Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15114 del 15/07/2020

Cassazione civile sez. lav., 15/07/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 15/07/2020), n.15114

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8845/2015 proposto da:

FINANZA & FUTURO BANCA S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ANTONIO GRAMSCI 14, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO

HERNANDEZ, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MASSIMO GOFFREDO;

– ricorrente –

contro

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, V.

PORTOGRUARO 3, presso lo studio dell’avvocato STEFANO DI PERNA,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO CIUFFREDA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3031/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 04/02/2015 r.g.n. 1453/2012.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza in data 4 febbraio (notificata il 12 febbraio) 2015, la Corte d’appello di Bari rigettava l’appello proposto da Finanza & Futuro Banca s.p.a. avverso la sentenza di primo grado, di reiezione della sua opposizione avverso il decreto con il quale lo stesso Tribunale di Foggia le aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 6.236,05, a titolo di provvigioni maturate (in base al contratto tra le parti del 4 giugno 1990) nel mese di settembre 2006 in favore del proprio agente S.G., oltre che della sua domanda riconvenzionale di condanna di quest’ultimo al pagamento della differenza tra il proprio credito di Euro 52.595,60, pari all’indennità di mancato preavviso conseguente al recesso senza causa dell’agente, opposto in compensazione e la predetta somma;

2. dato atto della non contestazione del credito dell’agente, la Corte territoriale riteneva giusta la causa di recesso dell’agente con nota del 28 settembre 2006 per il comportamento illegittimo della preponente, consistito nell’avere: a) unilateralmente modificato il contratto di agenzia, senza giustificazione in base al suo art. 14 (con deduzione per la prima volta della non necessità del consenso dell’agente in esso previsto; disposizione negoziale peraltro nulla, anche secondo arresti di legittimità richiamati, per indeterminatezza del suo oggetto nella previsione unilaterale di modificazione delle tariffe professionali da parte della società, con suo solo onere di preavviso e salva la facoltà di recesso dell’agente in caso di mancata accettazione), comunque inapplicabile nel caso di specie, nel quale la preponente aveva in concreto proposto all’agente la sottoscrizione di un nuovo contratto sostitutivo del precedente e non la sola variazione delle condizioni economiche; b) impedito all’agente di accedere il 22 settembre 2006 al proprio ufficio, con un comportamento (cambio della serratura) contrario a buona fede;

3. essa escludeva pure che la modifica contrattuale fosse stata tacitamente accettata dall’agente, per la comunicazione del suo recesso dopo undici mesi dalla modificazione del contratto (11 novembre 2005), avendo peraltro espresso dal febbraio 2006, con cadenza mensile a mezzo raccomandate a.r., le proprie doglianze con un fermo disaccordo;

4. avverso tale sentenza, con atto notificato il 1 aprile 2015, la società ricorreva per cassazione con tre motivi, cui l’agente resisteva con controricorso; entrambe le parti comunicavano memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. la ricorrente deduce insufficiente ed erronea valutazione sull’elemento determinante del giudizio, quale l'(in)applicabilità dell’art. 14 del contratto di agenzia tra le parti sul presupposto della stipulazione di un nuovo accordo, sostitutivo del precedente, anzichè della previsione di un nuovo regime provvigionale all’interno di un intero testo contrattuale, solo per comodità riproposto al promotore senza altre modifiche, tanto meno essenziali; peraltro essendo stabiliti dagli stessi accordi collettivi specifici interventi modificativi delle condizioni contrattuali ed in ogni caso non essendo stata immediata la reazione del predetto (primo motivo);

2. esso è inammissibile;

2.1. la ricorrente ha infatti omesso di confutare la prima delle due rationes decidendi (ossia, la deduzione per la prima volta in appello della previsione dell’art. 14 di un consenso dell’agente, tuttavia non necessario, ai fini di legittimità della modifica delle condizioni di contratto: al penultimo capoverso di pg. 4 della sentenza), avendo ad oggetto la doglianza la sola seconda (“ad ogni buon conto…”: argomentata dall’ultimo capoverso di pg. 4 al primo di pg. 5 della sentenza);

2.2. deve pertanto essere ribadito il principio secondo cui, qualora la decisione di merito si fondi su una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza (o addirittura mancanza di una specifica formulazione) delle censure mosse ad una delle rationes decidendi renda inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. 3 novembre 2011, n. 22753; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108; Cass. 29 marzo 2013, n. 7931; Cass. 21 dicembre 2015, n. 25613; Cass. 19 febbraio 2016, n. 3307);

3. la ricorrente deduce poi illogicità, contraddittorietà e omissione della motivazione, nella parte in cui la sentenza ha attribuito rilevanza alle contestazioni del promotore, a fronte della modifica delle condizioni delle provvigioni, senza considerare l’intervallo di undici mesi tra questa e il recesso del predetto (secondo motivo); insufficienza della motivazione, nella parte in cui la sentenza ha attribuito rilevanza, nel ravvisare la giusta causa di recesso del promotore, alla sostituzione della serratura dell’ufficio, che gliene avrebbe impedito l’accesso (terzo motivo);

3. anch’essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono inammissibili;

3.1. appare evidente l’inconfigurabilità dei vizi motivi denunciati, alla luce del novellato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. s.u. 7 aprile 2014 n. 8053; Cass. s.u. 22 settembre 2014 n. 19881; Cass. 21 ottobre 2015, n. 21439): essi risolvendosi in una sostanziale contestazione della valutazione probatoria del giudice di merito e sollecitazione di un riesame del merito, insindacabile in sede di legittimità (Cass. 6 aprile 2011, n. 7921; Cass. 7 aprile 2017, n. 9097; Cass. 7 dicembre 2017, n. 29404), ove congruamente argomentati, come appunto nel caso di specie (con le ragioni esposte dal secondo capoverso di pg. 7 al secondo di pg. 8 della sentenza);

4. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

PQM

La Corte

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali nella misura del 15 per cento e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2020

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