Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15126 del 22/06/2010

Cassazione civile sez. I, 22/06/2010, (ud. 26/01/2010, dep. 22/06/2010), n.15126

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliate in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.G.;

– intimato –

sul ricorso 17686-2038 proposto da:

C.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA TARTAGLIA NICOLO’ 21, presso l’avvocato SABETTA ETTORE,

rappresentato e difeso dall’avvocato LAURO NICOLA, giusta procura in

calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimata –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

29/03/2007, n. 56560/05 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2010 dal Consigliere Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per, previa riunione,

manifesta infondatezza del ricorso principale; accoglimento del primo

motivo e rigetto degli altri motivi del ricorso incidentale; sentenza

di merito ex art. 384 c.p.c. e condanna alle spese del Ministero; in

gradato subordine, quanto al primo motivo del ricorso incidentale:

richiesta di rimessione alle Sezioni Unite; previa delibazione della

non manifesta infondatezza e della rilevanza della sollevata

questione di legittimità costituzionale, sospensione del giudizio e

trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, affinchè esamini,

in punto di criterio di calcolo dell’equa riparazione, la

compatibilità della L. n. 89 del 2001, art. 2 con gli art. 111

Cost., comma 2 e art. 117 Cost., in rapporto all’art. 6 della

Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle

Libertà Fondamentali (adottata a Roma il 4 novembre 1950, resa

esecutiva con L. 4 agosto 1955, n. 848), come interpretato dalla

Corte di Strasburgo.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ritualmente depositato, il Ministero della Giustizia impugnava il decreto della Corte di Appello di Roma in data 29/03/2007; che aveva condannato il Ministero stesso al pagamento di somma a favore di C.G. a titolo di indennizzo, per irragionevole durata di procedimento penale nei suoi confronti.

Il ricorso consta di cinque motivi.

Resiste con controricorso il C. che pure propone ricorso incidentale, sulla base di quattro motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Vanno riuniti i due ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Non si ravvisa nel ricorso principale violazione del principio di autosufficienza, come sostiene controparte.

Possono essere trattati congiuntamente i primi due motivi che vanno rigettati, in quanto infondati.

Essi attengono al vizio di motivazione e alla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2934 – 2946 c.c. in ordine alla eccepita prescrizione del diritto al risarcimento del danno per irragionevole durata di procedimento.

Questa Corte già si è pronunciata sulla questione relativa alla prescrizione (tra le altre Cass. N. 27719/2009), e pare opportuno richiamare le argomentazioni già svolte in quella sede ribadendosi che la applicazione della prescrizione (decennale o quinquennale) introdurrebbe una limitazione all’esercizio del diritto alla equa riparazione non prevista dal legislatore (che non a caso ha invece previsto il solo termine decadenziale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4, conformemente alla clausola convenzionale di cui all’art. 35 CEDU), e vanificherebbe lo scopo medesimo della disciplina introdotta dalla predetta legge, contraddicendone, a ben vedere, la stessa ratio.

Va dichiarato inammissibile il terzo motivo, ove si lamenta vizio di motivazione, con riguardo alla “concreta dinamica del procedimento presupposto”: la ricorrente amministrazione non indica le ragioni per cui la ragionevole durata avrebbe dovuto essere più lunga, limitandosi ad un generico riferimento alla natura dei reati e alla presenza di più coimputati.

Va rigettato perchè infondato il quarto motivo, ove si lamenta violazione della L. n. 89 del 1991, art. 263, lett. a), in quanto il giudice a quo avrebbe considerato allo stesso modo la “ragionevole durata” nel procedimento civile e penale. Secondo i canoni della CEDU e la giurisprudenza di questa Corte, in linea generale, non si ravvisa distinzione alcuna tra procedimento civile e penale al riguardo (un triennio per il primo grado, un biennio per il secondo).

Va pure rigettato perchè infondato il quinto motivo di ricorso ove si lamenta vizio di motivazione, in quanto il giudice a quo non avrebbe considerato che per alcuni reati era maturata la prescrizione e che vi era stata assoluzione in primo grado per alcuni altri. Per giurisprudenza consolidata, non rileva affatto la “posta in gioco” (per tutte vedi Cass. S.u. n. 1338/01). Del resto non si vede come l’assoluzione in primo grado , cui seguì l’appello del P.M., potesse incidere sullo stress e sul patema d’animo subito.

Quanto al ricorso incidentale, il ricorrente impugna il decreto della Corte di Appello in punto durata del procedimento (necessità di considerare l’intero procedimento e non solo il ritardo; necessità di considerare pure la fase delle indagini preliminari: motivi primo, secondo e terzo), quantum (motivo quarto).

Si ritiene, al contrario di quanto sostenuto dal P.G. in udienza manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della L. n. 89, art. 2, in punto criterio del calcolo dell’equa riparazione (vedi al riguardo Cass. N. 10415 del 2009, ove si precisa che il predetto art. 2, nella parte in cui riferisce la rilevanza del danno da equa riparazione soltanto al periodo eccedente il termine di ragionevole durata, non contrasta con l’art. 117 Cost., comma 1, con riguardo alla compatibilità con gli impegni internazionali assunti dall’Italia con la ratifica della CEDU: la modalità di calcolo imposta dalla norma nazionale non incide sull’attitudine della legislazione interna ad assicurare l’obbiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto in questione, non comportando una riduzione dell’indennizzo in misura superiore a quella ritenuta ammissibile dal Giudice Europeo).

Non va pertanto accolto il ricorso incidentale in punto durata del procedimento, con riferimento al suo intero svolgimento (motivo primo).

Sul quantum il giudice a quo ha applicato i parametri seguiti dalla CEDU ed indicati dalla giurisprudenza di questa Corte. Va pertanto rigettato il relativo quarto motivo.

Può invece accogliersi il ricorso in punto rilevanza delle indagini preliminari che fanno parte a tutti gli effetti del procedimento e non sono state considerate dal Giudice a quo (motivi secondo e terzo).

Può decidersi nel merito.

Si dovrà considerare il periodo delle indagini preliminari, a far data dal 1993 (epoca della informazione di garanzia) e ritenuto che il processo è stato definito con sentenza della Corte di Appello del 30 maggio 2005, detratto il periodo di cinque anni di durata ragionevole, dovrà essere liquidata una somma complessiva di Euro 7.000,00 a titolo del risarcimento del danno non patrimoniale da irragionevole durata del procedimento.

Vanno riliquidate le spese del giudizio di merito, come da dispositivo.

Le spese seguono la soccombenza, per il presente giudizio.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale; rigetta il primo e il quarto motivo del ricorso incidentale; accoglie il secondo e il terzo.

Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’amministrazione a corrispondere alla parte ricorrente la somma di Euro 7.000,00 per indennizzo, con interessi dalla domanda e le spese processuali che determina per il giudizio di merito in Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 900,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge, e per il giudizio di legittimità in Euro 1.200,00 di cui Euro 100,000 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge, che dispone siano distratte in favore dell’Avv. Lauro antistatario.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2010

 

 

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