Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15092 del 02/07/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 15092 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: FALASCHI MILENA

SENTENZA

usucapione —
Divisione fra eredi
– Prescrizione

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 25867/08) proposto da:
SETTE RUGGERO, in proprio e quale procuratore speciale dei Edelina Sette, rappresentato e
difeso, in forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv.to Enzo Saletta del foro di Venezia
e dall’Avv.to Donato Prillo del foro di Roma ed elettivamente domiciliato presso lo studio di
quest’ultimo in Roma, via Costantino Beltrami n. 13;
– ricorrente contro
GUERRA PIERINA, in proprio e quale procuratrice speciale di Sette Alcide e Sette Elsa,
GUERRA MASSIMO, GUERRA DANIELE, GUERRA MICHELE, GUERRA FRANCA e GUERRA
ROMEO, tutti elettivamente domiciliati in appello presso lo studio dell’Avv.to Ferdinando T.
Tuvellato, Corso del Popolo n. 58 (Mestre — VE);

Issk

Data pubblicazione: 02/07/2014

- intimatiavverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 1076 depositata il 22 agosto 2007.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 27 marzo 2014 dal
Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Rosario
Giovanni Russo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 16/22 aprile 1998 Romeo, Franca, Pierina, Michele e Massimo
GUERRA, premesso che con sentenza del Pretore di Dolo del 22.5.1982, passata in giudicato,
Pietro Sette, deceduto il 15.12.1983, era stato riconosciuto proprietario esclusivo in forza di
usucapione dell’immobile sito in Carnpolongo Maggiore, attribuendone, quindi, l’acquisto in favore
dei cinque figli del predetto, Ada Sette in Guerra (cui erano succeduti, quali eredi, gli stessi attori,
oltre a Daniela Guerra), Adelina, Adele, Ruggero ed Elsa Sette, evocavano avanti al Tribunale di
Venezia gli altri comproprietari del bene per ottenerne la divisione.
Instaurato il contraddittorio, si costituiva Ruggero SETTE, il quale aderiva alla domanda di
divisione e chiedeva a sua volta la assegnazione esclusiva dell’immobile in quanto non divisibile,
nonché il riconoscimento dei miglioramenti e delle addizioni allo stesso apportate a sue spese, il
giudice adito, disposta ed espletata c.t.u. per la valutazione del bene, costituita anche Adelina
SETTE a mezzo di procuratore speciale, Ruggero SETTE (che chiedeva l’assegnazione
dell’intero compendio), congiuntamente al fratello Ruggero, nonché Elsa ed Alcide, a mezzo della
procuratrice speciale, Pierina SETTE (che chiedevano l’attribuzione del bene congiuntamente agli
attori, al pari di Daniela GUERRA), rilevava la pacifica indivisibilità dell’immobile in relazione alle
cinque quote dei condividenti, dichiarava inammissibile l’eccezione di prescrizione dei diritti

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udito l’Avv.to Donato Prillo, per parte ricorrente;

ereditari dei fratelli Elsa (per mero errore materiale indicata quale Elisa) ed Alcide SETTE,
sollevata dal RUGGERO in comparsa conclusionale, riteneva accoglibile l’istanza formulata dagli
attori e dai convenuti, Elsa ed Alcide SETTE e Daniela GUERRA, attesochè detto gruppo di
coeredi era titolare della quota maggioritaria, pari a 3/5 dell’asse ereditario e lo assegnava

18.150.000 da corrispondere a ciascuno degli altri condividenti quale valore della loro quota;
condannava Ruggero SETTE a corrispondere ai consorti GUERRA e ad Elsa ed Alcide SETTE la
somma di £. 3.465.000 a titolo di indennizzo per la occupazione dell’immobile dal luglio 1993;
accertava il credito di Ruggero SETTE in complessive £. 6.760.000 per migliorie nei confronti di
tutti gli altri coeredi, spese di c.t.u. a carico di tutte le parti, con compensazione di quelle di lite.
In virtù di rituale appello interposto da Ruggero SETTE, in proprio e quale procuratore speciale di
Edelina Sette, con il quale deduceva la erroneità della ritenuta inammissibilità dell’eccezione di
prescrizione dei diritti ereditari dei fratelli Elsa ed Alcide, oltre a non avere il giudice di primo grado
tenuto conto delle particolari ragioni prospettate al fine di ottenere l’attribuzione del bene in
deroga al criterio generale della quota maggiore, per avere egli sempre vissuto, con la sua
famiglia, nell’immobile, provvedendo a migliorie ed addizioni, la Corte di appello di Venezia, nella
resistenza degli appellati Romeo, Franca, Pierina, Michele e Massimo Guerra, nonché Daniela
Guerra anche quale procuratrice speciale di Elsa ed Alcide Sette, i quali proponevano anche
appello incidentale sul capo relativo alla compensazione delle spese, in parziale riforma della
sentenza impugnata, poneva a carico degli appellati il pagamento in favore degli appellanti di un
conguaglio pari ad €. 23.334,60 per ciascuno, oltre interessi dalla domanda, confermata per il
resto la pronuncia.
A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale evidenziava — a prescindere dalla
questione di rito — che l’eccezione di prescrizione del diritto ereditario di Elsa e di Alcide SETTE
era infondata, nel merito, in quanto l’acquisto per usucapione del loro dante causa, e quindi del

