 la Corte d’appello di Venezia rigettò l’appello.

Osservò la corte territoriale che le circostanze evidenziate nell’appello a proposito del valore di mercato dell’immobile (esistenza copertura in eternit, presenza di una sola uscita di sicurezza, insufficienza delle aperture finestrate e limitatezza dell’area di manovra, presenza di centralina elettrica) erano state valutate dalla CTU con la relazione ed il successivo supplemento in risposta alle osservazioni del consulente di parte, ed in particolare: stante la cripticità con cui la Delib. 27 marzo 2001, della venditrice menzionava le condizioni a cui doveva essere disposta la vendita, doveva ritenersi libero l’immobile al momento della vendita e la locazione stipulata il 1 maggio 2001 con la stessa venditrice non era mai stata registrata; circa il tetto in eternit, benchè non documentata l’appartenenza a tale materiale ed essendo state effettuate le riparazioni per una forte grandinata, i costi di bonifica erano stati comunque quantificati; quanto alle altre caratteristiche assunte come penalizzanti, il CTU aveva valutato attendibili le certificazioni pubbliche e le dichiarazioni dei tecnici istruttori e conformi la sicurezza antiincendio e lo spazio esterno; la presenza della cabina Enel consentiva un risparmio di costi; la contestazione della vetustà, infine, era generica e comunque il CTU aveva considerato il profilo. Aggiunse la Corte, quanto all’eventus damni, premesso che il capannone era l’unico cespite di proprietà della società, che era infondato l’assunto dell’estinzione dei debiti verso le banche derivanti da anticipazioni in conto per fatture a seguito dell’incasso di queste, perchè, fermo restando che le banche creditrici all’epoca erano le stesse che poi si erano insinuate al passivo fallimentare, il debito per anticipazioni o sconto non poteva considerarsi successivo, essendosi formato in conseguenza di titolo preesistente ovvero del perdurante fido per anticipazioni; inoltre alla data del 31 dicembre 2001 l’esposizione verso le banche era superiore al prezzo dell’immobile, parte del debito discendeva da interessi e competenze, sicchè non vi influiva la riscossione delle fatture, e l’erario nel 2001 era titolare di un credito IVA.

Ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi Euro Diamant Disk s.r.l. e resiste con controricorso la parte intimata. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi di manifesta infondatezza del ricorso quanto al primo motivo, e di inammissibilità quanto al secondo. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito. E’ stata presentata memoria.

Con il primo motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che il giudice di appello ha omesso l’esame delle seguenti circostanze di fatto, incidenti sul prezzo di vendita e non adeguatamente valutate dal CTU: localizzazione dell’uscita di sicurezza; copertura in eternit; estensione della superficie finestrata; scarsa estensione dello spazio esterno; presenza di servitù di elettrodotto a favore dell’Enel sulla centralini elettrica; l’immobile non era libero da pesi essendo stata deliberata la vendita alla condizione di stipulare la locazione; la vetustà dell’immobile.

Il motivo è manifestamente infondato. Le circostanze elencate nel motivo sono state esaminate dal giudice di merito, che ha puntualmente confutato, attingendo alla CTU in atti, i rilievi di parte appellante. In realtà nel motivo di censura non si denuncia la totale pretermissione dell’esame delle circostanze, ma l’inidoneità della CTU che avrebbe determinato l’omesso esame delle circostanze rappresentate, in tali termini però la censura rifluisce in divergenza nel merito delle valutazioni del giudice di appello, insindacabile come tale nella presente sede di legittimità (peraltro, per tale aspetto, la censura non rispetta neanche le forme rituali di deduzione del vizio motivazionale delineate da Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053). Solo con riferimento all’estensione della superficie finestrata si denuncia la totale omissione dell’esame, ma tale circostanza risulta contemplata nella valutazione del giudice di merito, essendosene fatta menzione nell’elenco delle circostanze evidenziate nell’appello a proposito del valore di mercato dell’immobile ed essendo stata richiamata la valutazione del CTU a proposito dell’attendibilità delle certificazioni pubbliche e delle dichiarazioni dei tecnici istruttori circa la conformità dell’immobile.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che la curatela non aveva dimostrato l’esistenza di crediti che sarebbero stati privati di idonea garanzia in quanto, mentre nessuno dei crediti insinuatisi al passivo gravava sul patrimonio del debitore all’epoca della vendita, il ricavato della vendita era stato utilizzato per estinguere l’unico debito esistente (mutuo Confidexport) e gli anticipi in conto per fatture erano stati estinti con l’incasso delle fatture stesse ed il versamento del denaro residuo della vendita.

Il motivo è inammissibile, sotto più profili. In primo luogo, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non risultano specificatamente indicati gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso si fonda.

In secondo luogo la censura, sotto le spoglie della denuncia della violazione di legge, mira ad una rivisitazione del merito sulla base di un apprezzamento delle circostanze di segno contrario rispetto a quello effettuato dal giudice di appello. Sul punto dell’ammontare dei debiti all’epoca della vendita e della non strumentalità della vendita all’adempimento dei debiti scaduti la valutazione del giudice di merito è difforme da quella del ricorrente, e non è sindacabile nella presente sede di legittimità se non nelle forme del vizio motivazionale sulla base dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese processuali che liquida in Euro 5.200,00 per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il Li ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2017

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