Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15125 del 19/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/06/2017, (ud. 27/04/2017, dep.19/06/2017),  n. 15125

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6618/2016 proposto da:

D.F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

MERCEDE 11, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO BRUNETTI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato AURELIO ARNESE;

– ricorrente –

contro

CONSAP SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALBERICO II 4, presso lo

studio dell’avvocato GIOVANNI DE LUCA, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4853/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 27/04/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

D.F.G. propose innanzi al Tribunale di Roma opposizione al decreto ingiuntivo richiesto da Consap s.p.a. al fine della restituzione della somma corrisposta per un sinistro rivelatosi falso. Il Tribunale adito accolse l’opposizione. Avverso detta sentenza propose appello Consap s.p.a.. Con sentenza di data 26 agosto 2015 la Corte d’Appello di Roma accolse l’appello. Osservò la corte territoriale che era onere del D.F. provare di avere patteggiato la pena a un anno e mezzo di reclusione pur non essendo colpevole e che dalle indagini condotte era emerso come il D.F. fosse stato ritenuto “la mente dell’organizzazione”.

Ha proposto ricorso per cassazione D.F.G. sulla base di due motivi e resiste con controricorso la parte intimata. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi d’inammissibilità del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito.

Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 444 c.p.p. e art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c.. Osserva il ricorrente che il D.F. non aveva mai percepito l’importo in questione essendo stati versati gli assegni, come da informativa di P.G., a tale V.A. e che il D.F., come sempre da informativa di P.G., non aveva preso parte all’organizzazione del falso sinistro n. (OMISSIS). Aggiunge di avere percepito il risarcimento solo per il falso sinistro n. (OMISSIS) e che il patteggiamento era il risultato di una mera opportunità processuale.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione. Osserva il ricorrente che il giudice di appello non aveva tenuto conto di tutte le risultanze istruttorie, da cui emergeva l’estraneità del D.F. al sinistro in questione, e che aveva fatto discendere in modo automatico dalla sentenza ai sensi dell’art. 444 c.p.p., la prova della responsabilità.

I motivi, da valutare unitariamente, sono inammissibili. Le censure mirano ad una rivisitazione del merito, preclusa nella presente sede di legittimità. Va rammentato che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. 10 giugno 2016, n. 11892 e Sez. U. 5 agosto 2016, n. 16598). Anche laddove si denuncia il vizio motivazionale, proposto peraltro secondo la disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non più vigente, il ricorrente si limita a giustapporre alla valutazione del giudice di merito un diverso apprezzamento dei fatti. In ogni caso non risultano rispettate le forme rituali di denuncia del vizio motivazionale così come delineate da Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053, in base al nuovo n. 5.

L’affermazione poi secondo cui il giudice di merito avrebbe attribuito alla sentenza di merito automatica efficacia probatoria resta estranea alla ratio decidendi incentrata invece sull’onere probatorio che residua in capo al soggetto attinto dall’applicazione della pena su richiesta. Sul punto la ratio decidendi è conforme all’orientamento di questa Corte secondo cui la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., pur non configurando una sentenza di condanna, presuppone comunque una ammissione di colpevolezza, sicchè esonera la controparte dall’onere della prova e costituisce un importante elemento di prova per il giudice di merito, il quale, ove intenda discostarsene, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l’imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità, ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione (Cass. 29 febbraio 2016, n. 3980; 20 settembre 2013, n. 21591).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese processuali che liquida in Euro 2.200,00 per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2017

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