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congiuntamente agli stessi in piena proprietà ponendo a carico dei predetti il conguaglio di £.

loro diritto ad essere ritenuti attuali proprietari, era stato accertato con sentenza del Pretore di
Dolo passata in giudicato; peraltro la loro volontà di lasciare ai Guerra la quota dell’immobile di
Bojon di Campolongo Maggiore era stata manifestata con le dichiarazioni rese 1’11.4.1988 ed il
9.4.1988, che dovevano ritenersi atti dispositivi dei diritti che derivavano dalla successione e che

Aggiungeva che non vi erano ragioni per derogare alla previsione dell’art. 720 c.c., per essere gli
appellati titolari della quota maggioritaria del bene, neanche dedotte dagli appellanti e che
comunque avrebbero dovuto riguardare l’interesse comune dei condividenti e non già quelle del
singolo condividente, in quanto occupante di fatto il bene.
Modificava la pronuncia di primo grado solo quanto alla determinazione del conguaglio spettante
agli appellanti, che veniva rapportato alla valutazione attuale dei beni.
Per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Venezia ricorre Ruggero SETTE, in
proprio e quale procuratore speciale di Edelina Sette, sulla base di un unico motivo, illustrato
anche da memoria ex ari. 378 c.p.c., nessuna difesa svolta dagli intimati.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente rilevato che la procura rilasciata con foglio allegato e spillato alla memoria ex
art. 378 c.p.c., contenente contestuale costituzione di ulteriore procuratore, in aggiunta all’avv.
Donato Prillo, depositata nell’imminenza dell’udienza pubblica, è atto nullo e privo di qualsiasi
effetto, con la conseguenza che l’atto stesso è inammissibile e non abilita l’avv. Sandro Fattoretto
allo svolgimento di alcuna attività. Infatti, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte,
nel giudizio di cassazione, la procura speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad
atti diversi dal ricorso o dal controricorso, poiché l’art. 83 c.p.c., comma 3, nell’elencare gli atti in
margine o in calce ai quali può essere apposta la procura speciale, indica con riferimento al
giudizio di cassazione soltanto quelli sopra individuati, con la conseguenza che se la procura non

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solo nella qualità di eredi potevano compiere.

è rilasciata in occasione di tali atti, è necessario il suo conferimento nella forma prevista dal
secondo comma del citato art. 83, cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata (Cass.
nn. 3121 del 1999, 8708 e 18528 del 2009). Nè può ritenersi applicabile nella fattispecie il nuovo
testo dell’ari. 83 cit., risultante dalla modifica apportata dalla legge n. 69 del 2009, art. 45, comma

giudizi instaurati in primo grado dopo la data di entrata in vigore della stessa.
L’avv. Prillo è però dotato di jus postulandi, essendo stato notificato il ricorso da lui sottoscritto
quale difensore delle parti ricorrenti, compresa Edelina Sette, originaria ricorrente poi deceduta,
che validamente gli aveva conferito, attraverso il procuratore speciale, il potere di rappresentanza
nel presente giudizio di cassazione che è officioso e non si interrompe per la morte della parte,
anche se dichiarata dal legale che può continuare nella sua attività difensiva successivamente al
decesso del suo patrocinato (Cass. 14 novembre 2001 n. 14194, tra le altre).
Va sempre prioritariamente rilevata la inammissibilità della produzione dei documenti
allegati dal ricorrente alla memoria difensiva presentata, poiché a norma dell’ari. 372 c.p.c., nel
giudizio innanzi alla Corte di Cassazione non è consentito il deposito di atti e documenti non
prodotti nei precedenti gradi del processo, salvo che non riguardino l’ammissibilità del ricorso e
del controricorso ovvero la nullità della sentenza impugnata (Cass. 2 marzo 1995 n. 2431). Ipotesi
queste da escludere nella fattispecie in esame in considerazione delle deduzioni svolte nella
memoria dal ricorrente, il quale ha insistito nell’eccezione di prescrizione decennale del diritto di

9, poiché, ai sensi dell’art. 58, comma 1, della legge medesima, tale disposizione si applica ai

accettare dei chiamati all’eredità Sette Elsa e Sette Alcide, sollevata con l’atto di intervento del
28.1.1994, svolto nel giudizio di divisione promosso avanti il Tribunale di Venezia, come provato
dalla copia del relativo verbale di udienza.
Passando all’esame del ricorso, l’unico motivo, nel denunciare la violazione ed erronea
applicazione degli artt. 476 e 477 c.c., pone il seguente quesito di diritto: “può una sentenza
passata in giudicato che dichiari ed accerti l’usucapione ventennale di un immobile a vantaggio

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mit

del de cuius e conseguentemente la comproprietà del bene stesso in capo ai successori, mutare
lo status di questi ultimi da chiamati all’eredita in eredi? In mancanza di accettazione espressa
quali requisiti devono sussistere perché un comportamento del chiamato all’eredità possa definirsi
incompatibile con la volontà di non accettare ex artt. 476 e 477 c.c.?”.

