Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15096 del 02/07/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 15096 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: PETITTI STEFANO

SENTENZA

sentenza con motivazione
semplificata

sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro
tempore,

pro

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale

dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
ricorrente
contro
CARLUCCIO Osvaldo;
– intimato avverso il decreto della Corte d’appello di Roma emesso in
data 26 novembre 2012 e depositato in cancelleria il 19
dicembre 2012.

t’Z(57/i

Data pubblicazione: 02/07/2014

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10 aprile 2014 dal Presidente relatore Dott.
Stefano Petitti;

sentito

il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

del ricorso.

Ritenuto

che, con ricorso depositato il 26 ottobre

2009 presso la Corte d’appello di Roma, Carluccio Osvaldo
chiedeva la condanna del Ministero della giustizia al
pagamento dei danni non patrimoniali derivanti dalla
irragionevole durata di un processo penale iniziato nel
1990 dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere,
deciso in primo grado con sentenza depositata nel 2005, e
non ancora definito in appello alla data di presentazione
della domanda;
che l’adita Corte d’appello, accertata l’ammissibilità
della domanda, riteneva che il giudizio presupposto avesse
avuto una durata irragionevole di sei anni, tre mesi e 4
giorni; liquidava quindi in favore del ricorrente
l’indennizzo di 9.391,68 euro, ritenendo congruo il
criterio di computo ragguagliato a 1.500,00 euro per anno
di ritardo, oltre agli interessi legali dalla data della
domanda al saldo;

generale Dott. Aurelio Golia, che ha chiesto il rigetto

che il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso
per la cassazione di questo decreto, affidato a quattro
motivi;
che il Carluccio non ha svolto difese.

della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con il primo motivo di gravame l’amministrazione
ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art. 4 della legge n. 89 del 2001 nonché dell’art.
2967 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n.
3, cod. proc. civ., sostenendo che la Corte territoriale
avrebbe errato nel non rilevare l’assenza nel ricorso del
Carluccio del supporto probatorio in ordine alla pendenza
del procedimento presupposto alla data di proposizione del
ricorso per equa riparazione;
che con la seconda censura il Ministero lamenta
violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge n.
89 del 2001, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3,
cod. proc. civ., deducendo che erroneamente la Corte
territoriale non avrebbe incluso nel computo della
complessiva durata del procedimento presupposto la fase di
appello;
che con il terzo motivo il Ministero, denunciando
l’omessa e insufficiente motivazione su un fatto decisivo

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Considerato che il collegio ha deliberato l’adozione

della controversia in relazione all’art. 360, primo comma,
n. 5, cod. proc. civ., si duole del mancato scomputo di un
periodo pari ad un anno non addebitabile alle disfunzioni
dell’apparato giudiziario, ma all’inattività delle parti;

l’amministrazione ricorrente lamenta omessa ed
insufficiente motivazione su un fatto decisivo della
controversia in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5,
cod. proc. civ., dolendosi del fatto che l’indennizzo
liquidato per la durata non ragionevole del processo sia
stato quantificato secondo un parametro sproporzionato e
non adeguato rispetto alla vicenda, atteso il disinteresse
dimostrato dal Carluccio per la fase di appello;
che la prima censura è infondata;
che, invero, secondo consolidato orientamento di
questa Corte, spetta all’amministrazione convenuta
comprovare la tardività della domanda in relazione
all’acquisto del carattere di definitività del
provvedimento conclusivo del giudizio nel quale si è
verificata la violazione del termine ragionevole di
durata;
che, infatti, se incombe sulla parte che ricorre in
sede “riparatoria” l’onere di fornire le prove circa la
propria posizione nel processo, ovvero, la data iniziale
del giudizio, la data della sua definizione e gli

