Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15107 del 02/07/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 15107 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

sul ricorso 23121-2008 proposto da:
MARINELLI GIOVANNI C.F.MRNGVN24P68B320V, MARINELLI
ATTILIO, elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA B
CAIROLI 6, presso lo studio dell’avvocato GUIDO ALPA,
rappresentati e difesi dall’avvocato PERFETTI UBALDO;
– ricorrenti contro

CRISTALLINI CARLA, CRISTALLINI PAOLO, CRISTALLINI
ENRICO GIUSEPPE, CRISTALLINI CARLOTTA, CERQUETTI
BEATRICE, CERQUETTI RAFFAELLA, CERQUETTI FRANCESCO,
CERQUETTI NICOLA;

Data pubblicazione: 02/07/2014

- intimati –

avverso la sentenza n. 949/2007 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 30/07/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/05/2014 dal Consigliere Dott. FELICE

udito l’Avvocato Uttero Loretta con delega depositata
in udienza dell’Avv. Perfetti Ubaldo difensore dei
ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

T

MANNA;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I coniugi Amilcare Cristallini e Maria Carolina Egidi, proprietari di una
villa in Numana, agivano in nunciatoria nei confronti di Alberto Marinelli, il
quale, su terreno confinante di sua proprietà, aveva edificato un albergo a più

quanto illegittimamente costruito, domandavano il risarcimento del danno.
Il convenuto resisteva alla domanda e, all’esito del giudizio di primo
grado, il Tribunale di Ancona accoglieva entrambe le domande degli attori
con sentenza definitiva del 14.4.1995, pronunciata nei confronti del
Cristallini, anche quale unico erede di Maria Carolina Egidi, e di Giovanni ed
Affilio Marinelli e Georgina Maggi, eredi di Alberto Marinelli.
Tale decisione era ribaltata dalla Corte d’appello di Ancona che,
provvedendo sull’impugnazione principale degli eredi di Alberto Marinelli e
su quella incidentale del Cristallini, rigettava la domanda. Posto che il primo
piano della costruzione di proprietà Marinelli era stata eretta in aderenza al
seminterrato della villa del Cristallini, mentre i piani superiori della prima
erano distaccati sia dal confine sia e ancor di più dalla villa, la Corte
territoriale riteneva che la normativa antisismica, che imponeva una distanza
minima di sei metri per gli intervalli di isolamento fra gli edifici, non fosse
applicabile nella specie, trattandosi di costruzione in aderenza; che neppure
fosse applicabile ratione temporis, l’art. 17 della legge n. 765 167 e che la
distanza dei piani non aderenti era superiore ai limiti imposti dal codice civile.
Con sentenza n. 2731/02 questa Corte Suprema annullava la sentenza
d’appello, con rinvio alla Corte d’appello di Bologna. Ritenute inapplicabili in
zona sismica le disposizioni degli artt. 874, 876 e 884 c.c., era affermato il
3

piani in violazione delle norme sulle distanze legali. Oltre alla demolizione di

principio di diritto per cui nel caso di area intermedia tra due edifici non libera
da costruzioni fino ad una certa altezza, trova applicazione l’art. 6, quarto
comma della legge n. 1684/62, nella cui previsione devono includersi anche
gli intervalli fra parti sopraelevate di edifici, sia in base all’interpretazione

