Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15098 del 22/06/2010

Cassazione civile sez. II, 22/06/2010, (ud. 26/02/2010, dep. 22/06/2010), n.15098

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4038/2007 proposto da:

COMUNE DI TORRE ANNUNZIATA in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.G. PORRO 8, presso lo STUDIO

ASSOCIATO degli avvocati ZIMATORE-ABBAMONTE, rappresentato e difeso

dall’avvocato FREGA Davide (dell’Avvocatura Municipale), giusta

Delib. G.M. 4 maggio 2006, n. 113 e giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

D.M.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 478/2006 del GIUDICE DI PACE di TORRE

ANNUNZIATA del 20.2.06, depositata il 21/02/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA.

E’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO

IANNELLI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il giudice di pace di Torre Annunziata il 21 febbraio 2006 accoglieva la domanda proposta da D.M.S. avverso il comune di Torre Annunziata, condannando quest’ultimo al risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c., nei confronti della parte attrice, nella misura di Euro 74,489, somma versata a seguito di contestazione dell’infrazione all’art. 41 C.d.S. in relazione all’art. 146 C.d.S., comma 3. La sentenza del giudice di pace riteneva che l’importo era stato corrisposto ingiustificatamente, attesa l’invalidità della contestazione in quanto effettuata sulla base di documentazione proveniente da apparecchiatura elettronica non omologata all’epoca delle pretese infrazioni e, quindi, inidonea all’accertamento delle stesse senza la presenza d’un agente all’uopo addetto; che l’amministrazione comunale aveva indotto i cittadini a credere che l’apparecchiatura poteva essere utilizzata senza la presenza dell’agente di polizia; che detto comportamento era fonte di responsabilità per la pubblica amministrazione, essendosi verificato un danno “in assenza di una causa giustificativa”.

Il comune di Torre Annunziata ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 21 febbraio 2007. D.M.S. è rimasto intimato.

Avviata la trattazione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio, il procuratore generale ha chiesto l’accoglimento del ricorso perchè manifestamente fondato. Il ricorso espone tre censure; a) violazione della L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23 e degli artt. 203, 204 e 204 bis C.d.S., e vizio di motivazione per avere l’opponente omesso di proporre ricorso avverso il provvedimento sanzionatorio, circostanza che rendeva non più impugnabile il verbale contestato.

b) disapplicazione dell’atto amministrativo in violazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, artt. 4 e 5, All. E, per avere dato ingresso a tutela risarcitoria senza aver prima chiesto e ottenuto l’annullamento dell’atto amministrativo.

c) Inoppugnabilità dell’atto in conseguenza dell’avvenuto pagamento della sanzione.

Primo e terzo motivo colgono nel segno. In tema di violazioni al codice della strada, il cosiddetto pagamento in misura ridotta, comporta un’incompatibilità’ (oltre che un’implicita rinunzia) a far valere qualsiasi contestazione relativa sia alla sanzione pecuniaria irrogata sia alla violazione contestata, che della sanzione pecuniaria è il presupposto giuridico. L’interessato, quindi, potrà far valere doglianze che abbiano ad oggetto esclusivo le sole sanzioni accessorie, quali la mancata previsione della pena accessoria o la previsione della stessa in misura diversa, come ad esempio, quando si contesti che la violazione astrattamente considerala non contemplava quella pena accessoria o non la prevedeva nella misura applicata (SU 20544/08; 22848/09).

Il contenzioso in materia sollevato da ripetute sentenze dell’ufficio del giudice di pace di Torre Annunziata ha assunto carattere seriale.

