Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15107 del 19/06/2017

Cassazione civile, sez. VI, 19/06/2017, (ud. 22/02/2017, dep.19/06/2017),  n. 15107

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4856-2016 proposto da:

I.P., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO LUIGI

ANTONELLI, 10, presso lo studio dell’avvocato ANDREA COSTANZO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMILIANO MARINELLI, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATOP, che lo rapopresenta e difende

ope legis;

– controricorrente –

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/02/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Sciacca che aveva rigettato la domanda proposta da I.P. volta ad ottenere la condanna del Ministero della salute al pagamento dell’indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992 per la epatopatia cronica HCV correlata, asseritamente contratta a seguito di emotrasfusioni effettuate nel mese di (OMISSIS) presso gli Ospedali di (OMISSIS), condividendo la consulenza tecnica di primo grado secondo la quale non era stata raggiunta la prova del nesso di causalità tra le emotrasfusioni ricevute e l’infezione manifestata.

2. La sentenza viene censurata da I.P. sulla base di due motivi.

2.1. Con il primo, si denuncia la violazione degli artt. 2697 e 2727 c.c. in relazione alla L. 4 maggio 1990, n. 107, art. 3, comma 4 e art. 5, comma 2, lett. t) e al D.M. 27 dicembre 1990, nonchè del D.M. 15 gennaio 1991, modificato dal D.M. 26 gennaio 2001. Il ricorrente richiama il precedente di questa Corte a Sezioni Unite n. 532 del 2008 e lamenta che la Corte territoriale non abbia valorizzato la prova presuntiva risultante dalla mancata produzione della documentazione idonea a consentire la tracciabilità delle sacche di sangue utilizzate per le trasfusioni, unitamente al fatto che le analisi cliniche avevano manifestato l’insorgenza dell’epatite acuta colestatica dopo cinque cicli di terapia antitumorale. Sostiene che le dichiarazioni rese dai dirigenti di medicina dell’ospedale di (OMISSIS), secondo cui le sacche di sangue e le unità di globuli rossi a lui trasfuse erano state sottoposte con esito negativo ai tests per anticorpi anti-HCV e HCV- RNA, non sarebbero significative in quanto provenienti da soggetti operanti all’interno del Ministero convenuto.

2.1. Come secondo motivo, denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e lamenta che la Corte territoriale abbia ignorato il fatto – evidenziato nel ricorso in appello – secondo il quale la documentazione prodotta dall’ospedale di (OMISSIS) si riferiva ai soli tests Elisa per anticorpi anti-HCV e non ai tests HCV – NAT.

3. Il Ministero della Salute ha resistito con controricorso. Il ricorrente ha depositato anche memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

4. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. il ricorso è inammissibile in quanto, nella sostanza ed a prescindere dalla formulazione della rubrica, i motivi propongono una rivalutazione delle medesime circostanze fattuali che sono state esaminate dalla Corte di merito e mirano ad un riesame degli elementi istruttori acquisiti al processo, sicuramente estraneo alla natura del controllo di legittimità. E difatti, il ricorrente non adduce alcun fatto (principale o secondario) la cui valutazione sarebbe stata omessa, e la cui considerazione da parte del giudice avrebbe di per sè condotto ad un diverso (e a sè favorevole) giudizio (secondo le indicazioni fornite dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8053 del 2014).

2. La Corte territoriale infatti ha premesso che era stato ammesso dallo stesso appellante che i tests secondo la metodica Elisa erano stati effettuati ed avevano dato esito negativo, sicchè non vi erano valide ragioni per escludere la veridicità delle dichiarazioni rese dai dirigenti dell’ospedale di (OMISSIS), secondo cui le sacche di sangue erano state sottoposte alle ulteriori complete analisi con esito parimenti negativo; ha negato rilevanza al fatto che non fossero stati trasmessi anche i risultati di laboratorio dei detti tests perchè ciò non era idoneo a smentire la veridicità delle deposizioni assunte, considerato che peraltro tutti i donatori per le unità di sangue utilizzate erano stati sottoposti a controlli in occasione di ulteriori donazioni con risultati sempre negativi.

3. Nè è stato disatteso il principio affermato nell’arresto delle Sezioni Unite n. 582 del 2008 richiamato dal ricorrente, secondo il quale la prova del nesso causale, che grava sull’attore danneggiato, tra la specifica trasfusione ed il contagio da virus HCV può essere fornita anche con il ricorso alle presunzioni (art. 2729 c.c.), allorchè essa non possa essere data per non avere la struttura sanitaria predisposto, o in ogni caso prodotto, la documentazione obbligatoria sulla tracciabilità del sangue trasfuso al singolo paziente, considerato che nella valutazione complessiva delle risultanze di causa che attiene al giudizio di merito – nell’ambito delle quali sono da ricomprendersi la mancata acquisizione da parte del consulente tecnico del riscontro documentale circa la provenienza delle sacche di sangue, nonchè l’insorgenza della malattia a ridosso di cinque cicli di terapia antitumorale, valorizzate nel ricorso – la Corte ha ritenuto di assegnare prevalenza alle ulteriori risultanze fattuali sopra riferite.

4. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, non riferendosi nel ricorso per cassazione di avere assolto nel corso del giudizio di merito, nè ivi assolvendosi, l’onere autocertificativo previsto per l’esonero dall’art. 152 disp. att. c.p.c..

5. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, oltre spese prenotate a debito ed accessori di legge.

Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2017

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