La sentenza impugnata ha espresso il convincimento che con riferimento alla decorrenza del
termine prescrizionale del diritto di accettare l’eredità nella specie di dovesse tenere conto del
passaggio in giudicato della pronuncia del Pretore di Dolo che ha accertato l’intervenuto acquisto
per usucapione da parte del loro dante causa, Pietro Sette, dell’immobile sito in Campolongo
Maggiore, e quindi dal 1984, depositata la sentenza in data 15.12.1983. Inoltre ha desunto
l’accettazione dei diritti ereditari da parte dei fratelli Elza ed Alcide Sette (rigettata l’eccezione di
prescrizione sollevata in tal senso dal ricorrente) dalle loro manifestazioni di volontà, di cui alle
dichiarazioni del’11.4.1988 e del 9.4.1988, di lasciare ai Guerra la loro quota dell’immobile di
Bojon.
Pur non trovando riscontro normativo la decisione nella parte in cui ha respinto l’appello
relativamente all’individuazione dell’evento da cui far decorrere il termine decennale di
prescrizione del diritto di accettare l’eredità, la statuizione, tuttavia, trova fondamento anche in un
diverso ordine di considerazioni.
Non può, in vero, prestarsi adesione alla tesi posta dalla sentenza impugnata per la quale il
termine prescrizionale sarebbe diverso da quello contemplato nell’art. 480 c.c., ai sensi del quale
rileva, unitariamente, il giorno dell’apertura della successione, corrispondente alla data del
decesso del de cuius, giacchè tale espressa disciplina normativa del termine prescrizionale non
può trovare deroghe al di fuori dei casi indicata dallo stesso art. 480 c.c. di istituzione
condizionale e di chiamati ulteriori, risultando quindi irrilevante, ai fini di tale decorrenza, che il
bene sia entrato nel patrimonio relitto di Pietro Sette solo successivamente.

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La censura è priva di pregio.

A prescindere da detta statuizione, che va perciò emendata nel senso di cui sopra – ai sensi
dell’art. 384, ult. comma, c.p.c. – la sentenza impugnata ha evidenziato che i fratelli Elza ed Alcide
Sette avevano disposto della loro quota dell’immobile relitto in favore dei Guerra entro il decennio
dall’apertura della successione.

dichiarazioni non significative, considerato che essi avevano disposto del bene ereditato, per cui
non solo non avevano contestato la qualità di eredi, ma avevano espresso la loro volontà solo per
la loro quota parte, attività che dimostrava il reale interessamento dei fratelli al bene in questione.
Inoltre resta da osservare che un atto dispositivo di un bene rientrante nella successione poteva
essere compiuto soltanto da colui (o coloro) che si ritenesse(ro) e si presentasse(ro) quale(i)
erede (i), essendo l’erede l’unico legittimario a manifestare la volontà di trasferire il bene. Pertanto
Elza e Alcide Sette avevano fornito una prova sufficiente della loro accettazione dell’eredità
paterna. Orbene il convincimento della Corte territoriale è corretto ed immune dalle censure
sollevate dai ricorrenti.
Anzitutto deve premettersi che i generici rilievi critici relativi alla non configurabilità come
accettazione tacita dell’eredità degli atti dispositivi della bene, non hanno ragione di essere, posto
che si tratta di manifestazioni di volontà suscettibili di menomare la consistenza dell’asse
ereditario, oltre ad essere di natura tale che solo l’erede ha il diritto di compiere (Cass. 26 marzo
1965 n. 497). Deve ritenersi, pertanto, che correttamente il giudice di appello ha qualificato le
ridette dichiarazioni come accettazione tacita dell’eredità, trattandosi di atti che i germani Sette,
Elza ed Alcide, non avrebbero potuto compiere se non nella qualità di eredi di Pietro Sette, ed
appare estremamente significativo al riguardo che gli stessi abbiano disposto con gli atti soltanto
per la quota di loro spettanza quali eredi, in conformità al principio sancito in proposito dall’art.
752 c.c.. Del resto non sarebbe comprensibile per quale altra ragione diversa da quella enunciata

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La Corte territoriale ha ritenuto decisivo nella fattispecie il rilievo che non potesse trattarsi di

i Sette avrebbero provveduto a cedere la loro quota dell’immobile ai Guerra, nè d’altra parte i
ricorrenti hanno prospettato alcunché al riguardo.
In definitiva il ricorso deve essere rigettato.

P.Q. M.

La Corte, rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il 27 marzo 2014.

Nulla va disposto quanto alle spese del giudizio di legittimità non avendo gli intimati svolto difese.

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