Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15105 del 17/07/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 15105 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

ORDINANZA
sul ricorso 18449-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA 97103880585, – società con socio unico -, in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione,
elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZA MAZZINI 27, presso lo
studio dell’avvocato SALVATORE TRIFIR0′, (Trifirò & Partners),
che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
MILORDO VINCENZO;
– intimato avverso la sentenza n. 223/2012 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA del 3/04/2012, depositata il 23/05/2012;

9.50q
)5 –

Data pubblicazione: 17/07/2015

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA
PAGETTA.
Fatto e diritto
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 9

seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis cod. proc. civ. : “La
Corte di appello di Venezia, in parziale riforma della decisione di
primo grado, confermata la illegittimità del termine apposto al
contratto inter partes avente decorrenza dal 15.6.2003, dato atto della
riammissione in servizio del lavoratore nell’anno 2007, ha condannato
la società Poste a corrispondere a controparte la indennità di cui all’art.
32 1. n. 183 del 2010 in misura pari a 2,5 mensilità della retribuzione
globale di fatto, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla
data di deposito del ricorso di primo grado; in relazione al periodo
successivo e fino alla riammissione in servizio del Milordo ha
condannato la società datrice di lavoro al pagamento delle mancate
retribuzioni, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalle
singole scadenze al saldo, con detrazione dell’ aliunde percqtum in
relazione ai rapporti di lavoro instaurati in questo secondo periodo,
come documentati in atti.

Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Poste Italiane
s.p.a. sulla base di quattro motivi. La parte intimata non ha svolto
attività difensiva.
Con il primo motivo la società ricorrente, deducendo violazione e falsa
applicazione dell’art. 1 d.1g-s n. 368 del 2001 anche in relazione all’art.
12 delle disposizioni sulla legge in generale, degli artt. 1362 e sgg., e
dell’art. 2697 cod. civ. , ha censurato la decisione per avere ritenuto
Ric. 2013 n. 18449 sez. ML
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ud. 09-04-2015

aprile 2015, ai .sensi dell’art. 375 cod. proc. civ r sulla base della

non provata la effettiva ricorrenza delle esigenze sostitutive alla base
delle assunzioni a termine ed in particolare l’effettivo impiego del
lavoratore a soddisfare dette esigenze.
Con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione
dell’art. 2967 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc civ., ha

l’onere di dimostrare il nesso causale tra le ragioni sostitutive indicate
nei contratti e le singole assunzioni
Con il terzo motivo, deducendo omessa motivazione circa un punto
decisivo della controversia prospettato dalle parti in relazione all’art.
1419 cod. civ., ha censurato la decisione per non avere argomentato
sulle deduzioni svolte da essa Poste in merito alla essenzialità della
clausola del termine, destinata a travolgere l’intero contratto, per
effetto dell’accertamento della illegittimità del termine.
Con il quarto motivo, deducendo violazione e falsa applicazione
dell’art. 32 1. n. 183 del 2010, ha censurato la decisione per avere
ritenuto l’indennità risarcitoria ex art. 32 1. n. 183 cit. destinata a
risarcire il solo periodo antecedente il deposito del ricorso di primo
grado e per avere, pertanto, condannato essa Poste al pagamento, a
titolo risarcitorio, delle retribuzioni perdute- detratto l’afiunde percotronper il periodo successivo.
11 primo ed il secondo motivo di ricorso, che in quanto connessi
possono essere esaminati congiuntamente, sono manifestamente
infondati
Il giudice di appello ha affermato che, anche a voler ritenere
sufficientemente specifiche le causali giustificative del termine apposto
ai primi due contratti, causali riferite a ragioni di carattere sostitutivo

correlate alla specifica esigenza stipulati di provvedere alla

sostituzione del personale inquadrato nell’area operativa e addetto al
Ric. 2013 n. 18449 sez. ML – ud. 09-04-2015
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censurato la decisione per avere ritenuto non assolto da essa società

servizio recapito presso la Regione Nord Est assente con diritto alla
conservazione del posto”, la effettiva sussistenza delle esigenze
sopraindicate era rimasta indimostrata all’esito della prova espletata.
Ha a tal fine richiamato le deposizioni dei testi Bianchi e Poli e ritenuto
che alla stregua delle stesse non era emersa la effettiva utilizzazione

contratti in oggetto.
Tanto premesso si rileva che le censure svolte con il primo motivo di
Ricorso non sono pertinenti alla effettive ragioni del decisum .
Invero tali censure investono il contenuto dei singoli contratti in
relazione ai quali deducono che la società Poste ha fornito tutti gli
elementi necessari per una concreta verifica della ragione di carattere
sostitutivo alla base dell’apposizione del termine, così come richiesto
dalla giurisprudenza di legittimità in tema di specificità della
indicazione della ragioni sostitutive ai sensi dell’art. 1 comma 2 d. lgs n.
368 del 2001. Il profilo della specificità delle indicazioni a base della
singola assunzione non è tuttavia in discussione in quanto la
statuizione di illegittimità del termine è stata fondata sul mancato
raggiungimento della prova — della quale era onerata la società Poste in ordine al ricorrere, in concreto, delle esigenze sostitutive
rappresentate in contratto.
Il profilo probatorio è investito dal secondo motivo di ricorso con il
quale, pur deducendosi formalmente una violazione di legge, si
denunzia in realtà il vizio di motivazione della sentenza impugnata
censurandosi la valutazione del materiale probatorio in punto di
accertamento della sussistenza delle ragioni sostitutive a base
dell’assunzione a termine. Il giudice di appello ha ritenuto che la prova
orale non aveva dimostrato l’effettiva utilizzazione del Milordo per far
fronte alle specifiche esigenze sostitutive rappresentate in contratto; in
Ric. 2013 n. 18449 sez. ML – ud. 09-04-2015
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del Milordo per la soddisfazione delle esigenze sostitutive indicate nei