in base alla ratio della stessa, volta a scongiurare il pericolo di danni alle
persone in caso di crollo dei fabbricati per terremoto, pericolo ugualmente
sussistente negli intervalli di costruzioni che si sviluppano verso l’alto, anche
se tali intervalli non abbiano inizio dal suolo.
Riassunto il giudizio dagli eredi testamentari di Amilcare Cristallini nei
confronti di Giovanni ed Affilio Marinelli, anche quali eredi di Georgina
Maggi, la Corte d’appello di Bologna, quale giudice di rinvio, con sentenza n.
949/07 condannava gli eredi Marinelli ad arretrare il fabbricato di loro
proprietà a distanza non inferiore a metri 6 e rigettava la domanda accessoria
di risarcimento dei danni.
Riteneva, preliminarmente, la Corte territoriale che fosse infondata
l’eccezione di carenza di legittimazione attiva degli eredi di Amilcare
Cristallini, sollevata dagli eredi Marinelli in considerazione del fatto che il de
cuius aveva alienato la villa a terzi. Dopo aver correttamente riportato la
giurisprudenza di questa Corte in tema di accettazione tacita dell’eredità, ai
sensi dell’art. 476 c.c., la Corte bolognese osservava quanto segue: “Posto che
gli attori in riassunzione insistono nella domanda di risarcimento del danno
avanzata dal de cuius, domanda che certamente non ha formato oggetto di
successione inter vivos a seguito della vendita del 6.10.2000 alla soc. Ebla di
Doria Gianfranco & C., ne discende la prova della loro accettazione
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logica della norma (che non contiene eccezioni o limitazioni specifiche), sia

implicita dell’eredità. Diversamente, in questo caso sì, loro non ne sarebbero
legittimati. Una volta che risulta provata la loro qualità di eredi di Cristallini
Ami/care, consegue il rigetto dell’eccezione di carenza di legittimazione
attiva anche in relazione alla domanda principale, ai sensi dell’art. 111

Quindi osservava, nel merito, che per effetto della pronuncia di cassazione
non era più in discussione né l’inserimento del comune di Numana in zona
sismica, né il criterio di calcolo delle distanze, da effettuare in relazione al
piano seminterrato della villa di proprietà Cristallini. Pertanto, essendo
risultato, sulla base della c.t.u., che i primi tre livelli del fabbricato Marinelli
erano stati costruiti a distanza inferiore ai metri 6 prescritti dall’art. 6 della
legge n. 1684/1962, doveva accogliersi la domanda di rimessione in pristino,
non ostandovi la circostanza che l’immobile di parte attrice fosse stato
alienato a terzi.
Infine, la Corte bolognese riteneva che fosse inammissibile la domanda di
risarcimento del danno, in quanto mentre nel giudizio di primo grado il danno
era stato riconosciuto per la violazione dell’art. 17 della legge il. 765/67, in
sede di rinvio la pretesa si basava sulla diversa violazione della normativa
antisismica sulle distanze, e dunque in base ad un titolo diverso, sicché la
domanda era inammissibile ai sensi dell’art. 342 (345?: n.d.r.) c.p.c.
Osservava che, ad ogni modo, tale domanda era anche infondata.
Per la cassazione di detta sentenza Giovanni e Attilio Marinelli
propongono ricorso, affidato a dieci motivi.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
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c.p. c.”.

1. – Il primo motivo denuncia l’omessa motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, in relazione al n. 5 dell’art. 360 c.p.c.
Premesso che la villa di parte attrice è stata alienata nel corso del giudizio di
cassazione e che, quindi, essa non faceva più parte dell’asse ereditario al

territoriale, sostiene parte ricorrente, ha ricavato la prova dell’accettazione
tacita dell’eredità dal fatto che gli odierni intimati (che avevano riassunto il
giudizio innanzi al giudice di rinvio) hanno azionato un diritto — quello al
risarcimento del danno — da ritenersi facente parte dell’asse ereditario in
quanto “certamente” escluso dalla medesima vicenda circolatoria avente ad
oggetto l’immobile. Ma così ragionando, prosegue parte ricorrente, la Corte
distrettuale ha omesso di indicare (e quindi di motivare su)gli elementi di fatto
e di diritto in virtù dei quali sia pervenuta ad escludere con certezza che
assieme all’immobile sia stato ceduto anche il diritto al risarcimento del
danno, posto che il carattere reale dell’azione di rimessione in pristino e
quello personale dell’azione di risarcimento dal danno non impediscono che
ambedue le situazioni giuridiche circolino insieme.
Il motivo propone la seguente sintesi in base all’art. 366-bis c.p.c.,
applicabile ratione temporis: “Il fatto controverso in relazione al quale la
motivazione si assume omessa è se il diritto al risarcimento del danno da
violazione delle distanze legali sia stato oggetto, nel caso di specie, della
medesima vicenda circolatoria che ha avuto ad oggetto il diritto dominicale
relativo al bene immobile inciso negativamente dalla violazione delle
distanze, venduto il 6.10.2000 da Cristallini Amilcare alla società Ebla di
Doria Gianfranco & C. e se, pertanto, la titolarità di tale diritto di stampo
6

