Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15113 del 31/05/2021

Cassazione civile sez. II, 31/05/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 31/05/2021), n.15113

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22972/2019 proposto da:

N.P., rappresentato e difeso dall’avvocato LUCA FROLDI, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3091/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 27/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/11/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

Che:

1. N.P., cittadino della Nigeria, adiva il Tribunale di Ancona a seguito del rigetto da parte della Commissione territoriale di Roma 2, sezione di Ancona, della sua domanda di protezione internazionale. A sostegno della domanda, aveva dichiarato di avere lasciato la Nigeria (il richiedente proviene dal villaggio (OMISSIS), nel Delta State) per il timore di rimanere vittima della magia nera che veniva praticata nel suo villaggio e di soffrire di ernia e di perdita della memoria.

Il Tribunale ha rigettato il ricorso e il richiedente ha proposto gravame censurando il mancato accoglimento della protezione umanitaria. La Corte d’appello di Ancona, con sentenza 27 dicembre 2018, n. 3091, ha respinto l’appello, ritenendo infondato l’unico motivo di gravame.

Avverso la decisione della Corte d’appello di Ancona propone ricorso per cassazione N.P..

L’intimato Ministero dell’interno resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in due motivi.

1) Il primo motivo contesta “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5”, in quanto la Corte d’appello avrebbe omesso “ogni contestazione nei confronti del ricorrente e al medesimo non è stato chiesto alcun chiarimento nè sono state approfondite le dichiarazioni del medesimo rese in sede di audizione davanti alla Commissione territoriale”, così non verificando la veridicità dei fatti e la corrispondenza tra quanto detto in sede di audizione e nel ricorso di primo grado.

Il motivo è inammissibile in quanto generico. Pare infatti che si contesti al giudice d’appello di essersi basato solo sulle dichiarazione rese in sede di Commissione e di non avere considerato il ricorso in primo grado, ma non si riporta il contenuto del ricorso e neppure il relativo motivo d’appello.

2) Il secondo motivo denuncia “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3”: la Corte d’appello, in relazione alla protezione umanitaria, riconosce che il ricorrente sta seguendo una riabilitazione psichiatrica e tale circostanza determina ex lege il riconoscimento della protezione umanitaria, in virtù della necessità di cure mediche.

Il motivo è inammissibile, in quanto considera solo una parte della ratio decidendi della decisione del giudice d’appello, che afferma che “non c’è evidenza che per le sue patologie non esistano terapie adeguate nel suo paese di provenienza e che la documentazione medica prodotta dimostra solo che (il ricorrente) sta seguendo una riabilitazione psichiatrica”. D’altro canto, il rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, secondo la Corte Europea di Giustizia (sentenza del 24 aprile 2018 nella causa C353/2016) richiede l’accertamento della gravità della patologia, la necessità e urgenza delle cure nonchè la presenza di gravi carenze del sistema sanitario del paese di provenienza (v. al riguardo Cass. 1711872020), presupposti che, invece, non sono stati ritenuti sussistenti nel presente giudizio.

II. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Nessuna statuizione deve essere adottata sulle spese, in quanto il controricorso del Ministero è aspecifico (non è neppure chiaramente riferibile alla vicenda in esame) e dunque non presenta i requisiti minimi di cui all’art. 370 c.p.c..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2021

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