Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15089 del 21/07/2016
Cassazione civile sez. VI, 21/07/2016, (ud. 08/03/2016, dep. 21/07/2016), n.15089
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –
Dott. MANNA Felice – Consigliere –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
C.U., rappresentato e difeso, per procura speciale in
calce al ricorso, dall’Avvocato Marco Mocella, elettivamente
domiciliato in Roma, Lungo Tevere Pietra Papa n. 185, presso lo
studio dell’Avvocato Simona Donati;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso
i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per
legge;
– controricorrente –
avverso il decreto della Corte d’appello di Roma n. 3625/2014,
depositato il 14 marzo 2014 (R.G. n. 56621/2010).
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’8
marzo 2016 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che, con ricorso depositato presso la Corte d’appello di Roma il 12 luglio 2010, C.U. chiedeva la condanna del Ministero della giustizia al pagamento dei danni non patrimoniali derivati dalla irragionevole durata di un giudizio iniziato dinnanzi al Tribunale di Napoli, sezione lavoro, con ricorso depositato il 3 giugno 2003, deciso in primo grado con sentenza del 19 ottobre 2004 e definito in appello, a seguito di gravame interposto il 10 ottobre 2005, con sentenza depositata il 10 febbraio 2010;
che la Corte d’appello rigettava il ricorso ritenendo che dalla durata complessiva del giudizio presupposto dovesse essere detratta la c.d. stasi processuale, ad eccezione di trenta giorni per la proposizione dell’appello, sicchè, avendo il giudizio presupposto avuto una durata di cinque anni e dieci mesi, non risultava superato il periodo di ragionevole durata dei due gradi di giudizio di merito (cinque anni);
che per la cassazione di questo decreto C.U. ha proposto ricorso sulla base di un unico articolato motivo;
che il Ministero ha resistito con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza;
che con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e segg., con riferimento alla consolidata giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sull’art. 6, par. 1 della CEDU, nonchè sugli artt. 13, 32, 35 e 41, sulla non necessità della prova del danno non patrimoniale e sull’irragionevole divario con i parametri della stessa Corte europea; dell’art. 1224 c.c. e segg., dell’art. 2056 c.c., dell’art. 737 c.p.c., dell’art. 111 Cost., comma 6 e art. 117 Cost., comma 1”, dolendosi essenzialmente del fatto che la Corte d’appello abbia escluso la irragionevole durata del giudizio presupposto pur dando atto che il giudizio stesso è durato cinque anni e dieci mesi (in realtà, sei anni) a fronte di una durata ragionevole di cinque anni per i due gradi di merito;
che il motivo è fondato;
che, invero, il provvedimento impugnato, nell’affermare che il giudizio presupposto, detratti i segmenti non indennizzabili (nella specie, undici mesi) aveva avuto una durata di cinque anni e dieci mesi e nel ritenere che tuttavia lo stesso non avesse avuto una durata irragionevole, essendo ragionevole quella di cinque anni per i due gradi, deve ritenersi del tutto carente di motivazione, atteso che, avendo accertato una durata di cinque anni e dieci mesi di durata valutabile, e avendo ritenuto ragionevoli cinque anni, residuava una durata di dieci mesi in relazione alla quale il decreto impugnato è del tutto omissivo;
che, dunque, il ricorso va accolto, con rinvio, per nuovo esame della domanda, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione;
che al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione della spese di cassazione.
PQM
La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 8 marzo 2016.
Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2016