Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15116 del 15/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/07/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 15/07/2020), n.15116

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33036-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

F.P. in proprio, F.M., in proprio e quale erede

della sig.ra A.E., R.A., quale erede della

sig.ra A.E., elettivamente domiciliati in ROMA, L.GO DEI

LOMBARDI, 4, presso lo studio dell’avvocato GREGORIO ARENA, che li

rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 5664/5/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 29/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI

PRISCOLI LORENZO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che la Commissione Tributaria Provinciale di Roma dichiarava il ricorso della parte contribuente estinto per cessazione della materia del contendere avverso l’atto con il quale l’Agenzia del territorio di Roma aveva provveduto a rivalutare la rendita catastale di un immobile sito in (OMISSIS) all’Esquilino, nella microzona Esquilino della città di Roma L. n. 311 del 2004 ex art. 1, comma 335, ritenendo che l’atto impugnato fosse adeguatamente motivato;

che la Commissione Tributaria Regionale, con sentenza depositata il 29 agosto 2018, accoglieva l’appello della parte contribuente affermando da un lato che il secondo atto emesso dall’Amministrazione non era totalmente satisfattivo della domanda dei ricorrenti e dall’altro che l’Agenzia delle entrate non ha sufficientemente dato conto dei criteri utilizzati per addivenire al nuovo classamento.

che l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato a due motivi di impugnazione mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso e ivi proponeva altresì ricorso incidentale e ricorso incidentale condizionato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2,19 e 46, per violazione delle norme in tema di autotutela, nella parte in cui la Commissione erroneamente non ha confermato la sentenza di estinzione del giudizio in quanto il giudizio proposto, e con esso la cognizione del giudice sulla vicenda, è stata limitata al primo provvedimento senza che possa ritenersi che la circostanza che la parte abbia proposto ricorso avverso il primo atto comporti automaticamente che l’impugnazione si estenda anche al secondo.

Il primo motivo è infondato.

Secondo questa Corte, il potere di autotutela cd. sostitutiva in forza del quale l’Amministrazione può annullare l’atto illegittimo e sostituirlo con un altro di contenuto sostanzialmente identico, ma privo dei vizi originari – può essere esercitato, ai sensi del D.L. n. 564 del 1994, art. 2 quater, conv. in L. n. 656 del 1994, anche durante il giudizio di impugnazione proposto contro detto atto, trovando il suo fondamento nel cd. “principio di perennità” della potestà amministrativa, che, tuttavia, incontra i limiti dell’eventuale giudicato sul merito dell’impugnazione dell’atto, del decorso del termine di decadenza per l’attività di accertamento o riscossione e del diritto di difesa del contribuente (Cass. n. 7551 del 2019). Ebbene, nella specie, l’esercizio del potere di autotutela da parte della pubblica amministrazione nel corso del giudizio deve considerarsi illegittimo perchè da un lato – riducendo la classe catastale da 6 a 5 di un immobile originariamente di classe 2 – non soddisfa se non in piccola parte le aspettative del contribuente a non pagare in futuro per quell’immobile più di quanto pagato in precedenza, non facendone dunque venire meno l’interesse ad agire, e dall’altro ne ostacola significativamente il diritto di difesa perchè altrimenti, accedendo alla tesi del ricorrente, sarebbe legittimata una condotta della pubblica amministrazione abusiva (in contrasto con i principi di solidarietà economica, correttezza e buona fede di cui all’art. 2 Cost. e agli artt. 1175 e 1375 c.c., che hanno valenza universale e che dunque sono rivolti anche alla pubblica amministrazione: Cass. 1009 del 2018) consistente nel reiterare sempre uno stesso provvedimento illegittimo cambiandone la sostanza in maniera poco significativa al solo fine di impedire al contribuente di ottenere soddisfazione in giudizio attraverso una sentenza di annullamento passata in giudicato.

Con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, in quanto l’atto di accertamento è adeguatamente motivato richiamando puntualmente i criteri a cui è stato ispirato.

Il secondo motivo è infondato.

Costituisce principio consolidato da questa Corte quello secondo cui è necessaria una rigorosa – e cioè completa, specifica e razionale – motivazione dell’atto di riclassamento, non solo con riferimento alla microzona ove insiste l’immobile, ma con specifico riferimento all’immobile oggetto di riclassamento. In particolare, quando si tratta di un mutamento di rendita inquadrabile nella revisione del classamento delle unità immobiliari private site in microzone comunali ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, la ragione giustificativa non può consistere nella mera evoluzione del mercato immobiliare, ma deve essere accertata la variazione di valore degli immobili presenti nella microzona (Cass. n. 22671 del 2019).

Ne consegue la necessità che nell’avviso di accertamento siano precisate le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a modificare d’ufficio il classamento originario, non essendo sufficiente il richiamo agli astratti presupposti normativi che hanno giustificato l’avvio della procedura di riclassamento. L’amministrazione comunale è tenuta pertanto ad indicare in modo dettagliato quali siano stati gli interventi e le trasformazioni urbane che hanno portato l’area alla riqualificazione risultando inidonei i richiami ad espressioni di stile del tutto avulse dalla situazione concreta (cfr. Cass. n. 4712 del 2015; n. 3156 del 2015).

