Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15098 del 02/07/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 15098 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: ABETE LUIGI

SENTENZA
sul ricorso 22098 — 2008 R.G. proposto da:
Avvocato FERRARA GIANCARLO — c.f. FRRGCR46R17L103V – rappresentato e difeso in
virtù di procura speciale in calce al ricorso dall’avvocato Silvia Zappoli ed elettivamente
domiciliato in Roma presso la cancelleria della Corte di Cassazione.
RICORRENTE
contro
MASSARA MARIA ROSA — c.f. MSSMRS58P45F952H — e SORICE CORINNE — c.f.
SRCCNN84R43C9330 — rappresentate e difese giusta procura speciale alla prima pagina del
controricorso dall’avvocato Maurizio Gambaro ed elettivamente domiciliate in Roma, alla via
Cardinal Ginnasi, n. 8, presso lo studio dell’avvocato Pierluigi Tiberio.
C ONTRORI C ORRENTI
Avverso la sentenza n. 2069 dei 9.5/13.7.2007 della corte d’appello di Milano,
Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 15 aprile 2014 dal consigliere
dott. Luigi Abete,

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Data pubblicazione: 02/07/2014

Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Lucio Capasso,
che ha concluso per il rigetto del ricorso e per l’accoglimento dell’istanza delle
controricorrenti volta a conseguire la pronuncia dell’ordine di cancellazione delle frasi
asseritamente sconvenienti figuranti nell’avverso ricorso,
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

innanzi al pretore di Como Maria Rosa Massara e Corinne Sorice, quest’ultima in persona
della madre, la medesima Maria Rosa Massara, genitore esercente la potestà, ambedue quali
eredi di Claudio Sorice.
Esponeva che aveva eseguito in favore del defunto Claudio Sorice, coniuge separato e
genitore, rispettivamente, delle convenute, prestazioni professionali rimaste insolute.
Chiedeva la condanna delle convenute al pagamento della somma di lire 17.752.191 oltre
accessori.
Si costituiva Maria Rosa Massara, in proprio e quale genitore esercente la potestà su
Corinne Sorice, instando per il disconoscimento dell’avversa pretesa.
Con sentenza n. 1241/2003 il tribunale di Como – divenuto nelle more competente per il
primo grado — accoglieva la domanda, nondimeno, reputata la sussistenza di giusti motivi,
compensava integralmente le spese e competenze di lite.
Interponeva appello l’avvocato Ferrara, censurando la statuizione di prime cure in ordine
alla disposta compensazione.
Si costituivano e resistevano Maria Rosa Massara e Corinne Sorice.
Con sentenza n. 2069 dei 9.5/13.7.2007 la corte d’appello di Milano rigettava il gravame e
condannava l’appellante a rimborsare a controparte le spese del grado.
In particolare la corte distrettuale dava atto che nella fattispecie operava, ratione temporis,
il disposto dell’art. 92, 2° co., c.p.c. nella formulazione antecedente alla novella di cui all’art.
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Con atto notificato in data 24.11.1998 l’avvocato Giancarlo Ferrara citava a comparire

2, 1° co., lett. a), legge n. 263/2005; indi evidenziava che, nel quadro della elaborazione
giurisprudenziale di legittimità, il giudice di prime cure “ha spiegato la ragione che lo ha
determinato a ritenere la ricorrenza di giusti motivi per la compensazione integrale delle spese
del grado” (così sentenza d’appello, pag. 10); che “tale motivazione non è illogica o erronea”
(così sentenza d’appello, pag. 10); che “l’avv. Ferrara aveva difeso il sig. Claudio Sorice nelle

compensi pretesi in giudizio erano quelli che l’avvocato avrebbe dovuto ricevere dal Sorice
proprio per l’attività difensiva svolta contro la Massara” (così sentenza d’appello, pagg. 10 11); che “un caso del genere è, in effetti, peculiare, attesa la singolare posizione della
convenuta.., che… si era ritrovata nella condizione di dover pagare compensi professionali
inerenti ad un’attività svolta contro di lei” (così sentenza d’appello, pag. 11); che “è
ragionevole pensare che la Massara, essendo separata dal Sorice, ed in contrasto con lui, non
sapesse in effetti se e quali somme fossero state già pagate in vita dal coniuge al suo legale,
soprattutto in presenza di pagamenti, documentati da fatture quietanzate, che essa ben poteva
non sapere… che non andassero imputati al credito azionato” (così sentenza d’appello, pag.
11).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’avvocato Giancarlo Ferrara; ne chiede, sulla
scorta di un unico motivo, la cassazione senza rinvio, non reputando necessario alcun
accertamento di merito; con vittoria di spese e competenze di tutti i gradi di giudizio.
Maria Rosa Massara e Corinne Sorice hanno depositato controricorso; concludono per il
rigetto dell’avverso ricorso con il favore delle spese del giudizio di legittimità; ai sensi
dell’art. 89 c.p.c. chiedono disporsi la cancellazione delle frasi offensive e sconvenienti di cui
alle pagine 13 e 14 dell’avverso ricorso, con assegnazione segnatamente a Maria Rosa
Massara di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale in tal
guisa sofferto.
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vicende processuali relative alla sua separazione dalla moglie Massara Maria Rosa, e che i

