Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15100 del 02/07/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 15100 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA
sul ricorso 19125-2008 proposto da:
GELPI ALBERTO, GELPI FRANCESCO, GELPI MARINA, GELPI
PATRIZIA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
LOMBARDIA 23/C, presso lo studio dell’avvocato GUIDI
ENRICO, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato TESTA GIANANTONIO;
– ricorrenti –

2014
1119

contro

DOLCINI MARIA TERESA, LANDI GIUSEPPE, domiciliato in
ROMA ex lege, P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di
CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato GELPI

Data pubblicazione: 02/07/2014

ENRICO;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 1503/2007 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 25/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

MATERA;
udito

l’Avvocato

GUIDI

Enrico,

difensore

dei

ricorrenti che si è riportato agli scritti difensivi;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

udienza del 29/04/2014 dal Consigliere Dott. LINA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art. 703 c.p.c. del 14-10-1999 Landi Giuseppe e
Dolcini Maria Teresa chiedevano la manutenzione e la reintegrazione
nel possesso del terreno di cui al mappale 1903 e del sovrastante

una catena con lucchetto e dell’apposizione sul cancello medesimo,
da parte di Gelpi Alberto, Francesco, Patrizia e Marina, dapprima di
altra catena e successivamente di una spranga in ferro saldata, atta
ad impedire l’apertura, il transito e l’accesso al terreno retrostante il
cancello, di cui i ricorrenti sostenevano di avere il possesso in via
esclusiva.
Nel costituirsi, Gelpi Alberto, Francesco, Patrizia e Marina
eccepivano l’inammissibilità, improcedibilità ed infondatezza del
ricorso possessorio, deducendo, in particolare, il difetto dei requisiti
previsti dalla legge in merito all’annualità del possesso ed alla
sussistenza dello spoglio.
Con ordinanza in data 22-2-2000 il Tribunale di Conio,
Sezione Distaccata di Menaggio, ordinava ai convenuti di reintegrare
Landi Giuseppe e Dolcini Maria Teresa nel possesso esclusivo del
cancello e dell’area sottostante di cui al ricorso, nonché di
consentire ai ricorrenti il passaggio nella porzione di terreno
retrostante il cancello medesimo, il cui attraversamento era
necessario per accedere alla parte del fondo compresa nel mappale

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cancello, di cui si ritenevano spogliati a seguito della asportazione di

1903, antistante la rete di confine prossima al cancello di cui al
verbale di sopralluogo del 24-11-1999.
Proseguito il giudizio per la fase di merito, con sentenza in
data 1-8-2003 il Tribunale confermava i predetti provvedimenti, e

Giuseppe e Dolcini Maria Teresa.
Avverso la predetta decisione proponevano appello principale
Gelpi Alberto, Francesco, Patrizia e Marina, e appello incidentale
Landi Giuseppe e Dolcini Maria Teresa.
Con sentenza in data 25-5-2007 la Corte di Appello di Milano
rigettava entrambi i gravami.
Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso Gelpi
Alberto, Francesco, Patrizia e Marina, sulla base di tre motivi.
Landi Giuseppe e Dolcini Maria Teresa hanno resistito con
controricorso.
In prossimità dell’udienza sia i ricorrenti che i controricorrenti
hanno depositato memorie difensive ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione o
falsa applicazione degli artt. 1168 e 1170 c.c. Deducono che,
contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, la tutela
possessoria invocata dal Landi e dalla Dolcini deve ritenersi
tardivamente richiesta oltre il termine perentorio di decadenza di un

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rigettava la domanda di risarcimento danni proposta da Landi

anno dal sofferto spoglio, o comunque dall’inizio dei primi atti di
turbativa del possesso. Rilevano, infatti, che dal verbale di sommarie
informazioni rese in data 8-3-2000 dal Landi ai Carabinieri di Lanzi
d’Intelvio ad integrazione della denuncia presentata in data 10-1-

