Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15100 del 19/06/2017
Cassazione civile, sez. VI, 19/06/2017, (ud. 03/02/2017, dep.19/06/2017), n. 15100
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4111-2016 proposto da:
D.F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NICASTRO 3,
presso lo studio dell’avvocato VALERIO GROSSU, rappresentato e
difeso dagli avvocati FABRIZIO CRISCI, LUCIO RODOLFO CRISCI;
– ricorrente –
e contro
COMUNE DI SAN GIORGIO LA MOLARA;
– intimato –
avverso la sentenza n. 5042/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 19/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 03/02/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO
LAMORGESE.
Fatto
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza 19 dicembre 2014, ha rigettato il gravame di D.F.G. avverso la sentenza impugnata che, pur avendo condannato il Comune di San Giorgio La Molara al risarcimento del danno per l’occupazione illegittima di un terreno di sua proprietà, aveva ritenuto abbandonata la domanda risarcitoria relativa a talune voci di danno (relative alla part. (OMISSIS), alla mancata coltivazione del fondo per le annate agrarie 1993-1994, alla inutilizzabilità del terreno a fini agricoli, alla perdite delle opere del soprassuolo, alla perdita di alcuni quintali di tabacco), indicate dall’originario attore D.F.L., ma non riproposte da D.F.G. che, quale erede, aveva riassunto il giudizio con comparsa di costituzione.
Avverso questa sentenza il D.F. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi; il Comune di San Giorgio La Molara non ha svolto attività difensiva.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Entrambi i motivi, che denunciano omessa pronuncia sulla domanda relativa alle suindicate voci di danno che si assume essere state reiterate negli atti di riassunzione e di appello, sono infondati.
Se è vero che il ricorso per riassunzione del processo è valido qualora contenga gli elementi sufficienti ad individuare il giudizio che si intende far proseguire, senza necessità che siano riprodotti nel ricorso tutti gli estremi della domanda proposta (Cass. n. 12506/2007), e che si può presumere, in difetto di elementi contrari, che le originarie pretese avanzate dalla parte siano mantenute ferme ancorchè non ritrascritte nella comparsa di riassunzione (Cass. n. 22436/2011); tuttavia, la giurisprudenza ha più volte precisato che spetta al giudice di merito valutare, alla stregua dell’intero contesto degli atti processuali, se la mancata riproduzione, nelle conclusioni della comparsa di riassunzione, di una o più richieste formulate nell’atto introduttivo, concreti o meno una vera e propria rinuncia, ossia un inequivocabile abbandono della richiesta non riprodotta (Cass. n. 15214/2014, n. 24803/2008).
Nella specie, la Corte napoletana è giunta alla conclusione che la mancanza di riferimenti nelle conclusioni della comparsa di riassunzione alle richieste formulate nell’originario atto interruttivo valesse come inequivocabile abbandono o rinuncia delle stesse. E’ una valutazione argomentata e plausibile. La Corte ha anche osservato che il riassumente aveva espressamente circoscritto la domanda risarcitoria a talune particelle (n. (OMISSIS), con esclusione della part. n. (OMISSIS)) per le quali il giudice di primo grado, con statuizione passata in giudicato, aveva condannato il Comune al risarcimento del danno per la perdita della proprietà, pur non essendosi verificato il presupposto della irreversibile trasformazione, non essendo l’opera pubblica stata realizzata, il che – ad avviso della medesima Corte – escludeva la possibilità di liquidare un danno maggiore di quello liquidato dal tribunale.
Il ricorso è rigettato.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Doppio contributo a carico del ricorrente, come per legge.
Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2017