momento della riassunzione del giudizio innanzi al giudice di rinvio, la Corte

risarcitorio sia trasmigrata in capo al terzo acquirente assieme al diritto
dominicale, in quest’ultimo caso non potendo annoverarsi tra i beni dell’asse
ereditario e non potendo il suo esercizio costituire espressione di accettazione
tacita dell’eredità”.

dell’insufficienza motivazionale.
3. – Il terzo motivo, corredato come i successivi da quesito di diritto ex art.
366-bis c.p.c., espone la violazione dell’art. 1322, 1° e 2° comma c.c., in
relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c. Se la Corte territoriale, si sostiene, ha
inteso affermare che il diritto al risarcimento del danno non ha formato
oggetto di successione inter vivos, a seguito della vendita del 6.10.2000,
perché una tale successione sarebbe giuridicamente non configurabile, la
sentenza impugnata sarebbe errata perché non ricorre alcun divieto di
cessione di un tale credito, cessione che pertanto può essere disposta in virtù
di un atto di autonomia privata.
4. – Il quarto motivo deduce la violazione dell’art. 1362, 1° comma c.c., in
relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c. Sostiene parte ricorrente che l’espressione
contenuta nell’atto di trasferimento anzi detto, per cui la vendita è effettuata
“(…) nulla escluso o riservato, nello stato di fatto in cui detti immobili oggi si
trovano”, sarebbe così chiara nell’esprimere la volontà delle parti di dar vita
ad una vicenda eircolatoria unitaria comprendente sia la proprietà del bene,
sia il diritto al risarcimento del danno, che la Corte territoriale
nell’interpretare l’atto sarebbe incorsa nella violazione del principio per cui in
claris non fit interpretatio.

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2. – Il secondo motivo propone la medesima censura, ma sotto il profilo

5. – La medesima censura è riprodotta nel quinto motivo, ma per l’ipotesi
di un’interpretazione non chiara del contratto, nel senso che in tal caso la
violazione dell’art. 1322, 1° comma c.c. deriverebbe dal non aver il giudice di
rinvio, utilizzando il predetto parametro normativo, ricostruito la volontà delle

comprendente anche il diritto al risarcimento del danno.
6. – Il sesto mezzo denuncia la violazione dell’art. 476 c.c., in relazione al
n. 3 dell’art. 360 c.p.c.
L’esercizio, in sede di riassunzione del giudizio innanzi al giudice di
rinvio, del diritto al risarcimento del danno non poteva configurarsi, si
afferma nel motivo, quale forma di accettazione tacita dell’eredità, perché tale
diritto non era caduto in successione, essendo stato trasferito a terzi. Di
conseguenza la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere legittimati alla
domanda gli attori in riassunzione.
7. – Il settimo motivo denuncia l’omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112
c.p.c. e in relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c., sull’eccezione sollevata dagli
odierni ricorrenti, i quali avevano sostenuto che l’art. 6 legge n. 1684/62 non
era applicabile alla fattispecie in quanto le costruzioni frontistanti non erano
ubicate in un’area di nuova espansione urbanistica, ma in centro abitato, per il
quale la disciplina applicabile è quella dell’art. 17 stessa legge.
8. – L’ottavo motivo deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 394
c.p.c., in relazione al n. 3 (rectius, 4) c.p.c., in quanto — si sostiene — la Corte
d’appello avrebbe dovuto accertare, ai fini dell’applicazione delle norme sulle
distanze di cui agli artt. 873 e ss. c.c., se la costruzione Marinelli era stata