Giova quindi riproporre per esteso e testualmente le considerazioni svolte in analoga controversia da questa Sezione (Cass. 6368/07), che ben si attagliano all’odierna vicenda:

“Devesi ricordare: come l’art. 202 C.d.S., comma 1 preveda che per le violazioni per le quali il presente codice stabilisce una sanzione amministrativa pecuniaria, ferma restando l’applicazione delle eventuali sanzioni accessorie, il trasgressore è ammesso a pagare, entro sessanta giorni dalla contestazione o dalla notificazione, una somma pari al minimo fissato dalle singole norme; come l’art. 203 C.d.S., comma 1 preveda che il trasgressore o gli altri soggetti indicati nell’art. 196 C.d.S., nel termine di giorni sessanta dalla contestazione o dalla notificazione, qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta nei casi in cui è consentito, possono proporre ricorso al prefetto …; come l’art. 204 bis C.d.S., comma 1 preveda che alternativamente alla proposizione del ricorso di cui all’art. 203 C.d.S., il trasgressore o gli altri soggetti indicati nell’art. 196 C.d.S., qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta nei casi in cui è consentito, possono proporre ricorse al giudice di pace ….

In riferimento alla ricercata normativa, il principio richiamato dal giudice a quo, per il quale in tema di sanzioni amministrative il pagamento della somma portata dall’ordinanza-ingiunzione, potendo ricollegarsi alla volontà dell’intimato di sottrarsi all’esecuzione forzata esperibile in base a detto provvedimento (il quale è titolo esecutivo e la cui efficacia non è di regola sospesa dall’opposizione) non comporta di per sè acquiescenza nè incide sull’interesse ad insorgere avverso il provvedimento medesimo, è all’evidenza non pertinente, in quanto, nella specie, il pagamento non è avvenuto a seguito d’intimazione mediante ordinanza- ingiunzione ma a seguito di contestazione mediante verbale d’accertamento notificato ed, inoltre, il detto principio opera in relazione alle sanzioni amministrative irrogate, appunto, a mezzo d’ordinanza-ingiunzione sulla base di normative diverse dal codice della strada, per le quali non è consentita l’impugnazione immediata in sede giudiziaria del verbale ma solo quella dell’ordinanza- ingiunzione stessa, mentre le impugnazioni tanto in sede amministrativa quanto in sede giudiziaria sono autonomamente regolate dal codice della strada con la normativa su richiamata che consente, tra l’altro, l’immediata impugnazione del verbale così in sede amministrativa come in sede giudiziaria e connette il potere dell’Amministrazione di formare il titolo esecutivo, diverso ed autonomo rispetto al verbale (del che in seguito) solo all’acquiescenza del destinatario, destinatario.

Per il che risulta del tutto priva di giustificazione la tesi per cui l’ammissibilità d’un pagamento della sanzione con riserva, non previsto dalla richiamata normativa, troverebbe la propria ragion d’essere e la propria ammissibilità nello scopo d’evitare la riscossione coattiva della sanzione, riscossione che non può verificarsi sino all’esito dei procedimenti oppositori amministrativo e giurisdizionale, mentre il pagamento ex art. 202 C.d.S., proprio perchè previsto in misura ridotta, costituisce solo una forma d’agevolazione accordata al contravventore in considerazione della sua rinunzia ad avvalersi dei mezzi oppositivi.

In vero, la normativa posta con il Codice della Strada, regolando compiutamente la materia, si pone con carattere di specialità e quindi, con vis derogatoria, rispetto a quella generale sulle impugnazioni delle sanzioni amministrative di cui alla L. n. 689 del 1981.

Va, pertanto, anzi tutto sottolineato come il tenore letterale dell’art. 203 C.d.S., comma 1 e art. 204 bis C.d.S., comma 1 non consenta altra lettura se non quella per cui, una volta effettuato il pagamento in misura ridotta consentito dal precedente art. 202 C.d.S., comma 1, entro sessanta giorni dalla contestazione o notificazione del verbale, id est entro il medesimo termine nel quale sono consentiti, alternativamente, i ricorsi in sede amministrativa o giurisdizionale, rimane preclusa la possibilità d’impugnare l’accertamento dell’infrazione nell’una come nell’altra sede.

