Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15108 del 22/06/2010

Cassazione civile sez. II, 22/06/2010, (ud. 26/02/2010, dep. 22/06/2010), n.15108

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI REGGIO EMILIA in persona del Sindaco pro-tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 46, presso il

dott. GREZ GIAN MARCO dello studio GREZ E ASSOCIATI SRL,

rappresentato e difeso dall’avvocato GNONI SANTO, giusta

deliberazione della Giunta Municipale n. PG 9664 del 29.5.2006, e

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.R.;

intimato –

avverso la sentenza n. 594/2006 del GIUDICE DI PACE di REGGIO EMILIA,

depositata l’11/03/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato F. Bucullato che si riporta agli

scritti.

E’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO

IANNELLI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il giudice di pace di Reggio Emilia con sentenza del 1^ marzo 2006 accoglieva l’opposizione proposta da M.R. avverso il comune di Reggio Emilia/Comando Polizia Municipale, per l’annullamento del verbale di contestazione n. (OMISSIS) del (OMISSIS), relativo a violazione dell’art. 141 C.d.S.. Rilevava che l’addebito mosso all’opponente – non aver regolato la velocità in prossimità di una intersezione – non era stato adeguatamente dimostrato, giacchè il M. non era stato coinvolto in alcun sinistro e il giudizio valutativo degli agenti non godeva di fede privilegiata.

Il comune di Reggio Emilia ha proposto ricorso per Cassazione, notificato il 16 aprile 2007; l’opponente è rimasto intimato.

Avviata la trattazione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio, il procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso perchè manifestamente infondato. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Il primo motivo di ricorso denuncia in rubrica “violazione e falsa applicazione di norme di diritto” e nello svolgimento si riferisce all’art. 2700 c.c.; il ricorrente sostiene che il verbale formato dai vigili urbani avrebbe efficacia probatoria privilegiata, anche nel caso di specie, perchè i fatti rilevati dagli agenti accertatori sarebbero “oggettivi e privi di qualsiasi apprezzamento personale”, perchè i verbalizzanti avrebbero attestato il transito dell’automobilista ad una velocità non commisurata alle condizioni oggettive della strada, la quale presentava varie intersezioni, passi carrai e traffico. A fronte di tale verbalizzazione, il trasgressore avrebbe dovuto proporre querela di falso per togliere valore di prova all’atto amministrativo.

Con il secondo motivo, che lamenta vizi di motivazione, il ricorso deduce l’irrilevanza della circostanza che non si siano verificati sinistri stradali e l’illogicità della tesi secondo cui la valutazione dei vigili sarebbe stata meramente discrezionale. Il ricorso è manifestamente infondato. A mente dell’art. 2700 c.c., “L’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonchè delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”. La norma fa dunque riferimento ai fatti verificatisi in presenza del pubblico ufficiale. Le Sezioni Unite di questa Corte di recente (SU 17355/09) hanno affermato che nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione relativo al pagamento di una sanzione amministrativa è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale.

Ricadono in tale disciplina accadimenti e circostanze (da descrivere con indicazione delle particolari condizioni soggettive ed oggettive dell’accertamento, ricordano le Sezioni Unite) avvenuti alla presenza del pubblico ufficiale, quali il passaggio di un’autovettura con semaforo rosso o l’uso della cintura di sicurezza o il puntamento di apparecchiatura elettronica per il calcolo della velocità di un veicolo, indipendentemente dalla condizione dinamica o di stasi dell’autore del fatto e del mezzo usato. Nel caso di specie, il giudice di merito non ha violato tali principi. Ciò che è avvenuto alla presenza del pubblico ufficiale e che poteva essere attestato con fede privilegiata è solo il transito del veicolo in movimento in quella strada.

Secondo l’art. 141 C.d.S., la pericolosità della condotta di guida deve essere desunta dalle caratteristiche e dalle condizioni della strada e del traffico e da ogni altra circostanza di qualsiasi natura. Essa di per sè non costituisce, come bene ha colto il giudicante, un fatto storico, che possa essere attestato, ma è il portato di un giudizio, di una valutazione sintetica, che è desunta dagli elementi indicati dal legislatore. Il giudizio di pericolosità implica un’attività di elaborazione da parte dell’agente accertatore, il quale deve rilevare i fatti che stanno avvenendo (condizione del veicolo, della strada, del traffico) e sottoporli a critica, per desumerne la valutazione di congruità ai criteri di buona condotta di guida o, appunto, di pericolosità.

Ne consegue che detta valutazione è priva di efficacia probatoria privilegiata e che il giudice di pace ha correttamente interpretato l’art. 2700 c.c..

Del tutto priva di fondamento è poi la censura alla motivazione addotta dal giudice di primo grado, il quale ha rilevato non solo che la pericolosità di guida non era risultata, come solitamente avviene quando non si sia in presenza di un eccesso di velocità, dal verificarsi di un sinistro, ma anche che il verbale era sguarnito di elementi utili a supportare la valutazione data dagli agenti. La sentenza riferisce che dal verbale non emergeva “nessun elemento specifico e obbiettivo risultante dagli accertamenti” e aggiunge esemplificativamente, con indubbia efficacia espositiva, che tali elementi potevano consistere in tracce di frenata o dichiarazioni testimoniali. Conclude ineccepibilmente che non sussiste la prova del fatto addebitato all’opponente. Trattasi di motivazione priva di vizi logici e pronunciata nel rispetto dei canoni di concisione di cui all’art. 132, offrendo tuttavia chiara nozione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso, cui non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite in mancanza di attività difensiva dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile tenuta, il 26 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2010

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