Questa Corte ha affermato che nella procedura di revisione di classamento si debba tener conto, nel medesimo contesto cronologico, dei caratteri specifici di ciascuna unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l’unità è sita, siccome tutti incidenti comparativamente e complessivamente sulla qualificazione della stessa (Cass. n. 10403 del 2019).

Pertanto, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento in termini sintetici e quindi generici al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, senza specificare le fonti, i modi e i criteri con cui questi dati sono stati ricavati ed elaborati. Viceversa, l’atto deve contenere l’indicazione: a) degli elementi che hanno in concreto interessato una determinata microzona; b) di come essi incidano sul diverso classamento della singola unità immobiliare (Cass. 22671 del 2019; Cass. 23051 del 2019).

Del resto questa Corte ha affermato che in tema di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento al suddetto rapporto e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, allorchè da questi ultimi non siano evincibili gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento e ciò al duplice fine di consentire, da un lato, al contribuente di individuare agevolmente il presupposto dell’operata riclassificazione ed approntare le consequenziali difese, e, dall’altro, per delimitare, in riferimento a dette ragioni, l’oggetto dell’eventuale successivo contenzioso, essendo precluso all’Ufficio di addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate nell’atto (Cass. nn. 25960/2018; 23792/2018; 17413/2018; 17412/2018; 8741/2018); e ciò anche considerando che l’attribuzione di una determinata classe è correlata sia alla qualità urbana del contesto in cui l’immobile è inserito (infrastrutture, servizi, eccetera), sia alla qualità ambientale (pregio o degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici) della zona di mercato immobiliare in cui l’unità stessa è situata, sia infine alle caratteristiche edilizie dell’unità stessa e del fabbricato che la comprende (l’esposizione, il grado di rifinitura, eccetera) (Cass. nn. 25960/2018; 23792/2018; 22900/2017; 3156/2015).

Inoltre, secondo le sezioni unite, l’Agenzia delle entrate competente deve specificare se il mutamento è dovuto a una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui si colloca l’unità immobiliare e, nel caso, indicare l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano (Cass. SU n. 7665/2016: nello stesso senso Cass. nn. 25960/2018; 23792/2018).

Infine, la Corte costituzionale, con la pronuncia n. 249 del 2017, ha da un lato affermato che “la scelta fatta dal legislatore con il censurato comma 335 (L. n. 311 del 2004, art. 1) non presenta profili di irragionevolezza (in quanto) la decisione di operare una revisione del classamento per microzone si basa sul dato che la qualità del contesto di appartenenza dell’unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene”, evidenziando però che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”.

La CTR si è, in definitiva, uniformata ai predetti principi, rilevando la genericità della motivazione esposta nell’atto impugnato, e ritenendo in particolare che l’Ufficio non abbia sufficientemente dato conto dei criteri utilizzati per addivenire al nuovo classamento, sottolineando la mancanza di un adeguato raccordo tra tali criteri in astratto e la loro concretizzazione nel caso specifico.

Con il motivo d’impugnazione contenuto nel ricorso incidentale, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte contribuente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, in quanto la CTR avrebbe errato a compensare le spese dal momento che nella materia non vi sarebbe alcun contrasto giurisprudenziale.

Il motivo di impugnazione contenuto nel ricorso incidentale è infondato.