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il ricorrente deduce, in relazione all’art. 360, 1° co., n. 5), c.p.c., il
vizio di motivazione erronea, contraddittoria, illogica circa un punto decisivo della
controversia.
Adduce che la decisione della corte di merito, “che ha ritenuto di ravvisare i giusti motivi

concettuale errore di fondo, tale da inficiare l’intero ragionamento posto a base dell’avvenuta
compensazione…” (così ricorso, pag. 6); che “oblitera infatti la Corte di merito di valutare la
qualità nella quale la convenuta è stata chiamata in causa…: e cioè non iure proprio…, bensì

iure hereditatis… come erede del de cuius (suo ex marito)” (così ricorso, pag. 6); che

conseguentemente “è subentrata, nel contratto di prestazione d’opera intellettuale in allora
intercorso con l’avvocato Ferrara, nella medesima identica posizione soggettiva di
committente originariamente propria del de cuius” (così ricorso, pag. 7) ; che in tal guisa “a
nulla rileva in quale controversia o contro quale soggetto le prestazioni professionali,
nell’interesse del cliente, siano state svolte…, rileva soltanto il rapporto interno
cliente/professionista e il fatto che la convenuta sia stata chiamata in giudizio…
esclusivamente nella sua veste di successore universale del proprio dante — causa/committente
delle prestazioni” (così ricorso, pagg. 8 9); che “la incongruenza della decisione della Corte

di merito è poi ancora… maggiore ove ha disposto la compensazione delle spese di lite anche
tra il Legale attore e la convenuta Corinne Sorice” (così ricorso, pagg. 12

13); che, “non

avendo infatti il Legale mai svolto qualsivoglia prestazione professionale nell’interesse del
padre contro la figlia…, la motivazione adottata dalla Corte d’Appello per giustificare la
compensazione… non ha comunque la benché minima ragione d’essere verso la convenuta
Corinne Sorice” (così ricorso, pag. 13).
Il ricorso è destituito di fondamento.
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legittimanti la integrale compensazione delle spese giudiziali…, poggia su un grave e

E’ fuor di dubbio che l’instaurazione della presente vicenda giudiziaria – ora all’attenzione
di questa Corte di legittimità – risale al 24.11.1998, dì della notificazione dell’iniziale atto di
citazione.
E’ fuor di dubbio, altresì, siccome ha puntualmente evidenziato la corte distrettuale, che il
termine normativo di riferimento è, ratione temporis, il disposto dell’art. 92 c.p.c.,

concorrono altri giusti motivi, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese
tra le parti”) alla “novella” di cui alla legge n. 263/2005, in vigore dal 1° marzo 2006 ed
applicabile ai procedimenti instaurati successivamente a tale data (al riguardo cfr., mutatis
mutandis, Cass. 20.8.2004, n. 16347, secondo cui, ai fini della disciplina transitoria dettata
dall’art. 90 della legge 353/1990 (come modificata e sostituita, da ultimo, mediante il decreto
legge 18.10.1995, n. 432, convertito, con modifìcazioni, nella legge 20.12.1995, n. 534),
secondo la quale ai “giudizi pendenti” alla data del 30.4.1995 si applicano le disposizioni
vigenti anteriormente a tale data, da un lato, l ‘individuazione della ‘pendenza” del
procedimento va fissata – nei giudizi che iniziano con atto di citazione, nel momento della
“notificazione” di quest ‘atto (a differenza di quelli introdotti con ricorso per i quali rileva la
data del deposito dello stesso); dall’altro, il termine “giudizio” va considerato unitariamente,
sicché occorre avere riguardo alla data della citazione introduttiva del giudizio di primo
grado e non anche dell’eventuale instaurazione del giudizio di appello).
Ebbene, in relazione alla summenzionata enunciazione positiva (art. 92, 2° co., c.p.c.)
questa Corte, a sezioni unite, ebbe ad esplicitare che la decisione del giudice di merito di
compensare, in tutto o in parte, le spese di lite, essendo l’espressione di un potere
discrezionale attribuito dalla legge, è incensurabile in sede di legittimità, a meno che essa non
sia accompagnata dalla indicazione di ragioni palesemente illogiche, tali da inficiare, stante la