La ratio di tale disposizione è evidente ed analoga a quella dell’istituto dell’oblazione – beneficio che, come evidenziato dalla Corte Costituzionale riconoscendo la legittimità proprio dell’art. 202 C.d.S. in esame (sent. 25.7.94 n. 350), è offerto al contravventore in funzione deflattiva dei procedimenti contenziosi, sia amministrativi che giurisdizionali, alla pari di analoghi istituti presenti in altre discipline processuali – con la quale s’intende estinguere la specifica controversia con il versamento d’una somma di danaro, precludendo, peraltro, ad entrambe parti qualsivoglia possibilità di contestazione in ordine ai presupposti ed alle condizioni d’applicazione delle sanzioni; per il che, come già evidenziato da questa Certe, la formulazione dell’art. 202 C.d.S., prevedendo, al pari della L. n. 689 del 1981, art. 16, il pagamento in misura ridotta corrispondente al minimo della sanzione comminata dalla legge da parte dell’indicato (nel processo verbale di contestazione) autore della violazione, implica necessariamente l’accettazione della sanzione e, quindi, il riconoscimento, da parte dello stesso, della propria responsabilità e, conseguentemente, nel sistema delineato dal legislatore anche a fini di deflazione dei processi, la rinuncia ad esercitare il proprio diritto alla tutela giurisdizionale, esperibile anche immediatamente avverso i verbali di contestazione delle violazioni alle norme del Codice della Strada (Cass. 11.2.05 n. 2862).

Devesi, infatti, al riguardo ulteriormente precisare che il processo verbale d’accertamento e contestazione delle violazioni al Codice della Strada non costituisce atto impositivo e non determina di per sè l’assoggettamento concreto ed attuale del contravventore all’obbligo di pagamento della sanzione pecuniaria conseguente alla violazione constatata dagli agenti verbalizzanti com’è invece per l’ordinanza-ingiunzione che consegue alla reiezione del ricorso in sede amministrativa – ma costituisce solo il primo atto d’un procedimento a formazione progressiva, all’esito del quale, in mancanza d’impugnazione da parte dell’interessato in sede amministrativa o giudiziaria nel prescritto termine di sessanta giorni, l’Amministrazione cui appartengono gli agenti accertatori può procedere all’iscrizione a ruolo della somma corrispondente alla sanzione effettivamente irrogata, determinata tra il minimo ed il massimo edittali, e predisporre così il titolo esecutive in base al quale far luogo all’esazione forzata previa notificazione dalla cartella esattoriale che del ruolo costituisce un estratto.

Il contravventore, che ritenga che i rilievi dei verbalizzanti siano infondati od ingiustificati, può esporre le sue ragioni e sollevare le sue contestazioni nello smesso verbale e, comunque, può proporle e riproporle, sia in sede amministrativa con il ricorse al Prefetto, sia direttamente in sede giudiziaria con l’opposizione innanzi al G.d.P., per far riconoscere l’infondatezza, totale o parziale, della contestazione, come in concreto in quell’atto verbalizzata, così per quanto riguarda l’infrazione propriamente detta, come per quanto riguarda la sua contestazione e la sanziona indicata.

Quanto a quest’ultima, peraltro, la legge, con la disposizione contenuta nell’art. 202 C.d.S., ammette a favore del contravventore la possibilità di prevenirne l’irrogazione e di impedirne l’esercizio, mediante il versamento all’Amministrazione, nel termine di sessanta giorni dalla data della contestazione immediata o della notificazione del verbale, id est nelle stesso termine stabilito per la proposizione; delle impugnazioni in sede amministrativa o giurisdizionale, di una somma pari al minimo della sanzione pecuniaria edittale prevista dalla legge per le violazioni contestate nel verbale stesso.