Infatti, se è vero che, secondo Cass. n. 4696 del 2019, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., come risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. n. 132 del 2014 e dalla sentenza n. 77 del 2018 della Corte costituzionale, la compensazione delle spese di lite può essere disposta (oltre che nel caso della soccombenza reciproca), soltanto nell’eventualità di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti o nelle ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni e di assoluta incertezza che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste dall’art. 92 c.p.c., comma 2, è altrettanto vero che la materia oggetto della presente controversia è stata oggetto di numerose incertezze giurisprudenziali, oscillando tra una più intensa e una minore rigidità delle scelte interpretative: fra le tante si richiama Cass. n. 21176 del 2016 (citata anche dalla ricorrente), che esprime principi nella sostanza difformi rispetto a quelli citati per motivare l’infondatezza del secondo motivo di impugnazione dell’Agenzia delle entrate, secondo la quale “Come emerge da quanto riportato nello stesso ricorso, l’atto di accertamento indicava che l’amministrazione aveva proceduto ai sensi e sulla base della previsione di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, della Det. del direttore dell’Agenzia del Territorio 16 febbraio 2005, della richiesta del Comune di Milano dei 14 ottobre 2005 diretta ad ottenere la revisione del classamento delle unità di proprietà privata ubicate nelle microzone individuate nella planimetria allegata all’avviso, e della determinazione del direttore dell’Agenzia del Territorio con la quale era stato attivato l’indicato processo di revisione. Questo assetto motivazionale sembra essere provvisto dei requisiti di congruità e sufficienza indicati dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale ritiene che l’obbligo di motivazione dell’atto di classamento resti assolto una volta che sia stato evidenziato, al fine di delimitare l’ambito delle ragioni deducibili dall’Ufficio nella fase contenziosa, il presupposto dell’accertamento risultante, laddove esso tragga impulso da una c. d. “verifica per microzone”, dalla previsione di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, e dalla Det. del direttore dell’Agenzia del Territorio 16 febbraio 2005 e nell’allegazione (o integrale riproduzione) della richiesta del Comune dalla quale il potere di rettifica ha tratto impulso (v. Cass. n. 21532 del 2013; n. 17322 del 2014). Il Collegio è consapevole che l’approdo giurisprudenziale della Corte sul punto non è stato esente da incertezze, oscillando tra una più intensa e una minore rigidità delle scelte interpretative: l’orientamento or ora ricordato può, tuttavia, costituire un condivisibile “punto di equilibrio” per la sua maggiore idoneità a cogliere il senso della ratio sottesa alla disciplina relativa alla revisione catastale prescritta dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335. Quest’ultimo intervento del legislatore si iscrive nei faticoso percorso del processo di riforma legislativa del catasto, da tempo intrapreso nel paese: riforma sollecitata dalla necessità di eliminare, o quanto meno di ridurre significativamente, la sperequazione creata a livello impositivo dallo squilibrio che per alcuni immobili si registra tra i valori catastali in larga parte riferiti ad anni risalenti e i valori di mercato degli stessi immobili accresciuti notevolmente dalla collocazione di essi in un mutato sistema economico-culturale dell’assetto urbano. Siffatto processo ha da ultimo trovato sbocco nella L. delega 11 marzo 2014, n. 23, il cui art. 2 prevede proprio l’attuazione di procedure per la revisione del catasto fabbricati nelle quali il valore di mercato gioca un ruolo di rilievo, con il coinvolgimento dei comuni nel cui territorio sono collocati gli immobili: ma un primo deciso passo in avanti del processo evolutivo di cui si è fatto cenno è stato proprio rappresentato dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, a norma del quale “la revisione parziale dei classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio”. Pertanto la motivazione dell’atto di classamento, che non è un atto di imposizione fiscale, trova riferimento, ai fini della propria sufficienza, nella peculiare normativa ora citata, in quanto presupposto della revisione è il riallineamento resosi essenziale per il registrato significativo scostamento di valore rispetto all’insieme delle microzone comunali, senza che sia necessario indicare specifiche caratteristiche dell’immobile alle quali deve essere invece attento un diverso tipo di atto di classamento, che trova in altre norme la propria giustificazione (come ad es. quello previsto dalla stessa L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336, che richiede la presenza di innovazioni specifiche concernenti l’immobile in esame ed esige, quindi, in questo caso, e solo in questo caso, che la motivazione dell’atto di revisione riporti l’analitica indicazione delle trasformazioni subite dal bene; oppure quello previsto dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, nella parte in cui si riferisce alla palese incongruità del classamento dell’immobile oggetto di revisione rispetto a fabbricati similari: è in questa seconda ipotesi, e solo in questa, che l’atto impositivo, come afferma Cass. n. 2184 del 2015, dovrà indicare la specifica individuazione di tali fabbricati, del loro classamento e delle caratteristiche analoghe che li renderebbero similari all’unità immobiliare oggetto di riclassamento)”. Del resto, proprio in fattispecie analoghe a quella oggetto del presente giudizio e riguardanti sempre proprio la città di Roma, è stato deciso di compensare le spese: in questi termini si è espressa ad esempio la sentenza della quinta sezione di questa Corte n. 23046 del 2019, la quale ha affermato che “le spese dell’intero procedimento vanno compensate in considerazione dell’evoluzione della giurisprudenza in materia di motivazione del provvedimento di revisione di classamento”.

Con il motivo di ricorso incidentale condizionato, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la parte contribuente denuncia l’omesso esame della notifica a F.M. e alla sig. ra A. in quanto l’atto di rettifica parziale della classe e della rendita catastale è stato notificato solo alla sig. ra F.P..

Il motivo di ricorso incidentale condizionato è assorbito dal rigetto del ricorso principale dell’Agenzia delle entrate:

infatti il ricorso incidentale condizionato presuppone, per essere esaminato, la fondatezza del ricorso principale (Cass. nn. 18648 e 6138 del 2018).

Ritenuto pertanto che il ricorso principale va respinto, il ricorso incidentale va respinto, quello condizionato è assorbito dal rigetto del ricorso principale e le spese compensate in ragione dell’assenza, al momento della proposizione del ricorso, di precedenti specifici riguardanti il caso di specie nonchè, più in generale, in considerazione dell’evoluzione della giurisprudenza in materia di motivazione del provvedimento di revisione di classamento.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; spese compensate.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2020

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