Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15112 del 31/05/2021

Cassazione civile sez. II, 31/05/2021, (ud. 13/07/2020, dep. 31/05/2021), n.15112

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26404/2019 proposto da:

A.H., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ERITREA n. 20,

presso lo studio dell’avvocato GIORGIO GIUTTARI, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZ. DI BRESCIA;

– intimata –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA depositato il 30/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/07/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente, cittadino del Pakistan, interponeva ricorso avverso il provvedimento della Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Brescia con il quale gli era stato negato l’accesso alla protezione internazionale e umanitaria.

Con il decreto impugnato il Tribunale di Brescia rigettava il ricorso.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione A.H. affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. A) e c), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè il Tribunale avrebbe erroneamente denegato la protezione sussidiaria. Ad avviso del ricorrente, infatti, il racconto presentava tutti gli elementi per poter accedere a detta forma di tutela.

La censura è inammissibile.

Il ricorrente ha riferito di aver lasciato il Pakistan nel 2016 perchè la sua vita era in pericolo, a seguito di minacce ricevute da C.A.R., leader del partito politico (OMISSIS). Ha specificato che dette minacce erano legate al fatto che il ricorrente aveva denunciato, insieme ad altre persone, un attentato avvenuto nel pomeriggio del (OMISSIS), per istigazione del predetto C., in occasione del quale un manifestante era deceduto ed altri tredici erano rimasti feriti. Il ricorrente ha riferito di aver ricevuto, nei mesi successivi all’attentato e alla denuncia, telefonate ed avvisi, da parte del C. e di suoi emissari, con la richiesta di ritrattare la sua testimonianza. Ha poi raccontato che, nel 2016, mentre si trovava al lavoro nei campi con suo fratello, il C. si era presentato insieme ad altri cinque uomini ed il gruppo aveva ucciso il suo congiunto. Il ricorrente, nascostosi nella vegetazione, era riuscito a sfuggire all’agguato, si era recato presso la polizia a sporgere denuncia ed aveva subito altre minacce, in seguito alle quali aveva deciso di espatriare.

Il Tribunale ha ritenuto non credibile il racconto sulla base di diversi argomenti logici. In primo luogo, perchè le fonti consultabili non indicavano alcun attentato occorso il (OMISSIS) nella regione di provenienza del ricorrente. In secondo luogo, perchè era improbabile che la testimonianza decisiva fosse quella del richiedente, contadino e scarsamente istruito, visto che – secondo il racconto dell’ A. – l’attentato aveva interessato numerose persone ed era stato perpetrato in occasione di una festività religiosa. In terzo luogo, perchè tra l’attentato del (OMISSIS) e l’uccisione al fratello dell’ A., avvenuta nel (OMISSIS), erano corsi diversi anni, e nel frattempo vi era stato un accordo tra i genitori della vittima del (OMISSIS) ed il C.. In quarto luogo, perchè il richiedente aveva riferito, correggendo peraltro la sua originaria versione, di trovarsi a circa 2 km. dal fratello, per cui non poteva aver udito le parole che gli assassini avevano pronunciato al suo congiunto; nè appariva credibile che quelle parole gliele avesse potute riferire il padre, che – sempre secondo il racconto dell’ A. – sarebbe stato invece vicino al fratello ucciso, poichè non si spiegherebbe nè il fatto che il genitore avesse assistito impotente all’omicidio del figlio, nè che gli assalitori lo avessero lasciato in vita, trattandosi di testimone oculare di un delitto. Infine, non sarebbe credibile la minaccia subita dal richiedente dopo l’omicidio del fratello, perchè ormai incongrua, visto che egli aveva già testimoniato nel processo, che si era comunque concluso con l’assoluzione del C..

Il ricorrente attinge solo in parte questa articolata motivazione resa dal giudice di merito, affermando:

– che l’attentato del (OMISSIS) non avrebbe avuto una matrice terroristica e non sarebbe stato particolarmente grave, e per questo non risulterebbe dalle fonti internazionali;

– che il fatto che il solo richiedente avesse scelto di testimoniare contro il C. sarebbe stato credibile, poichè egli, pur essendo un semplice contadino, è un profondo conoscitore del corano e quindi è rispettato in ambito religioso;

– che il fatto che tra l’attentato del (OMISSIS) e i fatti del (OMISSIS) fosse passato molto tempo non sarebbe rilevante poichè il ricorrente avrebbe nel frattempo subito intimidazioni, allo scopo di indurlo a ritrattare la sua testimonianza;

– che la presenza del padre all’omicidio del fratello del ricorrente non sarebbe di per sè circostanza atta ad inficiare la veridicità del racconto;

– che la minaccia rivolta all’ A. dopo l’assassinio del fratello si spiegherebbe con l’intenzione del C. di intimidire l’intero villaggio e di evitare che altri potessero denunciarlo come aveva fatto il ricorrente;

– che, infine, il Tribunale avrebbe dovuto considerare la forte componente emotiva in cui si trovava il richiedente quando aveva fornito i dettagli della sua storia.

