Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15096 del 19/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/06/2017, (ud. 02/03/2017, dep.19/06/2017),  n. 15096

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2988-2016 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliata ROMA, VIA GIUSEPPE

AVEZZANA 6, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO SCALLI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ELISABETTA FERRARIO;

– ricorrente –

contro

CREDITO VALTELLINESE SOC. COOP. A RL, e per esso, quale Procuratore

ex art. 77 c.p.c., CERVED CREDIT MANAGERMENT SPA a socio unico, in

persona del Procuratore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

POMPEO MAGNO 10/B, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CAROLEO,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARCO OTTOLINI;

– resistente –

e contro

A.N.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3773/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata l’01/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/03/2017 non partecipata dal Consigliere Dott. FRANCESCO CIRILLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Credito Valtellinese s.c.r.l. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Busto Arsizio, A.N. e M.S., chiedendo che fosse dichiarato inefficace nei suoi confronti, ai sensi dell’art. 2901 c.c., l’atto di compravendita immobiliare stipulato tra i due convenuti in data 9 settembre 2010.

Si costituì il convenuto A., chiedendo il rigetto della domanda, mentre la M. rimase contumace.

Il Tribunale accolse la domanda, dichiarò l’inefficacia dell’atto e condannò i convenuti in solido al pagamento delle spese di giudizio.

2. La pronuncia è stata appellata da A.N. e M.S. e la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 1 ottobre 2015, ha respinto l’appello, confermando la decisione del Tribunale e condannando gli appellanti alla rifusione delle ulteriori spese del grado.

3. Contro la sentenza d’appello ricorre M.S. con atto affidato a quattro motivi.

Resiste il Credito Valtellinese s.c.r.l. con controricorso.

A.N. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c. e le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, osservando che la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto della sentenza del Tribunale di Busto Arsizio n. 384 del 2011, emessa nel giudizio di cui all’art. 617 c.p.c., con cui era stato revocato il decreto che aveva trasferito in capo alla M. la proprietà dell’immobile poi oggetto della compravendita in questione.

1.1. Il motivo è inammissibile, posto che di tale pronuncia la Corte d’appello si è occupata ritenendola irrilevante, sicchè non è comunque ravvisabile alcuna omissione idonea a supportare la censura di vizio di motivazione.

2. Il secondo motivo di ricorso denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c.; il terzo, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 2644 c.c.; entrambi i motivi lamentano, in sostanza, che la revoca del decreto di trasferimento avrebbe fatto sì che l’immobile non fosse nel patrimonio della M., con conseguente impossibilità di alterazione del medesimo.

2.1. I motivi, da trattare congiuntamente siccome tra loro connessi, sono entrambi infondati.

La sentenza impugnata, con un accertamento in fatto non sindacabile in questa sede, ha concluso che le vicende “a monte” dell’acquisto dell’immobile da parte della M. erano irrilevanti nel giudizio odierno, poichè nel momento di proposizione dell’azione revocatoria il bene risultava dai pubblici registri in proprietà della medesima, la quale l’aveva poi ceduto all’ A. con l’atto oggetto di revocatoria. Deve pertanto rilevarsi che correttamente la Corte di merito ha ritenuto la persistenza di un interesse della Banca, terzo rispetto alla vicenda di trasferimento suddetta, al mantenimento del bene immobile nel patrimonio della M.. Non è chiaro, invece, quale sia l’odierno interesse della M. all’accoglimento di un ricorso finalizzato a far dichiarare l’inefficacia dell’atto di compravendita da lei stipulato.

2.2. Tanto premesso, rileva questa Corte che le due censure dimostrano di non cogliere in modo adeguato quale sia la logica dell’istituto dell’azione revocatoria.

Tale azione, inserita tra i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, ha appunto una finalità conservativa: il creditore agisce affinchè rimanga integro il patrimonio del debitore, in modo tale da potersi su questo rivalere per il soddisfacimento del proprio credito. La prospettiva dell’aggressione del bene oggetto di revocatoria con gli strumenti dell’esecuzione forzata non costituisce una conseguenza automatica del vittorioso esperimento di tale azione, la quale è finalizzata ad ottenere la declaratoria di inefficacia relativa dell’atto revocato, in vista dell’eventuale espropriazione nei confronti del terzo proprietario del bene (art. 602 c.p.c.). Ciò significa che l’eventuale assenza del bene dal patrimonio del debitore derivante da vicende estranee all’esperimento dell’azione revocatoria – asseritamente a causa, nella specie, della sentenza del Tribunale di Busto Arsizio con cui era stato revocato il decreto che aveva trasferito in capo alla M. la proprietà dell’immobile – potrà rilevare, semmai, in futuro; è evidente, infatti, che, se la Banca creditrice procederà in executivis contro la M. e l’atto di acquisto in favore di questa sarà caducato, la prima non potrà procedere all’espropriazione di quel bene nel patrimonio del terzo.

Ciò non toglie, però, che la finalità conservativa dell’azione revocatoria rimanga intatta e, di conseguenza, l’interesse del creditore al vittorioso esperimento della medesima.

3. Il quarto motivo di ricorso denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., ritenendo che la sentenza non sarebbe supportata da idonei elementi ne da indizi gravi, precisi e concordanti in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo di cui all’art. 2901 c.c. in capo all’ A., terzo acquirente del bene immobile in oggetto.

3.1. Il motivo è inammissibile, posto che torna a porre all’esame di questa Corte una serie di elementi di fatto già valutati dalla Corte d’appello e si risolve, quindi, nel tentativo di sollecitare un nuovo e non consentito esame del merito.

4. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale pronuncia segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in conformità ai parametri introdotti dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Pur sussistendo le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, tale obbligo non va disposto, essendo stata la ricorrente ammessa al patrocinio a spese dello Stato con provvedimento del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Milano in data 14 gennaio 2016.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 7.800, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 2 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2017

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