del possesso ebbero inizio in data 2-11-1998, con la lamentata
invasione dei terreni da parte dei convenuti. Da tanto consegue,
secondo i ricorrenti, la tardività del ricorso possessorio, proposto in
data 5-11-1999 e, quindi, oltre un anno dall’inizio dei primi atti di
turbativa. L’episodio del 2-11-1998, infatti, costituiva di per sé atto
idoneo a turbare l’asserito possesso dei Landi-Dolcini, e pertanto da
tale data decorreva il termine annuale di decadenza per la
proposizione dell’azione possessoria, laddove la successiva
apposizione della catena e del lucchetto sul cancello costituiva un
ultimo atto di turbativa e di spoglio del possesso, ricollegabile al
precedente. Nella specie, pertanto, ad avviso dei ricorrenti, si verte
in un’ipotesi di un’unica situazione lesiva dell’altrui possesso, con
conseguente decorrenza del termine di decadenza dal primo atto.
Il motivo non è meritevole di accoglimento.
Le censure mosse non si confrontano con le argomentazioni
svolte dalla Corte di Appello, la quale ha disatteso il motivo di
gravame con cui era stata dedotta la tardività dell’azione proposta,
rilevando che l’invasione denunciata in sede di sommarie

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2000 nei confronti dei Gelpi, si evince che i primi atti di turbativa

informazioni non era “riconosciuta” ma solo “presunta”; che,
comunque, non era questo l’atto e\o comportamento in conseguenza
del quale era stato proposto il ricorso possessorio; che, inoltre, gli
appellanti non avevano censurato la sentenza di primo grado nella

del Landi e della Dolcini, fino alla primavera del 1999.
I ricorrenti, senza muovere specifiche censure in ordine a tali
affermazioni, si sono limitati a sostenere che, come si evinceva dalle
sommarie informazioni rese dal Landi ai Carabinieri, i primi atti di
turbativa del possesso avevano avuto inizio il 2-11-1998. Essi,
peraltro, venendo meno all’onere di specificità ed autosufficienza dei
motivi di ricorso per cassazione, non hanno nemmeno trascritto il
contenuto di tali sommarie informazioni; sicché questa Corte non è
posta nelle condizioni di valutare se effettivamente, come dedotto
dai ricorrenti, gli episodi di spoglio denunciati dal Landi e dalla
Dolcini con il ricorso possessorio possano essere considerati come la
mera prosecuzione e progressione di un’unitaria attività lesiva del
possesso intrapresa dai convenuti sin dal novembre del 1998, con
conseguente decorrenza da tale data del termine annuale di
decadenza dell’azione proposta, alla luce dei principi enunciati in
materia dalla giurisprudenza (tra le tante v. Cass. 29-10-2003 n.
16239, Cass. 4-8-1990 n. 7865; Cass. 16-1-1987 n. 282; Cass. 15-21986 n. 901),

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parte in cui aveva ritenuto provato l’esercizio del possesso, da parte

Le doglianze mosse con il motivo in esame, pertanto, non
valgono ad incrinare la legittimità della valutazione espressa dalla
Corte di Appello circa la tempestività dell’azione possessoria
proposta in data 5-11-1999 dal Landi e dalla Dolcini, avendo i

resistenti hanno esercitato il possesso sino alla primavera del 1999.
2) Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione
degli artt. 1168 e 1170 c.c., in reazione al rigetto dell’eccezione
degli appellanti di non cumulabilità delle azioni di manutenzione e
reintegrazione. Deducono che, come emerge dalle conclusioni
riportate nella sentenza di primo grado, i Landi-Dolcini hanno
proposto simultaneamente tali azioni, e non già in via alternativa o
gradata; e che, pertanto, i giudici di merito hanno errato nel ritenere
che le due domande fossero state proposte in via gradata.
Il motivo è infondato.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, le azioni
possessorie di reintegrazione e di manutenzione non sono cumulabili
fra di loro, nel senso che la medesima situazione di fatto, considerata
in tutte le sue componenti, non può dare luogo ad entrambe le forme
di tutela, essendo inconcepibile che spoglio e turbativa del possesso
coesistano, perchè lo spoglio include la nozione di molestia, che ne è
qualcosa di meno. Tuttavia, ciò non osta alla proposizione
simultanea di entrambe le azioni in via alternativa, restando

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giudici di merito accertato, in punto di fatto, che gli odierni

demandato al giudice di merito di qualificare esattamente la
situazione di fatto che gli sia stata prospettata dal ricorrente e di
dare, quindi, il rimedio giuridico più idoneo (Cass. 30-5-1975 n.
2194; Cass. 28-1-2000 n. 980; Cass. 20-4-2005 n. 8287).