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parti come diretta a dar vita ad una vicenda circolatoria unitaria,

eretta in centro abitato, tale fatto non essendo precluso dalla natura chiusa del
giudizio di rinvio.
9. – Col nono motivo si denuncia, ancora, la violazione o falsa applicazione
dell’art. 394 c.p.c., per non aver la Corte bolognese ritenuto accoglibile, data

affinché accertasse se e per quali misure i due edifici potessero considerarsi
frontistanti, e come dovesse determinarsi il locus a quo della misurazione
delle distanze, rispetto ad ogni punto della facciata dell’edificio Marinelli e
non solo, invece, come effettuato dal c.t.u. precedentemente nominato, a
partire dai vertici degli spigoli della facciata ridetta.
10. – Infine, con il decimo motivo parte ricorrente lamenta, sotto il
medesimo profilo del nono mezzo, la contraddittoria o, in subordine, omessa
motivazione, sul fatto che l’immobile Marinelli fosse in tutto o soltanto in
parte frontista rispetto a quello Cristallini, sempre ai fini del calcolo della
distanza.
11. – I primi sei motivi, da esaminare insieme per la comune inerenza ad
una medesima questione, dedotta secondo prospettazioni ognuna delle quali
subordinata alla precedente, sono infondati, anche se per ragioni che
impongono una parziale correzione, ex art. 384, ultimo comma c.p.c., della
sentenza impugnata.
11.1. – Detti motivi esprimono un’unica doglianza articolata in una duplice
proposizione. Si sostiene, da un lato, che il diritto controverso
(all’arretramento del fabbricato e) al risarcimento del danno sarebbe stato
trasferito a terzi insieme con la proprietà dell’immobile degli attori, in virtù di
una vicenda circolatoria costituente effetto naturale o accidentale del
9

la natura del giudizio di rinvio, la richiesta di nomina di un nuovo c.t.u.

medesimo atto traslativo; dall’altro, che la titolarità di tale diritto di credito
sarebbe trasmigrata in capo al terzo acquirente assieme al diritto dominicale,
con la conseguenza che non essendo il credito ricompreso nell’asse ereditario
al momento dell’apertura della successione, il relativo esercizio non potrebbe

11.2. – Entrambe le proposizioni anzi dette non hanno alcuna base
giuridica.
11.2.1. – Non la prima, e ciò per due ragioni.
In primo luogo, non esistono crediti ma solo obbligazioni propter rem, le
quali, per di più, sono assistite dal requisito di tipicità, con la conseguenza che
non possono essere liberamente costituite dall’autonomia privata (cfr. Cass. n.
8/97). Pertanto, parte ricorrente invoca un inesistente principio di
ambulatorietà del credito.
Sotto altro aspetto, va rilevato che il trasferimento inter vivos del diritto
controverso determina gli effetti dell’art. 111 c.p.c., per cui il processo
prosegue tra le parti originarie, non venendo meno la legitimatio ad causam
della parte cedente. Successivamente deceduta la quale, il rapporto
processuale non subisce alterazioni (ma solo eventuali vicende interruttive),
trasferendosi la legittimazione ad agire o a resistere in giudizio dal de cuius

agli eredi in base all’art. 110 c.p.c. E dalla giurisprudenza di questa Corte in
tema di litisconsorzio processuale di tutti gli eredi della parte deceduta, anche
quando manchi la successione nel diritto posto a fondamento della domanda
(cfr. Cass. nn. 8492/96, 874/91 e 2931/84), si ricava, altresì, che è irrilevante
il fatto che quel diritto controverso non fosse più nel patrimonio del de cuius
al momento dell’apertura della successione.
10

costituire accettazione tacita dell’eredità ai sensi dell’art. 476 c.c.