Si tratta d’una facoltà d’oblazione concessa dalla legge, il cui esercizio è rimesso alla libera valutazione e determinazione del contravventore, con funzione ed effetto di chiudere immediatamente e definitivamente, in termini e secondo modalità e parametri, oggettivi prefissati dalla stessa legge, il rapporto tra contravventore ed Amministrazione in ordine alle conseguenze sanzionatorie delle violazioni rilevate, definizione dalla quale l’Amministrazione trae il vantaggio della pronta e incontestata riscossione d’una somma oggettivamente commisurata nel minimo della sanzione pecuniaria edittale, ed il contribuente quello dell’abbandono totale ed incondizionato d’ogni altra e maggiore pretesa sanzionatoria da parte dell’Amministrazione. Ma proprio per ciò, perchè la detta funzione non venga ad essere vanificata, una volta che la facoltà di oblazione sia stata esercitata, essa, impedendo in maniera definitiva l’esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’ufficio, non può non comportare correlativamente, stante la sua sostanziale natura transattiva, la definitiva preclusione per il contravventore di contestare e mettere in discussione i presupposti di fatto della sanzione, id est la legittimità dell’accertamento della violazione, e la sua applicabilità in concreto; in caso contrario, essendosi ormai estinto il potere sanzionatorio dell’Amministrazione, che non può più determinare la misura della sanzione pecuniaria questa rapportando alla concreta gravità della violazione, sia pur tra il minimo ed il massimo edittali, ne deriverebbe un inammissibile ed ingiustificabile privilegio per il contravventore.

D’altra parte – espressamente preclusi, come inequivocamente precisato sia dall’art. 203 C.d.S., comma 1 sia dell’art. 204 bis C.d.S., comma 1 entrambi i mezzi oppositori nell’ipotesi in cui il contravventore si sia avvalso della facoltà di pagamento ridotto e non prevedendo le disposizioni citate alcuna possibilità di pagamento con riserva di ripetizione – l’operata soluzione comporta la legittimità dell’incasso della somma da parte dell’amministrazione titolare della pretesa sanzionatoria, la cui fondatezza non può più essere rimessa in discussione attraverso un tardivo sindacato sul pregresso accertamento dell’illecito;

diversamente argomentando, sarebbero surrettiziamente aggirati i termini e le preclusioni previsti dalle norme sul relativo contenzioso sia, in sede amministrativa sia in sede giurisdizionale e si darebbe ingresso ad un inammissibile sindacato – peraltro diretto ad hoc e non meramente incidentale, quale previsto dalle fondamentali regole di riparto poste dalle disposizioni della L. n. 2248 del 1865, artt. 4 e 5, all. E – sul diritto-dovere della P.A., a far proprie le somme derivanti dal pagamento delle sanzioni, ormai divenute inoppugnabili con conseguente liceità della relativa percezione e ritenzione. Per tutte le esposte ragioni, l’effetto di definitività e preclusione dell’oblazione s’estende, poi, a qualsiasi attività delle parti, onde anche un’eventuale revisione della situazione ad iniziativa dell’Amministrazione, con annullamento d’altri provvedimenti ancora in itinere, non consentirebbe interventi sui procedimenti ormai definiti con oblazione.

Tale conclusione vale, parimenti, per le azioni di qualsivoglia natura con le quali il contravventore pretenda di rimettere in discussione la legittimità dell’accertamento dell’infrazione sulla quale, per quanto sopra evidenziato, con il pagamento in misura ridotta ha fatto acquiescenza – e, quindi, non polo per l’impugnazione ex art. 204 bis C.d.S., ma anche per eventuali pretese civilistiche quali la conditio indebiti e l’actio damni”.

In conseguenza dell’accoglimento del primo e del terzo, resta assorbito il secondo motivo di ricorso; va accolto il quarto, relativo alla liquidazione delle spese di lite, che vanno rifuse al Comune per entrambi i gradi di giudizio.

Discende da quanto esposto la cassazione, peraltro senza rinvio, dell’impugnata sentenza.

Si fa luogo, con decisione di merito, al rigetto della domanda originaria, potendo la rilevata improponibilità dell’originaria domanda essere dichiarata in questa sede ex art. 384 c.p.c..

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge l’originaria domanda;

condanna parte intimata alle spese che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 500,00 per onorari oltre ad accessori di legge per la fase di merito ed Euro 200,00 per esborsi ed Euro 400,00 per onorari, quanto al giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 26 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2010

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