principi, avendo ritenuto, sulla base del tenore complessivo del
ricorso introduttivo e delle precisazione fornite a verbale nel corso
dell’istruttoria sommaria, che gli istanti hanno proposto le due
domande in via alternativa.
Non sussiste, pertanto, la dedotta violazione di legge.
Come è noto, d’altro canto, l’interpretazione della domanda e
l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento
di fatto riservato al giudice di merito e insindacabile in cassazione,
salvo che sotto il profilo -nella specie non evocato dai ricorrentidella correttezza della motivazione (Cass. 8-8-2006 n. 17947; Cass.
1-10-2009 n. 21228; Cass. 18-5-2012 n. 793).
3) Con il terzo motivo i ricorrenti si dolgono dell’insufficiente
e contraddittoria motivazione. Deducono che la Corte di Appello ha
erroneamente valutato le risultanze acquisite, che comportavano
l’esclusione, in capo agli odierni resistenti, di una situazione di
possesso relativamente al cancello collocato sul mappale 1903.
Sostengono che, come si desume dalla documentazione acquisita
(decreto di trasferimento del Tribunale di Corno dell’11-3-1999;

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Nella specie, la sentenza impugnata si è attenuta a tali

verbale di denuncia-querela del 12-5-1999; lettera del 10-3-1999 del
legale di controparte; atto di divisione per notaio Bellini del 3-81968; ordinanza del Sindaco del Comune di Pellio Intelai del 19-52007) il possesso del cancello e dell’area sottostante è stato

inoltre, che la Corte di Appello, nel ritenere decisive le deposizioni
rese in corso di causa dai testi Cesari, Gratti e Riva, non ha tenuto
conto della scrittura a firma di Riva Marino, dalla quale si evinceva
che gli odierni ricorrenti erano stati legittimati da quest’ultimo a
fare uso del cancello per cui è causa al fine di accedere ai terreni di
loro proprietà e che, pertanto, nessuno spoglio violento è avvenuto
nei confronti del Landi e della Dolcini.. Aggiungono,

ad

colorandum, che nella C.T.U. depositata nel giudizio di accertamento
dei confini tra le proprietà delle parti si evince che l’area contesa
appartiene al convenuto, il quale, pertanto, ha agito nell’esercizio
legittimo di un diritto.
Il motivo, nella parte in cui lamenta l’erronea valutazione dei
documenti che varrebbero ad escludere la sussistenza del requisito
del possesso “attuale” in capo al Landi e alla Dolcini al momento
della introduzione dell’azione possessoria, difetta di specificità ed
autosufficienza, non trascrivendo il contenuto degli atti richiamati,
sì da porre questa Corte nelle condizioni di verificare se gli stessi
vertano su circostanze decisive

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esercitato sin dal settembre 1997 da Gelpi Francesco. Rilevano,

;

In ogni caso, si osserva che la Corte di Appello ha esaminato
la documentazione prodotta dagli appellanti, e ritenuto la stessa
inidonea a comprovare il dedotto possesso dal settembre del 1997 in
capo a Gelpi Francesco. Il tutto sulla base di argomentazioni

fronte della prova del possesso fornita dai Landi-Dolcini, appare
irrilevante il consenso dato da Riva Marino al Gelpi “di utilizzare il
mappale 1903 per l’accesso da Via Pian delle Noci- , ed è stata
correttamente esclusa la rilevanza di ogni questione petitoria nel
presente giudizio possessorio.
Ciò posto, si osserva che i ricorrenti, nel sostenere che la
documentazione in atti valeva ad escludere la sussistenza di una
situazione di possesso in capo al Landi e alla Dolcini e a
comprovare, per converso, che tale possesso era esercitato da Gelpi
Francesco, attraverso la formale prospettazione di vizi di
motivazione, da cui la sentenza impugnata è immune, propongono
sostanziali censure di merito, con le quali mirano ad ottenere una
diversa valutazione delle risultanze processuali rispetto a quella
compiuta dal giudice territoriale. In tal modo, peraltro, viene
sollecitato a questa Corte l’esercizio di un potere di cognizione
esulante dai limiti del sindacato di legittimità ad essa riservato,
rientrando nei compiti istituzionali del giudice di merito

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esaustive e congruenti, con cui è stato altresì evidenziato che, a

l’accertamento dei fatti oggetto della controversia e la valutazione
delle prove.
4) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con
conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese

da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna ik ricorrenti al
pagamento delle spese, che liquida in euro 3.200,00, di cui euro
200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 29- -2014
Il Consigliere estensore

Il Presi

sostenute dai resistenti nel presente grado di giudizio, liquidate come

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