Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1510 del 22/01/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 1510 Anno 2018
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

ORDINANZA
sul ricorso 23893-2016 proposto da:
DEL REGNO ANNA, VIGNOLI VALENTINA, elettivamente
domiciliate in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentate e difese dall’avvocato GIAMPIERO
PALTRINIERI;

– ricorrenti contro
CUNEO LETIZIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
TOMACELLI 98, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO
CORTESI, che la rappresenta e difende;

controricorrente

avverso la sentenza n. 1004/2016 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata il 10/03/2016;

Data pubblicazione: 22/01/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non.
partecipata del 22/11/2017 dal Consigliere Dott. CHIARA

GRAZIOSI.

Ric. 2016 n. 23893 sez. M3 – ud. 22-11-2017
-2-

23893/2016

La Corte

rilevato che Anna Del Regno e Valentina Vignoli avevano proposto opposizione a decreto del
Tribunale di Roma che aveva loro ingiunto, quali conduttrici di un appartamento, di pagare
canoni locatizi e spese condominiali alla locatrice Letizia Cuneo, adducendo la sussistenza di
gravi vizi di infiltrazioni di acque meteoriche nell’appartamento e chiedendo in via

rilevato che il Tribunale, con sentenza del 17 aprile 2013, revocava il decreto e riduceva
l’importo dei canoni che le conduttrici avrebbero dovuto corrispondere in considerazione dei
vizi, condannando quindi la Cuneo a rimborsare alle conduttrici i maggiori canoni percepiti nella misura di C 4000 – e le spese per le infiltrazioni -nella misura di C 550 -;
rilevato che, avendo la Cuneo proposto appello principale e le controparti appello incidentale,
la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 10 marzo 2016, rigettava l’appello incidentale e
accoglieva parzialmente quello principale, condannando le conduttrici a pagare il canone
originariamente stabilito e condannando la locatrice a rimborsare loro le spese per le
infiltrazioni nella misura di C 550;
rilevato che il giudice d’appello riteneva che le infiltrazioni non fossero di gravità tale da
giustificare l’applicazione dell’articolo 1578 c.c., bensì idonee solo a giustificare il rimborso
delle spese di riparazione ai sensi dell’articolo 1577 c.c.;
rilevato che Anna Del Regno e Valentina Vignoli hanno proposto ricorso, da cui si difende con
controricorso Letizia Cuneo;
rilevato che il ricorso si articola in due motivi, illustrati poi anche in memoria;
rilevato che il primo motivo denuncia nullità della sentenza o del procedimento ex articolo 360,
primo comma, n.4 c.p.c., nonché violazione e falsa applicazione degli articoli 1578 e 1577 c.c.
ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c.: il giudice d’appello avrebbe errato in riferimento
all’articolo 1578 c.c. ritenendo che le infiltrazioni in questione non giustifichino la sua
applicazione, benché dagli atti ne risulti la gravità;
rilevato che il motivo è manifestamente fattuale, in quanto persegue dal giudice di legittimità,
oltrepassando i limiti della sua giurisdizione, una valutazione sulla gravità delle infiltrazioni
verificatesi nell’appartamento locato in revisione di quella effettuata dal giudice di merito, e
pertanto incorre in inammissibilità;
rilevato che il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., nullità della
sentenza o del procedimento, nonché, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e
falsa applicazione degli articoli 1419, secondo comma, c.c. e 5 I. 431/1989;

riconvenzionale la condanna della locatrice al risarcimento dei danni;

rilevato che la doglianza adduce che con l’appello incidentale le attuali ricorrenti avevano
chiesto l’applicazione dell’accordo territoriale previsto per la zona dei Comune di Roma dove si
trovava l’immobile, il quale avrebbe stabilito un canone inferiore; e il giudice d’appello rilevava
che il primo giudice aveva ritenuto formato il contratto “con l’indicazione di tutti i parametri”
richiesti dall’accordo, e che le attuali ricorrenti non avevano fornito elementi contrastanti tali
parametri e la conseguente qualificazione del canone;
rilevato che tutto ciò, sostengono le ricorrenti, “non corrisponde alla realtà fattuale”: nel

dell’immobile;
rilevato che la censura appare non autosufficiente e comunque non corrispondente all’articolo
366 n.6 c.p.c., perché si limita ad indicare il contratto come un generico “doc.2” senza indicare
quando e da chi sarebbe stato prodotto nel giudizio; e comunque così ne invoca genericamente
il contenuto, senza indicarne (e tantomeno trascriverne) i passi specificamente rilevanti;
ritenuto pertanto che anche questo motivo è inammissibile,
ritenuto che quindi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna in solido, per il comune interesse processuale -delle ricorrenti alla rifusione delle spese del
grado – liquidate come da dispositivo – alla controricorrente;
ritenuto altresì che sussistono ex articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012 i presupposti
per il versamento da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso, condannando in solido le ricorrenti a rifondere alla
controricorrente le spese processuali, liqùidate in complessivi C 3000, oltre a C 200 per gli
esborsi e al 15% per spese generali, nonché agli accessori di legge.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1. bis
dello stesso articolo 13.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2017

Il Presidente

contratto (indicato come “doc.2”) non vi sarebbe riferimento ai dati catastali e alla superficie

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