Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15088 del 19/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/06/2017, (ud. 05/04/2017, dep.19/06/2017),  n. 15088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22139-2015 proposto da:

IREN GESTIONI ENERGETICHE SPA, (già CAE AMGA ENERGIA SIPA), IREN

MERCATO SPA, LABORATORI IREN ACQUA GAS SPA (questi ultimi due sono

ricorrenti successivi), in persona dei rispettivi Amministratori

delegati e legali rappresentanti pro tempore, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CAIO MARIO, 7, presso lo studio

dell’avvocato MARIA TERESA BARBANTINI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ENRICO SIBOLDI;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante, in proprio e quale

procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI

INPS SCCI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo,

rappresentato e difeso unitamente e disgiuntamente dagli avvocati

CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI ed EMANUELE DE ROSE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 108/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 17/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/04/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione dell’ordinanza in forma semplificata, ai sensi del decreto del primo Presidente in data 14/9/2016;

Rilevato:

1. che la Corte di appello di Genova, pronunziando sugli appelli riuniti di Iren Gestioni Energetiche s.p.a, Laboratori Iren Acqua Gas s.p.a. e Iren Mercato s.p.a. avverso le sentenze nn. 802, 803 e 804/2014 del Tribunale di Genova che avevano rigettato le opposizioni delle dette società avverso gli avvisi di addebito dell’INPS concernenti crediti vantati dall’istituto previdenziale a titolo di cigs, cigo e mobilità, oltre sanzioni civili ed accessori, ha confermato le sentenze nn. 803 e 804 /2014 e, in parziale riforma della sentenza n. 802/2014, confermata nel resto ha ridotto dell’importo di Euro 2.348,00 per contributi ed Euro 468,35 per sanzioni civili le somme portate dall’avviso opposto;

2. che avverso tale decisione hanno proposto separati ricorsi le società in oggetto e, specificamente, Iren Gestione Energetica s.p.a. sulla base di sei motivi, Iren Mercato s.p.a. sulla base di tre motivi e Laboratori Iren Acqua Gas s.p.a. sulla base di cinque motivi;

2.1. che l’INPS, anche quale procuratore speciale di SCCI s.p.a. (Società di cartolarizzazione dei crediti INPS), ha resistito con tempestivi controricorso;

2.2. che le società hanno depositato separate memorie;

3. che, ai sensi dell’art. 335 c.p.c. occorre disporre la riunione delle impugnazioni proposte avverso la medesima decisione.

Considerato:

4. che con primo motivo di ricorso di Iren Gestioni Energetiche s.p.a., si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c. per avere il giudice di appello respinta la eccezione di giudicato avanzata dalla società sul rilievo che tra le parti era intervenuta precedente sentenza (sentenza n. 1859/2007 del Tribunale di Genova), divenuta definitiva, inerente i medesimi contributi ma riferita a periodo diversi.

4.1. che in merito alla pretesa espansività del giudicato rappresentato dalla citata sentenza n. 1859/2007 del Tribunale di Genova occorre rilevare come la decisione appellata ha integralmente richiamato proprio precedente che affrontava analoga questione; in tale pronunzia si evidenziava – con affermazione da ritenersi conferente, quindi, anche in relazione al caso in esame -.che la sentenza inter partes non conteneva accertamenti di fatto o di diritto su elementi qualificanti il debitore destinati, per loro natura, a proiettarsi nel futuro e ad assumere carattere pregiudiziale ai fini dell’individuazione della regola giuridica disciplinante quella che è, naturalmente, un’obbligazione di durata;

4.2. che, tali affermazioni non risultano adeguatamente contrastate da parte ricorrente la quale, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, omette di trascrivere il contenuto della richiamata pronunzia n. 1859/2007 onde dar modo a questa Corte di verificare ex actis che tale pronunzia implicava effettivamente una qualificazione della Cae Amga Energia s.p.a. (ora Iren Gestioni Energetiche s.p.a.) quale impresa industriale di ente pubblico agli effetti dell’applicazione del D.Lgs.C.P.S. n. 869 del 1947, art. 3;

4.3.che a tanto consegue la declaratoria di inammissibilità del motivo il quale risulta peraltro infondato anche nel merito alla luce della giurisprudenza di questa Corte resa in fattispecie analoga a quella in esame (v. Cass. n. 7981 del 2016);

5. che il secondo motivo del ricorso per cassazione di Iren Gestioni Energetiche s.p.a, il primo motivo del ricorso di Iren Mercato s.p.a. e il primo motivo di ricorso di Laboratori Iren Acqua Gas s.p.a, con i quali deducendosi plurime violazioni di norme di diritto, si censura la decisione impugnata per avere ritenuto dovuti i contributi per cigs e cigo nonchè il terzo motivo di ricorso di Iren Gestioni Energetiche s.p.a ed il secondo motivo dei ricorsi di Iren Mercato s.pa. e di Iren Laboratori Acqua Gas spa, con i quali, deducendosi violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 14, si censura la decisione per avere affermato la sussistenza dell’obbligo al pagamento del contributo per mobilità, sono manifestamente infondati alla luce della giurisprudenza consolidata di questa Corte (v., tra le altre, Cass. ord. n. 9185 del 2015, sent n. 14847 del 2009, n. 5816 del 2010, n. 19087, n. 20818, n. 20819, n. 22318, n. 27513 del 2013, n. 14089, n. 13721 del 2014) la quale ha ripetutamente affermato che le società a capitale misto (tra le quali, per come pacifico, è annoverabile la società odierna ricorrente) aventi ad oggetto l’esercizio di attività industriali, sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità;

5.1. che, in particolare, è stato ritenuto che non può incidere, a questi fini, la definizione di “organismo di diritto pubblico” dettata dall’ordinamento comunitario, in materia di servizi pubblici, nella quale sono compresi gli organismi dotati di personalità giuridica – finanziati dallo Stato o da enti pubblici o la cui gestione è sottoposta al controllo pubblico – istituiti per soddisfare specifiche finalità di interesse generale “non aventi carattere industriale o commerciale” (cfr. direttiva CEE n. 50 del 1992, cit., recepita con D.Lgs. n. 157 del 1995), poichè la materia qui in esame riguarda esclusivamente le imprese “industriali” degli enti pubblici o dello Stato ai fini della esenzione dai contributi per la cassa integrazione e la mobilità (così Cass. n. 5816/2010 e Cass., n. 20818/2013, citi.; v. pure Cass. sez. Un., n. 5491/2014).

5.2. che, in particolare, come chiarito da Cass. n. 7332 del 2017, ciò che sembra dirimente è che, in ogni caso, abbia o meno natura innovativa il disposto del D.Lgs. n. 148 del 2015, art. 10 asserzione quest’ultima già confutata da precedenti decisioni di questa Corte (v. Cass. ord. 12 maggio 2016, n. 9816; Cass. 31 dicembre 2015, n. 26202; Cass., 29 dicembre 2015, n. 26016, e numerose altre, secondo cui non è dato inferire dall’art. 10, su citato e dall’art. 20 D.Lgs. cit. – che definisce il campo di applicazione delle norme in materia di intervento straordinario di integrazione salariale senza far riferimento alle imprese a capitale in parte o totalmente pubblico – che in precedenza le società a capitale misto non erano soggette alla contribuzione per cassa integrazione ordinaria e straordinari) -, l’intervento successivo operato dal legislatore con la legge di stabilità del 2015 ha comunque ripristinato il D.Lgs.C.P.S. n. 869 del 1947, espressamente escluso dalla disposizione abrogatrice contenuta nell’art. 46;

5.3. che, pertanto, dagli interventi legislativi del 2015 non possono trarsi elementi che inducano ad un ripensamento della consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di obbligo contributivo per cassa integrazione guadagli ordinaria e straordinaria delle società il cui capitale sia parzialmente detenuto da un soggetto pubblico;

5.4. che non scalfisce la validità delle su esposte considerazioni l’entrata in vigore del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali;

