Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15088 del 31/05/2021

Cassazione civile sez. III, 31/05/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 31/05/2021), n.15088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1744/2018 proposto da:

A.G., rappresentato e difeso dall’avvocato PIETRO TONCHIA,

domiciliazione p.e.c. pietro.tonchia.avvocatiudine.it;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA GIUSTIZIA SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. P.

DA PALESTRINA, 19, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA DI

STEFANI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, EQUITALIA NORD SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 467/2017 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 28/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/01/2021 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

A.G. si opponeva a una cartella esattoriale emessa per il pagamento di spese di giustizia relative a una statuizione del Tribunale penale;

deduceva che non aveva mai avuto notifica di atti precedenti, e in particolare dei decreti di pagamento da parte del Pubblico Ministero; che erano richieste le spese dell’intero procedimento penale, anche quelle riferite ad altri imputati e fatti neppure connessi, con vincolo di solidarietà illegittimo;

il Tribunale rigettava l’opposizione osservando che:

– la condanna in solido era stata pronunciata dal giudice penale ed era conforme alla disciplina vigente al momento del passaggio in giudicato della relativa decisione;

– a fronte di ciò, la richiesta di adozione di un ordine di esibizione documentale, al riguardo sollecitata dall’opponente, era generica e inammissibilmente esplorativa;

la Corte di appello disattendeva il gravame, sottolineando che:

– la deduzione di vizi formali, quale la mancata comunicazione dei decreti di liquidazione del Pubblico Ministero, era da qualificare opposizione agli atti esecutivi ed era tardiva, fermo che

– le spese comprese dall’Ufficio requirente nei decreti di liquidazione erano conoscibili dal deducente poichè contenute nei c.d. fogli notizie del fascicolo processuale messo a sua disposizione con l’avviso di conclusione delle indagini previsto dall’art. 415 bis c.p.p.;

– quanto al resto, si trattava della corretta individuazione del perimetro del titolo contenuto nella condanna penale, come tale spettante alla cognizione del relativo giudice, fermo che:

– la spesa di noleggio di apparecchiature esterne per le intercettazioni era ripetibile in coerenza con l’art. 70 del Testo Unico sulle spese di giustizia, volto a tutelare l’efficienza delle indagini;

– la questione dell’esclusione del vincolo di solidarietà conseguente all’abrogazione dell’art. 535 c.p.p., comma 2, non poteva che essere rimessa parimenti al giudice dell’esecuzione penale;

– nel merito, comunque, la questione era anche infondata, posto che doveva applicarsi il regime sostanziale vigente al momento del passaggio in giudicato della decisione penale in parola;

– l’art. 205 del Testo Unico menzionato, che, nella versione modificata dalla L. n. 69 del 2009, aveva previsto il recupero forfettizzato, variamente regolato e senza vincolo di solidarietà, delle spese in questione, doveva applicarsi anch’esso, nel caso, secondo la precedente disciplina, ai sensi della normativa transitoria della medesima legge;

avverso questa decisione ricorre A.G. articolando sei motivi; resiste con controricorso Equitalia Giustizia s.p.a.;

è rimasto intimato il Ministero della giustizia;

è rimasta altresì intimata Equitalia Nord s.p.a.;

Rilevato che:

con primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,132,277 c.p.c., art. 5 Testo Unico sulle spese di giustizia, poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di esaminare la natura straordinaria delle spese di intercettazione e l’estraneità a molte di queste del ricorrente che avrebbe dovuto rispondere solo di quelle riferite al proprio reato, fermo che le spese per il noleggio delle apparecchiature non erano quelle, diversamente previste, degli operatori telefonici;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 535 c.p.p., in uno all’omesso esame di un fatto decisivo e discusso, poichè prima della modifica apportata dalla L. n. 69 del 2009, alla norma evocata, il regime era quello della responsabilità delle spese relative ai reati cui si riferiva la condannar e non alle condotte di reato accertate a carico di altri soggetti, senza che, al riguardo, la Corte territoriale, errando, avesse fatto alcuna disamina;

con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 205 Testo Unico sulle spese di giustizia, e dell’art. 2 c.p., artt. 112,132,277 c.p.c., poichè la Corte di appello avrebbe errato non applicando la norma per prima evocata nella versione successiva alla sua modifica, tenuto conto che la disciplina transitoria faceva riferimento alle procedure di recupero delle spese e non alle norme che individuassero quelle ripetibili senza il vincolo di solidarietà: del resto sarebbe stato irragionevole, e dunque incostituzionale, differenziare il trattamento a seconda dell’impugnazione della decisione penale, tanto più apprezzando l’ipotesi in cui, con l’applicazione della pena su richiesta, l’imputato non diviene responsabile delle spese in parola;