Il che sottrae rilievo, altresì, ad ogni questione circa l’interpretazione
dell’atto di vendita del 6.10.2000, questione di cui va comunque rimarcata
l’inammissibi1i0_ in quanto nuova (nel giudizio di rinvio Giovanni e Attilio
Marinelli avevano sì eccepito la carenza di legittimazione attiva degli eredi di

avevano provato di aver accettato l’eredità e perché l’immobile era stato
venduto dal de cuius in vita, sicché, secondo gli odierni ricorrenti, “la relativa
posizione non era stata trasmessa in via ereditaria”: così si legge a pag. 5 del
ricorso per cassazione).
11.2.2. – Ugualmente destituita di pregio la tesi per cui nella specie non si
configurerebbe un’accettazione tacita dell’eredità Cristallini, per non essere
ricompreso il credito risarcitorio controverso nell’asse ereditario.
In disparte quanto già detto per escludere la fondatezza della premessa
dell’avvenuto trasferimento del credito risarcitorio per effetto Jella vendita
dell’immobile già di proprietà Cristallini, va osservato che ai sensi dell’art.
476 c.c. l’accettazione tacita richiede il compimento di un atto che
presupponga necessariamente la volontà di accettare e che non si avrebbe il
diritto di porre in essere se non nella qualità di erede.
La giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che l’una e l’altra
condizione ricorrono nel caso del chiamato all’eredità che si costituisca in
giudizio in luogo del de cuius.
Si vedano al riguardo la n. 8529/13, relativa all’ipotesi dell’intervento in
causa del chiamato all’eredità nella dichiarata qualità di erede legittimo del de
cuius; n. 14081/05, che qualifica come accettazione tacita dell’eredità la
riassunzione del giudizio, a seguito di cassazione con rinvio, effettuata dal
11

Amilcare Cristallini e di Maria Carolina Egidi, ma solo perché questi non

figlio della parte deceduta che dimostri la propria relazione familiare; n.
12780/03, secondo la quale in caso di decesso della parte costituita in
giudizio, la costituzione volontaria, per la prosecuzione dello stesso, da parte
della vedova, in assenza di spendita della qualità di erede, può costituire, in

accettazione tacita dell’eredità ai sensi degli artt. 474 e 476 c.c., rilevante ai
fini della prosecuzione del giudizio ex art. 299 c.p.c.; n. 13384/07, per cui
l’accettazione tacita di eredità, ex art. 476 c.c., ben può essere desunta dalla
partecipazione del chiamato all’eredita, sia pure in contumacia, a due giudizi
di merito concernenti beni del de cuius; n. 21288/11, la quale ha affermato
che la parte che abbia un titolo legale che le conferisca il diritto di successione
ereditaria — come la vedova del de cuius, che è erede legittima e legittimaria —
non è tenuta a dimostrare di avere accettato l’eredità, qualora proponga in
giudizio domande che di per sé manifestino la volontà di accettare, qual è la
domanda diretta a ricostituire l’integrità del patrimonio ereditario; n.
16002/08, per cui non sussiste il difetto di legittimazione attiva del figlio che
fa valere giudizialmente un credito del genitore defunto per il solo fatto che
egli non se ne affermi anche erede, in quanto il chiamato all’eredità, qual é
necessariamente il figlio del defunto ai sensi dell’art. 536 c.c. , agendo
giudizialmente nei confronti del debitore del de cuius per il pagamento di
quanto dichiaratamente al medesimo dovuto, compie un atto che, nella
consapevolezza della delazione dell’eredità, presuppone necessariamente la
sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità
di erede, così realizzando il paradigma normativo dell’accettazione tacita
dell’eredità di cui all’art. 476 c.c.
12