In realtà, nessuno degli argomenti allegati dal ricorrente supera l’articolata motivazione del giudice di merito, che perviene ad una valutazione di non credibilità della storia sulla base di un procedimento logico coerente, fondato sugli elementi di fatto riferiti dal richiedente e sulle numerose contraddizioni ed illogicità riscontrabili nel racconto. Tale motivazione, certamente superiore al minimo legale (Cass. Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830), non è complessivamente scalfita dalla censura in esame, poichè il ricorrente contesta le diverse affermazioni del giudice di merito, considerandole soltanto nella loro individualità, senza quindi cogliere – nè tanto meno censurare- il nesso che il predetto giudice ha evidentemente riscontrato tra le varie incoerenze. In altri termini, la doglianza si risolve in una lettura alternativa a quella fatta propria dal Tribunale, e dunque appare finalizzata ad ottenere una nuova valutazione dei fatti, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U., Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32,D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e art. 8 della Convenzione EDU, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè il Tribunale avrebbe erroneamente denegato anche il riconoscimento della protezione umanitaria, nonostante i problemi di salute documentati e l’integrazione conseguita in Italia.

La censura è inammissibile.

Il giudice brianzolo ha affermato che il richiedente “… gode di buona salute non risultando dalla documentazione in atti nessuna particolare patologia o problematica di salute” (cfr. pag. 7 del decreto). Il ricorrente sostiene, a contrario, di essere affetto da diabete mellito e tubercolosi, ma dichiara espressamente che dette patologie risulterebbero “… in base alla documentazione sanitaria intervenuta fra l’udienza collegiale e la pronuncia del Tribunale e relativa notifica, che si produce” (cfr. pag. 7 del ricorso). Poichè il ricorrente non deduce di aver depositato detti documenti, ancorchè formatisi dopo l’udienza collegiale, nel fascicolo del giudizio di merito, essi non possono essere tenuti in alcuna considerazione, non essendo ammissibile la loro produzione in cassazione, in base ai limiti posti dall’art. 372 c.p.c..

Per quanto invece attiene alla valutazione sull’integrazione conseguita dal richiedente in Italia, il giudice di merito ha ritenuto che “… il fattivo inserimento nel contesto sociale del nostro Paese, nei mesi compresi tra la richiesta di protezione internazionale ed il suo rigetto, non può essere elemento da solo idoneo a giustificare il diritto al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, non delineando di per sè stesso, nè una situazione di vulnerabilità, nè la necessità di tutela di diritti umani fondamentali” (cfr. ultima pagina del decreto). Inoltre, ha valorizzato la duplice circostanza che l’ A. abbia ancora in Patria parenti e conoscenti e che non sia in atto, nè in Pakistan nè – in particolare – nel Punjab, una situazione di emergenza umanitaria.

Tale statuizione non è adeguatamene attinta dal motivo in esame, con cui il ricorrente invoca una inammissibile revisione della valutazione di fatto operata dal giudice lombardo, peraltro richiamando una pronuncia del Tribunale di Firenze (sentenza n. 1346 del 2019) evidentemente riferita a diverso giudizio e ad altre parti, e quindi non idonea a spiegare alcuna efficacia nell’ambito del presente ricorso.

Con il terzo ed ultimo motivo il ricorrente invoca la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè il Tribunale brianzolo avrebbe utilizzato, per ricostruire la situazione di fatto esistente in Pakistan, delle country of origin information (C.O.I.) non preventivamente sottoposte al contraddittorio tra le parti.

La censura è in parte inammissibile ed in parte infondata.

In particolare, è inammissibile nella parte in cui l’ A. si limita a contestare l’uso, da parte de Tribunale, di C.O.I. asseritamente non sottoposte a preventivo contraddittorio, senza tuttavia aver cura di specificare quali diverse C.O.I. egli avesse indicato nel proprio ricorso o nei propri scritti difensivi depositati nel giudizio di merito. Perchè si possa invocare la violazione del diritto al contraddittorio, infatti, occorre che si configuri una decisione “a sorpresa”, e quindi che il ricorrente dimostri di aver sottoposto a contraddittorio alcune fonti e che esse sono state ignorate dal giudice di merito, il quale ha pronunciato sulla base di elementi informativi diversi, non preventivamente sottoposti al contraddittorio tra le parti (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 29056 del 11/11/2019, Rv. 655634).

Nulla di tutto questo emerge dalla censura in esame, che quindi va ritenuta, sul punto, inammissibile per difetto di specificità.

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 13 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA