Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15088 del 21/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 21/07/2016, (ud. 19/05/2016, dep. 21/07/2016), n.15088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

su ricorso 13111-2015 proposto da:

A.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE AMERICA

111, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELLA NARDI, che lo

rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CONTRO

R.M., elettivamente domiciliato in Roma Piazza Cavour

presso la Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato

RIZIERO ANGELETTI, giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7019/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. DANILO SESTINI;

udito l’Avvocato Raffaella Nardi difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti del ricorso.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

E’ stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis c.p.c.:

“1. In relazione ad una condotta diffamatoria ascritta a A.T., la Corte di Appello di Roma, pur riformando parzialmente la sentenza di primo grado, ha confermato la condanna dell’ A. al risarcimento del danno non patrimoniale in favore di R.M. (ancorchè in misura ridotta a 2.500,00 Euro).

Avverso tale pronuncia ricorre l’ A., affidandosi a quattro motivi, mentre l’intimato resiste con controricorso.

2. Il primo motivo censura la Corte per avere affermato che la sentenza penale di assoluzione prodotta dall’ A. non poteva fare stato nel giudizio civile in quanto non era passata in giudicato: evidenzia il ricorrente che tale affermazione è dipesa da un’erronea lettura del documento prodotto (recante l’annotazione dell’intervenuta irrevocabilità).

2.1. Il motivo è inammissibile, in quanto il dedotto errore percettivo della Corte avrebbe potuto essere fatto valere esclusivamente come vizio revocatorio e non quale motivo di ricorso per cassazione.

3. Il secondo e il terzo motivo deducono la violazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 115, 116 e 132 c.p.c., oltre all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e contestano la rilevanza probatoria della C.T.U. grafologica recepita dalla Corte, in ragione della “limitata consistenza probatoria” del mezzo e – nello specifico – delle aporie da cui era affetta la consulenza.

3.1. Entrambi i motivi sono inammissibili poichè, senza individuare specifici errores in iure o fatti decisivi non esaminati, si risolvono nella contestazione dell’apprezzamento del materiale probatorio compiuto dalla Corte e nella sollecitazione ad una inammissibile diversa lettura di merito.

4. Il quarto motivo (che censura il riconoscimento del risarcimento del danno non patrimoniale, deducendo la violazione degli artt. 112 e 343 c.p.c. e art. 2059 c.c.) è inammissibile in quanto trascura di considerare che la Corte, pur affermando (diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice) che la diffusione della lettera anonima integrava gli estremi del reato di diffamazione, non ha fondato il diritto al risarcimento sulla sola esistenza del reato, ma anche (e correttamente) sull’accertata “lesione di diritti della personalità”, da sola sufficiente a giustificare il risarcimento ove risultino soddisfatti i criteri della serietà del danno e della gravità della lesione (cfr. Cass., S.U. n. 26972/2008).

5. Si propone pertanto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con condanna alle spese di lite”.

A seguito della discussione del ricorso in camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 1.400,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre rimborso spese forfettarie e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2016

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