relazione all’oggetto del giudizio, e alle altre circostanze processuali,

Inerendo, sotto il profilo processuale, l’accettazione dell’eredità alla
legitimatio ad causam, è del tutto irrilevante accertare se la posizione attiva o
passiva concernente il diritto controverso sia ricaduta o meno nell’asse
ereditario, perché, secondo la consolidata ed ultracinquantennale

dalla coincidenza, dal lato attivo, tra il soggetto che propone la domanda ed il
soggetto che nella domanda stessa è affermato titolare del diritto e, da quello
passivo, tra il soggetto contro il quale la domanda è proposta e quello che
nella domanda è affermato soggetto passivo del diritto o comunque violatore
di quel diritto, mentre l’accertamento dell’effettiva titolarità del rapporto
controverso, così dal lato attivo come da quello passivo, attiene al merito della
causa, investendo i concreti requisiti d’accoglibilità della domanda e, quindi,
la sua fondatezza (cfr. per tutte, Cass. n. 6132/08 in tema di ricorso per
cassazione proposto da soggetto dichiaratosi erede della parte deceduta).
Pertanto, poiché nell’asse ereditario rientrano in universum ius tutte le
situa7ioni giuridiche attive e passive facenti capo al de cuius al momento
dell’apertura della successione, incluso il diritto di agire o di contraddire in
giudizio, il soggetto che nel riassumere la causa innanzi al giudice di rinvio si
dichiari erede di una delle parti, in base ad una delazione ereditaria
coerentemente dedotta, pone in essere un atto di accettazione tacita
dell’eredità ai sensi dell’art. 476 c.c., in quanto esercita un diritto d’azione che
solo la qualità di erede gli consente di esercitare, mentre è del tutto irrilevante
ai fini della successione nel processo l’effettiva titolarità della res controversa
in senso sostanziale.
12. – Il settimo motivo è manifestamente infondato.
13

giurisprudenza di questa S.C., la legittimazione ad agire e contraddire è data

Infatti, il mancato esame da parte del giudice, sollecitatone dalla parte, di
una questione puramente processuale non può dar luogo al vizio
di omessa pronunzia, il quale è configurabile con riferimento alle
sole domande di merito, e non può assurgere quindi a causa autonoma di

derivata) della decisione, per la violazione di norme diverse dall’art. 112
c.p.c., in quanto sia errata la soluzione implicitamente data dal giudice alla
questione sollevata dalla parte (giurisprudenza costante di questa Corte: cfr.
Cass. nn. 7406/14, 11844/06, 13649/05, 14670/01 e 5482/97).
13. – Anche l’ottavo mezzo non ha pregio.
La sentenza di cassazione vincola il giudice di rinvio non solo in ordine al
principio di diritto affermato, ma anche in ordine alle questioni di fatto
costituenti presupposto necessario ed inderogabile della pronuncia, giacché il
riesame di esse tenderebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della
pronuncia della Cassazione, la quale, ordinando il rinvio, fissa il principio di
diritto non in via meramente astratta, ma agli effetti della concreta decisione
della lite (Cass. n. 11650/02). Ne deriva che allorquando una sentenza della
Corte di Cassazione abbia fissato, ai sensi dell’art. 384 primo comma c.p.c., i
criteri che devono informare la risoluzione della controversia, tutte le
questioni in proposito precedentemente dedotte devono intendersi
implicitamente – decise, quale presupposto necessario, logicamente
inderogabile, della pronuncia espressa in diritto, con la conseguenza che la
sentenza che dispone il rinvio vincola il giudice al quale la causa è rinviata,
non solo ai principi di diritto affermati, ma anche in relazione ai necessari
presupposti di fatto da ritenersi accertati in via definitiva nella precorsa fase di
14