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che con il quarto e ultimo motivo di gravame

eventuali gradi in cui questo si è articolato (Cass. n.
16836 del 2010), per converso, spetta all’amministrazione
convenuta eccepire e provare la tardività della domanda
rispetto all’acquisito carattere di definitività del

essersi verificata la suddetta violazione (Cass. n. 22423
del 2013);
che il secondo motivo è fondato;
che, dallo stesso decreto impugnato,

emerge

che il

P.M. aveva proposto appello nel procedimento penale
presupposto avverso la decisione di primo grado di
assoluzione dell’odierno intimato e, poiché dagli atti non
risulta intervenuta alcuna pronuncia di inammissibilità
del gravame, ovvero, di definizione del giudizio, nulla fa
escludere un’attuale pendenza dinanzi alla Corte d’appello
di Napoli alla data di presentazione del ricorso;
che in tema di equa riparazione, quando il processo si
sia articolato in più gradi e fasi, bisogna aver riguardo
all’intero svolgimento di quest’ultimo, dall’introduzione
fino al momento della proposizione della domanda di equa
riparazione, dovendosi cioè addivenire ad una valutazione
sintetica e complessiva del processo anzidetto, alla
maniera in cui si è concretamente articolato, così da
sommare globalmente tutte le durate, atteso che ineriscono

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provvedimento conclusivo del giudizio nel quale si assume

all’unico processo da considerare (Cass. n. 14534 del
2011);
che è, pertanto, censurabile la decisione impugnata
nella parte in cui, ai fini dell’individuazione del

trascurato la fase di appello, ancora pendente al momento
della proposizione della richiesta “riparatoria”;
che, infatti, nonostante la Corte d’appello di Roma
abbia ritenuto ammissibile il ricorso presentato durante
lo svolgimento del secondo grado di merito, ha poi errato
limitando ogni indagine sulla durata del procedimento a
carico del ricorrente al primo grado di giudizio così
addivenendo ad un computo parziale e inesatto;
che il terzo motivo di ricorso è inammissibile;
che è compito del giudice di merito addivenire ad una
valutazione sintetica e complessiva del procedimento da
considerare nella sua complessiva articolazione;
che l’accertamento della sussistenza dei presupposti
della domanda di equa riparazione, ovvero, della
complessità del caso, del comportamento delle parti e
della condotta delle autorità, così come della misura del
segmento, all’interno del complessivo arco temporale del
processo, riferibile all’apparato giudiziario, in
relazione al quale deve essere emesso il giudizio di
ragionevolezza della relativa durata, si risolve in un

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periodo di durata complessiva del processo presupposto, ha

apprezzamento demandato al giudice del merito, il cui
risultato non può essere sindacato in sede di legittimità
se non per vizi attinenti alla motivazione;
che, nella specie, non ricorre vizio alcuno della

di appello di Roma sorretto da motivazione congrua e
scevra da vizi logici e giuridici (Cass. n. 14053 del
2007);
che l’ultimo motivo di gravame è assorbito, dovendosi
procedere a nuova determinazione dell’indennizzo alla luce
della rinnovata valutazione della irragionevole durata da
indennizzare, da effettuare sulla base della complessiva
durata del procedimento sino alla data della proposizione
della domanda di equa riparazione;
che in proposito appare opportuno ricordare che
«l’importo unitario, in base al quale è stata effettuata
dal giudice di merito la liquidazione del pregiudizio, pur
in assenza di ricorso incidentale, non è suscettibile di
passare in giudicato, trovando applicazione, in materia,
il principio – enunciato con riferimento alla indennità di
espropriazione, ma di portata generale – secondo cui non è
concepibile un’acquiescenza al criterio legale di
determinazione dell’indennità stessa, posto che il bene
della vita alla cui attribuzione tende l’impugnante è
l’indennità, da liquidarsi nella misura di legge, non

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valutazione di merito, risultando il giudizio della Corte

l’indicato criterio legale in sé considerato» (Cass. n.
14966 del 2012; Cass. n. 26442 del 2013);
che, pertanto, rigettato il primo motivo, accolto il
secondo, dichiarato inammissibile il terzo e assorbito il

relazione alla censura accolta, con rinvio alla Corte
d’appello di Roma, in diversa composizione, perché proceda
a nuovo esame della domanda di equa riparazione alla luce
delle indicazioni e dei principi dianzi richiamati, nonché
alla regolamentazione delle spese del giudizio di
legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso,
il secondo,
quarto;

dichiara inammissibile il terzo,

cassa

accoglie

assorbito il

il decreto impugnato in relazione alla

censura accolta e rinvia,

anche per le spese, alla Corte

di appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Il Sezione Civile della Corte suprema di cassazione, il 10
aprile 2014.

quarto, il decreto impugnato deve essere cassato in

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