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segnatamente del 2° co., nella formulazione antecedente (“se vi è soccombenza reciproca o

loro inconsistenza, lo stesso processo formativo della volontà decisionale espressa sul punto
(cfr. Cass. sez. un. 15.11.1994, n. 9597).
In questi termini è da escludere senz’altro che le ragioni addotte dalla corte distrettuale a
riscontro e sostegno della compensazione delle spese di lite che il primo giudice ebbe a
disporre, siano palesemente illogiche o, semplicemente, illogiche.

della imprescindibile basilare ragionevolezza che ha da connotare i motivi atti a fondare la
compensazione, non riveste valenza alcuna, a rigore, la circostanza – invero indiscutibile,
ineccepibile – per cui Maria Rosa Massara e Corinne Sorcie siano subentrate iure successionis
nelle posizioni obbligatorie già facenti capo al rispettivo coniuge e genitore.
L’iter motivazionale percorso dal secondo giudice è piuttosto ancorato alla peculiarità,
alla singolarità della posizione in cui la controricorrente è venuta a trovarsi, in quanto
debitrice — iure successionis, appunto – del difensore del suo deceduto coniuge, nondimeno
suo antagonista in giudizio.
A siffatta singolarità, difficilmente — su di un piano meramente fattuale — controvertibile,
inoltre, la corte territoriale ha correlato l’ulteriore rilievo, tutt’altro che incongruo, tutt’altro
che illogico, per cui non poteva che esser oggettivamente difficile per la Massara ricostruire
con esattezza le esposizioni debitorie del deceduto coniuge nei confronti del di lui difensore.
E siffatta peculiarità, con l’oggettiva connessa difficoltà, non poteva evidentemente che
riverberarsi pur sulla posizione di Corinne Sorice, giacché nessun altro se non la madre aveva
da attendere alla ricostruzione puntuale dei rapporti obbligatori intercorsi tra l’avvocato
Ferrara ed il defunto genitore della minore.
In questo quadro le circostanze che la corte distrettuale ha debitamente posto in risalto,
sono in ogni caso più che bastevoli perché le esigenze affermate da questo giudice del diritto

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Si rimarca, previamente e contrariamente a quanto prospetta il ricorrente, che, nel segno

— a sezioni unite, con la menzionata pronuncia – possano dirsi nella fattispecie appieno
soddisfatte.
La controricorrente, Maria Rosa Massara, ha chiesto disporsi la cancellazione delle
espressione di cui alle pagine 13 e 14 dell’avverso ricorso (segnatamente da “Il sig. Sorice è

deceduto” sino a “… invece a quelle passive”).

Si osserva, nel solco dell’insegnamento di questa Corte (la sussistenza dei presupposti per

la cancellazione di espressioni sconvenienti ed offensive contenute negli scritti difensivi prevista dall’art. 89 c.p.c. e tale da poter esser disposta anche nel giudizio di legittimità,
rientrando tra i poteri officiosi del giudice – va esclusa allorquando le locuzioni censurate
non siano dettate da un passionale ed incomposto intento dispregiativo e non rivelino, perciò,
un intento offensivo nei confronti della controparte (o dell’ufficio), ma, conservando pur
sempre un rapporto, anche indiretto, con la materia controversa, senza eccedere dalle
esigenze difensive, siano preordinate a dimostrare, attraverso una valutazione negativa del
comportamento dell’avversario, la scarsa attendibilità delle sue affermazioni: cfr. Cass.
6.7.2004, n. 12309), da un canto, che le espressioni censurate, valutate ex se, non appaiono né
sconvenienti né offensive, giacché, seppur in maniera cruda e schietta, riferiscono circostanze
di fatto e riflettono valutazioni rispondenti alla communis opinio, dall’altro, che le medesime
espressioni non appaiono per nulla dettate da un mero intento offensivo, sibbene dal proposito
di fornire una compiuta rappresentazione del contesto a cui ed in cui la vicenda giudiziaria de

qua si correla e si iscrive.
Evidentemente in questi termini non vi è margine per assegnare alcuna somma alla
controricorrente.

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L’istanza non merita seguito.

Il ricorrente, giacché soccombente, va condannato a rimborsare alle controricorrenti le
spese — liquidate complessivamente così come da dispositivo – del presente giudizio di
legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alle controricorrenti le

2.000,00, di cui euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di

spese del presente giudizio di legittimità, spese che si liquidano complessivamente in euro

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