5.5. che, in particolare, ciò che sembra dirimente è che, in ogni caso, abbia o meno natura innovativa il disposto del D.Lgs. n. 148 del 2015, art. 10 asserzione quest’ultima già confutata da precedenti decisioni di questa Corte (v. Cass. ord. 12 maggio 2016, n. 9816; Cass. 31 dicembre 2015, n. 26202; Cass., 29 dicembre 2015, n. 26016, e numerose altre, secondo cui non è dato inferire dall’art. 10, su citato e dall’art. 20 D.Lgs. cit. – che definisce il campo di applicazione delle norme in materia di intervento straordinario di integrazione salariale senza far riferimento alle imprese a capitale in parte o totalmente pubblico – che in precedenza le società a capitale misto non erano soggette alla contribuzione per cassa integrazione ordinaria e straordinari) -, l’intervento successivo operato dal legislatore con la legge di stabilità del 2015 ha comunque ripristinato il D.Lgs.C.p.S. n. 869 del 1947, art. 3 espressamente escluso dalla disposizione abrogatrice contenuta nell’art. 46 cit..;

5.6. che, pertanto, dagli interventi legislativi del 2015 non possono trarsi elementi che inducano ad un ripensamento della consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di obbligo contributivo per cassa integrazione guadagli ordinaria e straordinaria delle società il cui capitale sia parzialmente detenuto da un soggetto pubblico.

6. che l’esame delle censure svolte con il quarto motivo del ricorso di Iren Gestioni Energetiche s.p.a. e con il terzo motivo dei ricorsi di Iren Mercato s.p.a. e di Laboratori Iren Acqua Gas. S.p.a. con i quali si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1175 censurandosi la decisione per avere negato il diritto allo sgravio contributivo, preteso ai sensi della L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 67 risulta assorbito;

6.1. che, invero, il giudice di appello ha escluso, pur in presenza di autorizzazione dell’INPS, il diritto allo sgravio preteso dalle società, per mancanza del relativo presupposto rappresentato dalla situazione di regolarità contributiva, come richiesto dalla L. n. 296 del 2007, art. 1, comma 1175 ritenendo irrilevante la pregressa ammissione al beneficio disposta in via amministrativa dall’INPS;

6.2. che le censure articolate, incentrate sull’insussistenza, in presenza di accertamento non definitivo della situazione di irregolarità contributiva, di cause ostative allo sgravio, appaiono superate dal rigetto del secondo e del terzo motivo di ricorso di Iren Gestioni Energetiche s.p.a, e del primo e del secondo motivo dei ricorsi delle altre società, che ha determinato il definitivo accertamento dell’obbligo contributivo pacificamente non adempiuto dalle società e quindi il venir meno del presupposto alla base delle doglianze articolate;

7. che con il quinto motivo di ricorso di Iren Gestioni Energetiche s.p.a ed il quarto motivo del ricorso di Laboratori Iren Acqua Gas s.p.a., deducendosi plurime violazioni di legge, si censura la decisione per avere respinto la domanda di annullamento e/o riduzione delle sanzioni civili nonchè degli interessi e degli accessori;

7.1. che il giudice di appello ha respinto la domanda delle società di essere assolte dal pagamento delle sanzioni aggiuntive “non potendosi accedere ad un esonero L. n. 388 del 2000, ex art. 116, comma 3 in ragione della complessità della materia”. Ha, infatti osservato che le sanzioni costituiscono una conseguenza automatica dell’inadempimento o del ritardo, in funzione di rafforzamento dell’obbligazione contributiva; che ha escluso il diritto alla riduzione delle somme aggiuntive, ai sensi L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 10 sul rilievo che tali previsioni condizionano comunque la riduzione delle sanzioni al pagamento dei contributi nel termine fissato dagli enti impositori, circostanza pacificamente non verificatasi; che ha, altresì, escluso la riduzione delle sanzioni sulla base del disposto dell’art. 116, comma 15 L. cit., in assenza del presupposto rappresentato da contrastanti ovvero sopravvenuti diversi orientamenti giurisprudenziali o determinazioni amministrative sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo;

7.2. che la decisione in tema di sanzioni è conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale non è consentita nessuna indagine sull’elemento soggettivo del debitore della contribuzione al fine dell’esclusione o della riduzione di tale obbligo, neanche ove l’omissione sia indotta da interpretazioni giurisprudenziali o amministrative più favorevoli allo stesso debitore (v., anche Cass. 5088 del 1995, e Cass. n. 16093 del 2014).