con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 168, 169, del Testo Unico sulle spese di giustizia, art. 277 c.p.c., poichè la Corte di appello avrebbe errato equiparando l’astratta conoscibilità delle spese a seguito dell’avviso di conclusione delle indagini, alla conoscenza delle medesime per il tramite dei decreti di liquidazione del Pubblico Ministero;

con il quinto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115,183 c.p.c., poichè erano state illegittimamente rigettate le richieste istruttorie volte proprio a verificare l’imputabilità delle singole spese al ricorrente in relazione ai reati dal medesimo commessi, e non ad altri;

con il sesto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 c.p.c., poichè la Corte di appello avrebbe errato affermando la riserva di cognizione del giudice penale, posto che la relativa condanna era stata solo generica e ne era in questo giudizio contestata la quantificazione;

Rilevato che:

preliminarmente va disattesa l’eccezione di giudicato formulata dall’ente creditore Equitalia Giustizia s.p.a., tale per conto del Ministero della Giustizia;

la controricorrente osserva che la prima notifica alla stessa era stata tempestiva ma radicalmente invalida poichè al procuratore domiciliatario presso indirizzo diverso da quello proprio e mutato, come avrebbe potuto e dovuto verificarsi effettuando una semplice ricerca presso il Consiglio dell’Ordine forense locale, mentre la successiva notifica era appunto tardiva, per superamento del termine ex art. 327 c.p.c.;

deve infatti osservarsi che – al di là della questione della tempestività della notifica in parola in relazione al fatto che il difensore destinatario non risultava svolgere la propria attività nel circondario (Trieste) del Tribunale in cui era stata radicata la controversia (Udine) (su cui v. ad esempio Cass., 28/03/2019, n. 8618, che, nell’opposta ipotesi, esclude la sussistenza del requisito dell’assenza di negligenza che legittima la riattivazione del procedimento notificatorio entro la metà del termine di cui all’art. 325 c.p.c.) – resta il tempestivo invio della notifica del ricorso per cassazione sia al concessionario Equitalia Nord che al Ministero della giustizia, che risulta parte del giudizio di appello; anche se in entrambi i casi in modo nullo sebbene non inesistente, e quindi sanabile: in questo modo legittimando, in ipotesi, l’utile ordine di rinnovo delle notificazioni alle parti, litisconsorti processuali necessari;

la notifica al Ministero risulta effettuata, sia in forma cartacea che via p.e.c., all’Avvocatura distrettuale e non, come necessario, a quella Generale (Cass., 30/10/2020, n. 14032) e la notifica al già concessionario risulta effettuata al domiciliatario dello stesso invece che all’Agenzia delle entrate riscossione, successore universale ex lege del precedente concessionario per l’esazione (Cass., Sez. U., 30/01/2020, n. 2087);

ciò nondimeno, l’ordine di rinnovo della notificazione non dev’essere disposto dando attuazione al principio di ragionevole durata del processo, atteso l’esito dello scrutinio del ricorso (cfr., ad es., Cass., 17/06/2019, n. 16141, a risalire sino a Cass., Sez. U., 22/03/2010, n. 6826);

il quarto motivo, da esaminare prioritariamente per ragioni logiche, è inammissibile;

la Corte di appello, come visto in parte narrativa, ha statuito (a pag. 7 della sentenza gravata) che la questione della mancata notificazione dei decreti di liquidazione del Pubblico Ministero era da ritenere motivo di opposizione agli atti esecutivi e per questo tardivamente posta;

la residua. motivazione di merito sulla sufficienza dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p., è “tamquam non esset” perchè assorbita dalla pronuncia d’inammissibilità (Cass., Sez. U., 20/02/2007, n. 3840), sicchè la censura di questa ragione decisoria è a sua volta inammissibile, mentre avrebbe dovuto censurarsi, in tesi, la prima, come non è avvenuto;

il primo, secondo, terzo e sesto motivo, da esaminare congiuntamente per connessione, sono poi infondati, con assorbimento del quinto;