nullità della sentenza, potendo profilarsi al riguardo una nullità (propria o

merito, quali premesse logico-giuridiche della pronuncia di annullamento
(Cass. n. 7279/00). Pertanto, il giudice del rinvio deve uniformarsi al principio
di diritto indicato (art. 383 c.p.c.), e, nell’applicarlo, deve attenersi agli
accertamenti di fatto già compiuti nell’ambito della sua enunciazione, con

avrebbero potuto essere prospettate o rilevate d’ufficio dalla Cassazione,
senza che le parti possano assumere conclusioni diverse da quelle assunte nel
giudizio in cui fu pronunziata la sentenza poi cassata (Cass. n. 5137/04).
13.1. – Nello specifico, pertanto, è preclusa nel giudizio di rinvio ogni
questione di fatto la cui indagine sia finalizzata a porre in discussione
l’applicabilità alla fattispecie delle distanze di cui all’art. 6 della legge n.
1684/62, stabilita dalla sentenza n. 2731/02 emessa da questa Corte, restando
esclusa per la natura c.d. chiusa del giudizio ex art. 394 c.p.c. l’ipotetica
applicabilità delle minori distanze di cui all’art. 873 c.c. E ciò
indipendentemente dal fatto che in detta sentenza non vi sia stata un’espressa
affermazione sulla localizzazione della costruzione Marinelli in centro abitato
o in zona d’espansione, poiché, per i superiori principi di diritto, eccedono
l’ambito del giudizio di rinvio anche le questioni che avrebbero potuto essere
prospettate o rilevate d’ufficio dalla stessa Corte Cassazione con la sentenza
d’annullamento con rinvio.
14. – Considerazioni del tutto analoghe a quelle appena svolte valgono a
confutare anche il nono ed il decimo motivo, essendo preclusa in base ad esse
anche l’ulteriore questione inerente alla posizione dei fabbricati di rispettiva
proprietà delle parti, se cioè essi siano o non fi-ontistanti.

15

esclusione dei fatti meramente ipotetici, ma comprese le questioni che

In particolare, la sentenza di cassazione n. 2731/02 di questa Corte a pag.
12 afferma che i due edifici in questione “… costituiscono pur sempre
costruzioni contrapposte costituite da autonomi organismi statici (…) e che,
secondo le prescrizioni di cui all’art. 9 della citata legge 1684/1962, devono

fabbrica in aderenza nelle zone sismiche”. Ancora, di costruzioni contrapposte
si parla a pag. 13. lì dove è detto che “… la misurazione della distanza tra i
muri frontali delle contrapposte opere edilizie deve essere effettuata con
riferimento al muro frontale del piano seminterrato dell’autonomo corpo di
fabbrica rappresentato dal piano seminterrato della villa Cristallini e non alla
parte rimanente di tale villa costruita a distanza superiore ai sei metri dal
fabbricato Marinelli”.
Se ne ricava che l’essere i due edifici tra di loro frontistanti, ai fini
dell’applicazione dell’art. 6 legge n. 1684/62, è circostanza di fatto
presupposta dalla predetta sentenza di questa Corte e come tale non è
modificabile né in sede di rinvio in questa nuova sede di legittimità.
Del tutto corretta, pertanto, deve ritenersi la sentenza impugnata, la quale,
sintetizzato a pag. 10 il principio di diritto formulato da questa Corte ai sensi
dell’art. 383 c.p.c. e il tema di fatto residuo, ha riscontrato la violazione delle
distanze calcolando gli spigoli del fabbricato Marinelli più vicini e quelli più
lontani rispetto al “muro frontale del piano seminterrato del Cristallini”, nel
senso che in tutti i casi, ad eccezione del livello 4, la distanza era inferiore a
sei metri, senza tener conto dei balconi e degli aggetti.
15. – In conclusione il ricorso va respinto.

16

essere separati da un giunto tecnico dovendo così essere eseguiti i corpi di

16. – Nulla per le spese, non avendo la parte intimata svolto attività
difensiva in questa sede.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.

della Corte Suprema di Cassazione, il 14.5.2014.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile

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