particolare ha valorizzato la deposizione del teste Bianchi il quale aveva
riferito che il Milordo, oltre a sostituire personale assente per ferie e
quindi con diritto alla conservazione del posto (corrispondente alla
esigenza sostitutiva indicata in contratto) aveva altresì svolto mansioni
di portalettere in località prive di titolare; ha inoltre ritenuto che

circa) di lavoratori a termine giornalmente impiegati deponeva in senso
contrario agli assunti di Poste.
Parte ricorrente contrasta la interpretazione di tali testimonianze
contrapponendo una diversa lettura delle stesse alla stregua della quale
si evincerebbe la utilizzazione del lavoratore per le specifiche esigenze
indicate in contratto.
Il motivo è manifestamente infondato.
Secondo il costante insegnamento di questa Corte, infatti, la denuncia
del vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il
potere di riesaminare autonomamente il merito della intera vicenda
processuale sottoposta al suo vaglio bensì soltanto quello di
controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza
logico — formale, le argomentazioni svolte dal giudice di merito al
quale spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del
proprio convincimento, controllarne l’attendibilità e concludenza
nonché scegliere tra le complessive risultanze del processo quelle
ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse
sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi
di prova acquisiti , salvo i casi tassativamente previsti dalla legge ( tra le
altre, v. Cass. n. 18119 del 2008; n.5489 del 2007; n. 20455 del 2006; n.
20322 del 2005 ; n. 2537 del 2004). In conseguenza, il vizio di

motivazione deve emergere dall’esame del ragionamento svolto dal
giudice di merito quale risulta dalla sentenza impugnata e può ritenersi
Ric. 2013 n. 18449 sez. ML – ud. 09-04-2015
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l’affermazione del teste Poli in merito all’elevato numero (quaranta

sussistente solo quando, in quel ragionamento sia rinvenibile traccia
evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della
controversia prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero quando
esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente
adottate, tale da non consentire la identificazione del procedimento

mera divergenza tra valore e significato diversi che, agli stessi elementi
siano attribuiti dal ricorrente ed in genere dalle parti ( v., per tutte
Cass. S.U. n. 10345 del 1997). In altri termini, il controllo di logicità
del giudizio di fatto – consentito al giudice di legittimità — non equivale
alla revisione del” ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha
condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della
questione esaminata in quanto siffatta revisione si risolverebbe,
sostanzialmente in una nuova formulazione del giudizio di fatto
riservato al giudice del merito e risulterebbe affatto estranea alla
funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità.
In base ai principi sopra richiamati il motivo di ricorso risulta inidoneo
alla valida censura della decisione atteso che parte ricorrente si limita a
contrapporre all’accertamento operato in sentenza quello scaturente
dalla lettura delle risultanze di causa da essa propugnata senza dedurre,
prima ancora che dimostrare, specifiche lacune o incongruenze della
opzione decisoria che ha condotto il giudice di appello a ritenere non
assolto l’onere probatorio gravante su Poste.

Il

terzo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di

autosufficienza. Invero la questione relativa alle conseguenze della
nullità del termine, ove ritenuto essenziale dalle parti contrattuali,
nell’ambito della disciplina dettata dal d. 1gs n. 368 del 2001, sotto il
profilo della caducazione dell’intero contratto, ai sensi dell’art. 1418
cod. dv. non è stata in alcun modo affrontata nella sentenza
Ric. 2013 n. 18449 sez. MI – ud. 09-04-2015
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logico- giuridico posto a base della decisione, mentre non rileva la

impugnata. Questa Corte ha chiarito che in tema di ricorso per
cassazione, qualora una determinata questione giuridica – che implichi
accertamenti di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza
impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di
legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per

deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il
principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in
quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla
Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di
esaminare nel merito la questione stessa.” ( Cass. n. 1435 del 2013 , n.
6254 del 2004, n. 22540 del 2006). E’ stato inoltre precisato che
“Poiché l’interesse ad impugnare con il ricorso per cassazione discende
dalla possibilità di conseguire, attraverso il richiesto annullamento della
sentenza impugnata, un risultato pratico favorevole, è necessario,
anche in caso di denuncia di un errore di diritto a norma dell’art. 360,
n. 3, cod. proc. civ., che la parte ottemperi al principio di
autosufficienza del ricorso (correlato all’estraneità del giudizio di
legittimità all’accertamento del fatto), indicando in maniera adeguata la
situazione di fatto della quale chiede una determinata valutazione
giuridica, diversa da quella compiuta dal giudice “a quo”,asseritamente
erronea. (Cass. n. 11731 del 2011). Parte ricorrente non ha osservato
tali oneri avendo del tutto omesso di indicare se, in che termini ed in
quale atto del giudizio di merito era stata posta la questione dell’effetto
caducatorio dell’intero contratto per effetto dell’essenzialità della
clausola del termine.
Il quarto motivo di ricorso è manifestamente fondato. In ordine alla
portata del comma 5, dell’art. 32 1 n. 183 del 2010 è, infatti,
intervenuta la disposizione di interpretazione autentica di cui alla L. n.
Ric. 2013 n. 18449 sez. ML – ud. 09-04-2015
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novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta

92 del 2012, art. 1, comma 13, in base al quale “La disposizione di cui
alla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, comma 5 si interpreta nel
senso che l’indennità ivi prevista ristora per intero il pregiudizio subito
dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive
relative al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia

ricostituzione del rapporto di lavoro”.
Come chiarito da questa Corte “l’art. 32, comma 5, della legge 4
novembre 2010, n. 183, come interpretato autenticamente dall’art. 1,
collima 13, della legge 28 giugno 2012, n. 92, è applicabile ai giudizi in
corso in materia di contratti a termine dovendosi escludere che la
disciplina dell’indennità risultante dal combinato disposto delle due
norme incida su diritti già acquisiti dal lavoratore poiché è destinata ad
operare su situazioni processuali ancora oggetto di giudizio, non
comporta un intervento selettivo in favore dello Stato e concerne tutti i
rapporti di lavoro subordinati a termine. Né può ritenersi che
l’adozione della norma interpretativa costituisca una indebita
interferenza sull’amministrazione della giustizia o sia irragionevole
ovvero, in ogni caso, realizzi una violazione dell’art. 6 CEDU, poiché il
legislatore ha recepito, nel proposito di superare un contrasto di
giurisprudenza e di assicurare la certezza del diritto a fronte di
obbiettive ambiguità dell’originaria formulazione della norma
interpretata, una soluzione già fatta propria

dalla giurisprudenza

costituzionale e di legittimità, senza che – in linea con l’ interpretazione
dell’art. 6 CEDU operata dalla Corte EDU (sentenza 7 giugno 2011, in
causa Agrati ed altri contro Italia) – l’intervento retroattivo abbia inciso
su diritti di natura retributiva e previdenziale definitivamente acquisiti
dalle parti. ( Cass. n. 6735 del 2014).

Ric. 2013 n. 18449 sez. ML – ud. 09-04-2015
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del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la

La sentenza impugnata è quindi errata nella parte in cui, oltre alla
indennità ex art. 321. cit., ha riconosciuto il diritto del lavoratore anche
alle retribuzioni maturate dalla data di deposito del ricorso ( detratto
l’ aliunde percOtum) .

quarto da accogliere.
Si chiede che il Presidente voglia fissare la data per l’Adunanza in
camera di consiglio.”
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Ritiene il Collegio che le conclusioni dal Consigliere relatore, non
inficiate dalle deduzioni svolte in memoria dalla parte ricorrente, sono
condivisibili in quanto coerenti con la consolidata giurisprudenza di
legittimità. Ricorre, pertanto, il presupposto per la pronuncia in
camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ. .
Consegue, rigettati i primi tre motivi di ricorso, l’accoglimento del
quarto e la cassazione della decisione in relazione al motivo accolto.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa viene
decisa nel senso che la indennità ex art. 32 1. n. 183 del 2010 “copre”
il periodo fino alla sentenza che ha accertato la illegittima apposizione
del termine e la conversione del rapporto in rapporto di lavoro a
tempo indeterminato. Atteso l’esito complessivo del giudizio si
ritiene di confermare la statuizione sulle spese dei gradi di merito . Le
spese del giudizio di legittimità, tenuto conto del grado di
soccombenza dell’intimato che non ha svolto attività difensiva, sono
interamente compensate
kic. 2013 n_ 18449 sez. ML – ud. 09-04-2015
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In conclusione, i primi tre motivi di ricorso sono da respingere e il

P.Q.M.
La Corte rigetta il primo, il secondo ed il terzo motivo e accoglie
il,quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e,

determinata nella sentenza impugnata, in relazione al periodo fino alla
sentenza che ha accertato la nullità del termine e la conversione del
rapporto in rapporto a tempo indeterminato, oltre interessi legali e
rivalutazione monetaria a decorrere dalla detta sentenza.
Conferma la statuizione sulle spese dei giudizi di merito. Compensa le
spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r n. 115 del 2002, dà atto della non
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma
del comma 1 bis dello stesso articolo 13 .

Roma 9 aprile 2015

decidendo nel merito, condanna Poste Italiane s.p.a. a corrispondere
l’indennizzo ex art. 32 comma 5 0 1. n. 183 del 2010, nella misura

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