Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15092 del 17/07/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 15092 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 11831-2014 proposto da:
PERUGI ROBERTO, elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE
PARIOLI 74, presso lo studio dell’avvocato SAVERIO MENNITI,
rappresentato e difeso dall’avvocato ADRIANO DI FALCO giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
COMPAR SPA, in persona dell’Amministratore delegato,
elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZA UNITA’ 13, presso lo
studio dell’avvocato LUISA RANUCCI, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato PAOLO FERRATI giusta procura a margine
del controricorso;
– controricorrente –

GS G0
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Data pubblicazione: 17/07/2015

avverso la sentenza n. 73/2014 della COR1E D’APPELLO di
FIRENZE del 9/07/2013, depositata il 17/01/ 0 14;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
dell’11/06/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO
MARIA CIRILLO;

riporta agli scritti e chiede l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato Ranucci Luisa difensore della controricorrente che si
riporta al controricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
È stata depositata la seguente relazione.
«1. Roberto Perugi convenne in giudizio, davanti al Pretore di Prato, la
Compar s.p.a., chiedendo che fosse condannata al risarcimento dei
danni da lui sofferti per essere stato colpito alla fronte, mentre stava
uscendo dal negozio della convenuta, da una serranda difettosa calata
improvvisamente.
Si costituì la società convenuta, chiedendo il rigetto della domanda.
Il Tribunale, subentrato al soppresso ufficio del Pretore, rigettò la
domanda, condannando l’attore al pagamento delle spese di lite.
2. Proposto appello dal soccombente, la Corte d’appello di Firenze,
con sentenza del 7 marzo 2014, ha respinto il gravame, confermando
la pronuncia di primo grado e condannando l’appellante al pagamento
delle ulteriori spese del grado.
3. Contro la sentenza d’appello ricorre Roberto Perugi con atto
affidato a quattro motivi.
Resiste la Compar s.p.a. con controricorso.
4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di
consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380-bis e 375 cod. proc. civ.,
in quanto appare destinato ad essere rigettato.
Ric. 2014 n. 11831 sez. M3 – ud. 11-06-2015
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udito l’Avvocato Adriano Di Falco difensore del ricorrente che si

5. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 115 del codice di procedura civile.
Osserva il ricorrente che la società Compar non avrebbe contestato
l’impatto contro la serranda del suo negozio, avendo escluso la propria
responsabilità sulla base di altri rilievi. La decisione della Corte

mancata prova del nesso di causalità tra la condotta colposa e l’evento,
prova che sussisterebbe per la mancata contestazione.
5.1. Il motivo non è fondato.
Risulta dalla sentenza impugnata e dallo stesso atto di ricorso che il
Perugi, dopo aver sostenuto in citazione di essere stato colpito dalla

serranda calata improvvisamente, ha poi corretto la propria versione,
affermando di aver battuto la testa contro la serranda parzialmente
abbassata, alla quale non aveva fatto caso. La società convenuta, come
risulta dal controricorso, in comparsa di risposta non ha ammesso le
circostanze di cui alla citazione, ma fornito una propria diversa
versione dell’accaduto, secondo cui l’attore, entrando nel negozio, non
si era avveduto della serranda parzialmente calata e vi aveva urtato
contro.
Il fatto stesso che l’attore abbia modificato la propria versione dei fatti
durante il giudizio di primo grado rende assai complessa la
configurazione di una non contestazione da parte della convenuta.
Nel corso del giudizio di primo grado ed anche in quello di appello,
poi, l’attore ha insistito sull’ammissione delle prove volte alla
ricostruzione della dinamica del sinistro, con ciò implicitamente
ammettendo — come rileva la sentenza impugnata — che la presunta
non contestazione non sussisteva.
La sentenza impugnata, d’altronde, ha correttamente richiamato la
giurisprudenza di questa Corte secondo cui la non contestazione, che è
Ric. 2014 n. 11831 sez. M3 – ucl, 11-06-2015
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d’appello sarebbe perciò errata, in quanto fondata sul dato della

tendenzialmente irreversibile, non determina di per sé la decisione della
controversia, dovendo il giudice di merito valutare se il fatto non
contestato sia inquadrabile nell’astratto parametro normativo e, prima
ancora, stabilire la sussistenza o l’insussistenza di una non
contestazione. A tal fine ove il giudice, anche tacitamente, abbia

contestazione e, in assenza di ogni deduzione sulla stessa, abbia
proceduto all’espletamento incontestato di un mezzo istruttorio in
ordine all’accertamento del fatto, la successiva deduzione di parte in
ordine all’altrui pregressa contestazione diventa inammissibile
(sentenze 2 maggio 2007, n. 10098, e 16 marzo 2012, n. 4249).
6. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 345 del codice di procedura civile.
Osserva il ricorrente che la Corte d’appello avrebbe errato nel non
ammettere le ulteriori prove testimoniali dedotte.
6.1. Il motivo non è fondato.
La Corte d’appello ha osservato che uno dei due testimoni dei quali si
chiedeva l’ammissione era stato rinunciato da parte dello stesso Perugi
nel giudizio di primo grado e che l’altra testimone non poteva essere
ammessa perché si trattava di prova volta a completare o confortare la
prova già svolta in primo grado, per cui non era comunque ravvisabile
il requisito della indispensabilità.
Si tratta di una valutazione di merito del tutto corretta, rispetto alla
quale non è configurabile la lesione del citato art. 345.
7. Con il terzo e quarto motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 2051 e 2043 del codice civile.
Osserva il ricorrente che la responsabilità della società convenuta
doveva essere riconosciuta sulla base di entrambe le norme, per cui la
Corte d’appello avrebbe errato nel respingere la domanda.
Ric. 2014 n. 11831 sez. M3 – ucl. 11-06-2015
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manifestato la propria interpretazione in senso contrario alla non

7.1. I motivi sono entrambi privi di fondamento.
In realtà, una volta esclusa l’esistenza della prova sul fatto materiale e
sul nesso di causalità tra la denunciata alterazione della cosa e l’evento,
è corretto affermare che l’attore non ha adempiuto il proprio onere
probatorio.
Da ciò consegue che perdono di rilievo tutte le ulteriori considerazioni
volte alla dimostrazione di una colpa della società convenuta (art. 2043
cod. civ.) o al riconoscimento dell’esistenza della violazione di un
obbligo di custodia della cosa (art. 2051 cod. civ.).
8. Si ritiene, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato».

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Non sono state depositate memorie alla precedente relazione.
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio,
ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti
nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni.
2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 10 marzo 2014, n.
55.
Sussistono inoltre le condizioni di cui all’art. 13, comma l – quater, del
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso.
Per questi motivi
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 1.800, di cui
euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
Ric. 2014 n. 11831 sez. M3 – ud. 11-06-2015
-5-

K,p.P

.

ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione

Civile —3, 1’11 giugno 2015.

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