questa Corte (Cass., 30/01/2019, n. 2553, pagg. 9-10, e succ. conf.) ha chiarito che se, per un verso, l’impugnazione di cartelle di pagamento relative a spese di giustizia rientra nella giurisdizione ordinaria non vertendosi in tema di tributi (cfr., ad es., Cass., Sez. U., 31/07/2017, n. 18979); per altro verso, quanto al riparto con la cognizione del giudice penale, quando siano sottesi provvedimenti adottati da questo, al giudice civile spetta la contestazione che non metta in discussione la sussistenza e la portata della statuizione in sè dell’omologo penale (v. da Cass., Sez. U. penali, 12/01/2012 n. 491);

le contestazioni riservate alla cognizione del giudice civile “possono a loro volta riguardare o aspetti squisitamente contabili o la riconducibilità di talune voci al perimetro di applicabilità della condanna. In relazione a questa seconda ipotesi occorre chiarire che l’intervento del giudice civile dell’opposizione presuppone che non vi siano dubbi sulla definizione del detto perimetro e si verta, quindi, solo sul concreto rispetto di esso in sede di quantificazione. E’ evidente infatti che, ove si discuta della reale definizione del perimetro e, quindi, della portata della stessa statuizione penale, la questione non può che appartenere alla cognizione del giudice dell’esecuzione penale” (Cass., Sez. U. penali, n. 491 del 2012, cit.);

la domanda diretta non tanto alla rideterminazione del “quantum debeatur” ma all’effettiva individuazione dei reati per i quali egli ha riportato condanna e si ritiene tenuto al pagamento delle relative spese, rientra dunque nella competenza del giudice dell’esecuzione penale, perchè volta all’individuazione e all’esatta portata della stessa statuizione di condanna della cui esecuzione si tratta (Cass. pen., 19/05/2015, n. 36359);

per lo stesso motivo, la questione relativa alla persistenza, a seguito dell’abrogazione dell’art. 535 c.p.p., comma 2, del vincolo di solidarietà della condanna alle spese del procedimento penale, rientra nelle attribuzioni del giudice della esecuzione penale, in quanto organo competente a conoscere di tutte le questioni che attengono alla esistenza, validità e sufficienza del titolo per l’esercizio dell’azione di recupero delle spese processuali (Cass. pen., n. 36359 del 2015, cit., e succ. conf., come, ad esempio, Cass. pen., 15/03/2019, n. 31843);

il fatto che la condanna penale sia sul punto generica – e la stessa non è compiutamente riportata in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 – non può pertanto mutare la cognizione, spettando a maggior ragione al giudice dell’incidente esecutivo penale stabilire quale concreta portata si dovesse e debba ritenere riferibile al titolo (e Cass. pen., n. 36359 del 2015, cit., richiamando Cass. Sez. U. penali, n. 491 del 2012, cit., chiarisce pure che “l’esclusione del vincolo di solidarietà conseguente all’abrogazione dell’art. 535 c.p.p., comma 2, non ha effetto sulle statuizioni di condanna alle spese emesse anteriormente in tal senso e passate in giudicato, e ciò non per la natura processuale della suddetta disposizione abrogatrice, cui va invece riconosciuta natura di norma sostanziale, bensì in forza della preclusione di cui all’ultimo inciso dell’art. 2 c.p., comma 4”, senza dunque alcuna ipotesi d’incostituzionalità stante la possibilità, per il legislatore, di regolare in modo differenziato situazioni successive nel tempo, per non discorrere di quelle del tutto diverse come per l’ipotesi di cui all’art. 444 c.p.p.);

per le stesse ragioni la questione sull’applicabilità del regime di cui all’art. 205, testo unico sulle spese di giustizia, diffusamente incisivo del perimetro della condanna alle spese in parola, pronunciata dal giudice penale, non può che rientrare nella cognizione del giudice penale (e anche in tal caso appare peraltro corretto il riferimento effettuato dalla Corte territoriale alla disciplina transitoria di cui della L. n. 69 del 2009, art. 67, comma 4, non potendosi limitare la portata semantica del termine “recupero delle spese” in senso escludente dell’individuazione di quelle ripetibili ampiamente disciplinato dall’art. 205 cui la prescrizione del regime intertemporale si correla);

spese secondo soccombenza; raddoppio c.u..

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali di parte controricorrente liquidate in Euro 6.000,00, oltre a 200,00 Euro per esborsi, spese forfettarie e accessori legali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2021

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