Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15093 del 02/07/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 15093 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: FALASCHI MILENA

Simulazione della
vendita — Garanzia
reale

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 21985/08) proposto da:
PAGNONI VENERINO, rappfesentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del ricorso,

dall’Avv.to Arturo Pardc1 del foro di Pesaro e dall’Avv.to Guido Uuizzi del foro di Roma ed
elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Ofanto n. 18;
– ricorrente –

contro
CAPPONI AURELIO, rappresentato e difeso dall’Avv.to Fabrizio Dini del foro di Pesaro Urbino e
dall’Avv.to Corrado Curzi del foro di Ancona, in virtù di procura speciale apposta a margine del
controricorso, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.to Leopoldo Aperio Bella in
Roma, via Avezzana n. 51;
– controricorrente –

1

Data pubblicazione: 02/07/2014

avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 180 depositata il 22 marzo 2008.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 27 marzo 2014 dal
Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Rosario

ricorso ex art. 369, comma 2, n. 2 c.p.c..

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 5 marzo 2002 Verrino PAGNONI evocava, dinanzi al Tribunale di
Pesaro, Aurelio CAPPONI esponendo di avere ‘intestato’ il terreno sito in Montelabbate al
convenuto con atto di compravendita del 12.1.1982, precisando che in realtà le parti intendevano
attuare una semplice garanzia reale a favore del CAPPONI, per cui lo stesso era da ritenere un
simulato acquirente, non essendo stato immesso nel possesso del bene, continuando l’originario
proprietario a raccoglierne i frutti, direttamente o a mezzo di terze persone da lui incaricate; tanto
precisato, chiedeva dichiararsi l’intervenuto acquisto per usucapione della proprietà del terreno de
quo in suo favore.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, il giudice adito, assunte prove
testimoniali, rigettava la domanda attorea osservando che in presenza delle deduzioni in ordine
alla simulazione dell’atto di compravendita non poteva configurarsi un possesso ad usucapionem

Giovanni Russo, che — in assenza delle parti costituite – ha concluso per l’improcedibilità del

e comunque, sul piano probatorio, la domanda non era risultata provata.
In virtù di rituale appello interposto dal PAGNONI, assumendo che dalle ammissioni di cui alla
stessa comparsa di costituzione risultava che egli era rimasto nella sua disponibilità, la Corte di
appello di Ancona, nella resistenza dell’appellato che formulava anche domanda risarcitoria per
avere trascritto con malafede o colpa grave l’atto di appello, rigettava il gravame, rinunciata la
domanda formulata dall’appellato ai sensi dell’ad. 96 c.p.c..

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(v4

A sostegno della decisione adottata la corte territoriale evidenziava che il contratto concluso dalle
parti 1112.1.1982 doveva essere qualificato quale contratto definitivo di compravendita, per essere
stata manifestata la volontà volta alla immediata produzione dell’effetto traslativo. Proseguiva che
la questione era, dunque, quella di accertare se la prosecuzione nel possesso del bene alienato

era ravvisabile nella specie, non essendo la consegna un effetto immediato e necessario del
negozio.
Tanto precisato, aggiungeva che comunque la domanda formulata dal PAGNONI non poteva
trovare accoglimento in quanto al fine di fondare una domanda di acquisto della proprietà per
usucapione, poteva essere fatto valere solo il possesso successivo all’atto di trasferimento, che
nella specie cominciava a decorrere solo dal 12.1.1982, e a fronte di detta considerazione la
testimonianza resa da teste indotto dallo stesso appellante, Pagnoni Nerio, all’udienza del
14.2.2003, aveva sottolineato di avere iniziato da circa quattro anni, aiutato dal fratello, a coltivare
il terreno dietro autorizzazione del CAPPONI. Dunque doveva escludersi la dimostrazione della
esistenza di un possesso protrattosi per il tempo necessario ad usucapire.
Per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Ancona agisce il PAGNON1, sulla base
di due motivi, cui replica il CAPPONI con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio ritiene superfluo riferire i motivi di ricorso, in quanto esso appare improcedibile, oltre ad
essere – per quanto dedotto da entrambe le parti — inammissibile per sopravvenuto difetto di
interesse.
Il preliminare esame degli atti — come rilevato anche dal Procuratore generale – ha consentito di
appurare che la difesa della parte ricorrente non aveva prodotto la sentenza d’appello (ritualmente)
notificata, così come prescritto dall’art. 369 c. 2 n. 2) c.p.c., e che quindi si è verificata una causa di

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da parte del venditore costituiva o meno un costituto possessorio implicito, concludendo che non

improcedibilità del ricorso. La causa di improcedibilità discende dalla circostanza che parte
ricorrente ha allegato espressamente nel ricorso che la sentenza impugnata le venne notificata nel
domicilio eletto in data 26 maggio 2008, ma ha prodotto una copia della sentenza impugnata priva
della relata di notificazione. Viene, dunque, in rilievo il seguente principio di diritto: la previsione – di

il termine di cui al primo comma della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la
relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di
Cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto
del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di
impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto
con l’osservanza del cosiddetto termine breve. Nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od
implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una
copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione
deve essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilità
soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nei rispetto dell’ad.
372 c.p.c., comma 2, applicabile estensivamente, purché entro il termine, di cui all’ad. 369 c.p.c.,
comma 1, e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione
dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di
una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga in
ipotesi la tempestività dell’impugnazione (Cass. n. 19654 del 2004, seguita da numerose conformi;
recentemente, risolvendo la relativa questione come di massima importanza, le Sezioni Unite della
Corte hanno espressamente affermato tale principio di diritto con la sentenza n. 9005 del 16 aprile
2009).
Si è, dunque, verificata una causa di improcedibilità del ricorso. La circostanza, inoltre, che le parti
dichiarino di avere raggiunto un accordo transattivo, come evidenziato da istanza depositata dal

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cui all’ad. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 2 – dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro

procuratore del ricorrente in data 26.3.2014, per cui il ricorso sembrerebbe doversi dichiarare
inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse appare ininfluente, giacchè come chiarito dalle
Sezioni Unite (ordinanza n. 9005 del 2009 cit.) “Nell’ipotesi in cui il ricorrente per cassazione non
alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, la Corte di cassazione deve ritenere che lo

327 cod. proc. civ., procedendo all’accertamento della sua osservanza. Tuttavia, qualora o per
eccezione del controricorrente o per le emergenze del diretto esame delle produzioni delle parti o
del fascicolo d’ufficio emerga che la sentenza impugnata era stata notificata ai fini del decorso del
termine di impugnazione, la S.C., indipendentemente dal riscontro della tempestività o meno del
rispetto del termine breve, deve accertare se la parte ricorrente abbia ottemperato all’onere del
deposito della copia della sentenza impugnata entro il termine di cui al primo comma dell’art. 369
cod. proc. civ. e, in mancanza, deve dichiarare improcedibile il ricorso, atteso che il riscontro della
improcedibilità precede quello dell’eventuale inammissibilità”.
Conclusivamente, il ricorso deve quindi essere dichiarato improcedibile.
Si ravvisano giusti motivi ex art. 92 c.p.c. per compensare interamente fra le parti le spese del
giudizio di legittimità per essere stata rilevata di ufficio la questione, avente natura assorbente
rispetto alle ragioni del ricorso, che ha comportato la declaratoria di improcedibilità.

P.Q.M.
La Corte, dichiara improcedibile il ricorso;
dichiara interamente compensate fra le parti le spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il

Il Consigliereoestensore

marzo 20

stesso ricorrente abbia esercitato il diritto di impugnazione entro il c.d. termine lungo di cui all’art.

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