7.3. che questa Corte ha altresì chiarito che non sussistono i presupposti per farsi luogo all’applicazione in misura ridotta delle sanzioni, ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 10 essendo tale riduzione espressamente ancorata al pagamento dei contributi nel termine fissato dagli enti impositori (v. tra le altre, Cass. n. 27513 del 2013, n 25386 del 2014,) ed escluso, in assenza del presupposto rappresentato dal versamento dei contributi dovuti, il ricorrere delle condizioni per l’applicazione delle sanzioni aggiuntive in misura ridotta ai sensi dell’art. 116, comma 15, lett. a) (ex plurimis: ord. n. 4077 del 1.3.2016, Cass. n. 17654 del 2009);

8. che il quinto motivo del ricorso di Laboratori Iren Acqua Gas s.p.a. con il quale si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. per avere il giudice di appello condannato la società alla rifusione delle spese di lite pur in assenza di costituzione dell’INPS è manifestamente fondato, atteso che la circostanza della mancata costituzione dell’INPS in relazione all’appello di Laboratori Iren Acqua Gas s.p.a. si evince dalla medesima sentenza impugnata la quale dà atto esclusivamente della costituzione dell’Istituto previdenziale nelle impugnazioni di Iren Mercato s.p.a. e di Iren Gestioni Energetiche s.p.a. (sentenza pag. 4). Nè elementi in senso contrario possono desumersi dalla documentazione allegata dall’INPS (memoria di costituzione di secondo grado inserita nel fascicolo di parte) in assenza di timbro della cancelleria attestante l’avvenuto deposito dell’atto di costituzione in appello dell’istituto previdenziale.

9. che in base alle considerazioni che precedono, applicato l’art. 360-bis c.p.c., n. 1, devono essere dichiarati inammissibili il ricorso di Iren Mercato s.p.a. e di Iren Gestioni Energetiche s.p.a. nonchè i primi quattro motivi del ricorso di Laboratori Iren Acqua Gas s.p.a.;

9.1. che all’accoglimento del quinto motivo di ricorso di quest’ultima società consegue la cassazione in parte qua della decisione di secondo grado; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito dichiarando che Laboratori Iren Acqua Gas s.p.a. non è tenuta alla rifusione all’INPS delle spese del giudizio di secondo grado;

10. che le spese di lite, in relazione al rapporto processuale tra Iren Mercato s.p.a. e INPS e al rapporto processuale tra Iren Gestioni Energetiche s.p.a. e INPS sono integralmente poste a carico delle società ricorrenti;

10. 1. che le spese di lite, nel rapporto processuale tra Laboratori Iren Acqua Gas s.p.a. e INPS, in considerazione della diversa misura della soccombenza reciproca, sono compensate nella misura di un quinto ed il residuo è posto a carico della società.

PQM

 

La Corte riunisce i ricorsi. Dichiara inammissibili i ricorsi di Iren Gestioni Energetiche s.p.a. e di Iren Mercato s.p.a.. Mercato s.p.a.. Dichiara inammissibili il primo, il secondo, il terzo e il quarto motivo del ricorso di Laboratori Iren Acqua Gas s.p.a. e accoglie il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara Laboratori Iren Acqua Gas non tenuta al pagamento all’INPS delle spese del giudizio di secondo grado.

Condanna Iren Gestioni Energetiche s.p.a. alla rifusione all’INPS delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.500,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge.

Condanna Iren Mercato s.p.a. alla rifusione all’INPS delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 8.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge.

Compensa nella misura di un quinto le spese del giudizio di legittimità tra Laboratori Iren Acqua Gas s.p.a. e INPS, che determina per l’intero in Euro 4.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge Condanna la società ricorrente alla rifusione del residuo.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di Iren Gestioni Energetiche s.p.a. e di Iren Mercato s.p.a all’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2017

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