Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15086 del 17/07/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 15086 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

ORDINANZA
sul ricorso 17361-2013 proposto da:
PAOLUCCI MAR7IA PLCMRZ82T44E388U, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA CONCA D’ORO 184/190, presso lo
studio dell’avvocato MAURIZIO DISCEPOLO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato SCHIADAT BARBARA giusta delega
a margine del ricorso;
– ricorrente contro
ERAP ENTE REGIONALE PER L’ABITAZIONE PUBBLICA
DELLA PROVINCIA DI ANCONA;
intimata•

avverso la sentenza n. 89/2013 della CORTE D’APPELLO di
ANCONA del 9/10/2012, depositata il 02/02/2013;

Data pubblicazione: 17/07/2015

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,

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/06/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA
BARRECA;
udito l’Avvocato Diego Perucca (delega avvocato Maurizio Discepolo)

Premesso in fatto.
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
<<1.-Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Ancona ha rigettato l'appello, proposto da Marzia Paolucci nei confronti dell'E.R.A.P. della Provincia di Ancona avverso la sentenza del Tribunale di Ancona — sezione distaccata di Jesi. La Corte d'Appello, nel confermare il rigetto della domanda avanzata dalla Paolucci per l'accertamento del suo diritto a subentrare nella locazione dell'alloggio popolare in origine assegnato alla zia Giuseppina Solfanelli, ha ritenuto che l'attrice non avesse dimostrato il proprio diritto perché la situazione di bisogno dell'assegnataria, che necessitava di assistenza sanitaria -costituente requisito per l'ampliamento stabile del nucleo familiare dell'assegnatario- non era stata certificata da una struttura sanitaria pubblica. In particolare, ha affermato che «nel caso di specie ... nessuna documentazione medica di alcun tipo è stata né esibita all'ente gestore degli alloggi né prodotta nel corso del giudizio». }la rigettato il gravame, condannando l'appellante al pagamento delle spese in favore dell'ente appellato. Per la cassazione di tale pronunzia la Paolucci ha proposto ricorso affidato ad un motivo. L'ente intimato non si è difeso. 2.- Con l'unico motivo si deduce violazione e falsa applicazione delle norme di cui all'art. 20 septies della legge regionale n. 36 del 2005 e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., dunque violazione dell'art. 360 n. 3 e n. 5 cod. proc. civ. Il motivo si articola in due differenti censure. Con la prima, la ricorrente sostiene che la situazione di invalidità della signora Solfanelli sarebbe stato un «dato certo ed incontestato posto che l'ERAP, costituendosi in giudizio ... non ha mai contestato la circostanza dello stato di invalidità totale della sig.ra Solfanelli Giuseppina, né ha improntato la sua difesa su circostanze o argomentazioni incompatibili con il suo disconoscimento». Pertanto, la circostanza si sarebbe dovuta ritenere pacifica ed acquisita agli atti del processo. Aggiunge che «la documentazione riferita all'invalidità dell'originaria assegnataria>>sarebbe stata depositata «agli atti dell’Ente». Questi
elementi non sarebbero stati considerati dalla Corte territoriale che ha unicamente considerato
«l’asserita necessità di certificazione medica al riguardo».
2.1.- La censura è inammissibile. Essa non contesta validamente la ratio decidendi della
sentenza impugnata, che consiste appunto nell’affermazione della necessità di certificazione
proveniente da una struttura sanitaria pubblica. Prendendo le mosse da questa interpretazione
della normativa regionale, la Corte d’Appello ha escluso la rilevanza di ogni altra risultanza,
testimoniale e documentale, presente agli atti del processo. Non rilevano, quindi, rispetto alla
riscontrata ratio decidendi, né l’asserita non contestazione dell’ente, né la prova documentale
consistente in documenti diversi dalla certificazione pubblica ritenuta necessaria dal giudice a
quo.
L’interpretazione che quest’ultimo ha dato all’art. 20 septies della legge della Regione Marche
n. 36 del 2005, quanto al requisito della certificazione sanitaria pubblica, non è in alcun modo
Rie. 2013 n. 17361 sez. M3 – ud. 10-06-2015
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difensore della ricorrente che si riporta agli scritti.

posta in discussione, poiché nemmeno un cenno è fatto, col presente motivo di ricorso, al testo
della norma ed ai relativi criteri interpretativi.
3.- All’inammissibilità del primo profilo di censura consegue l’assorbimento del secondo.

Il motivo è assorbito perché la Corte d’Appello ha ritenuto insussistente, nel caso di specie, il
presupposto per l’ampliamento di fatto del nucleo familiare dell’assegnatario, costituito, come
detto trattando della censura di cui sopra, dalla certificazione dello stato di bisogno di assistenza
sanitaria proveniente da struttura sanitaria pubblica.
Si propone perciò che il ricorso sia dichiarato inammissibile.».

La relazione è stata comunicata e notificata come per legge.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Ritenuto in diritto.
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il
Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.
La memoria depositata da parte ricorrente non offre elementi per superare le
argomentazioni svolte nella relazione, atteso che insiste sulla non contestazione
in sede giudiziale (da parte dell’E.R.A.P.) della sussistenza dello stato di
invalidità dell’assegnataria, laddove la Corte di merito ha interpretato la norma
regolatrice del diritto al subentro nella locazione di alloggio popolare nel senso
che fosse necessaria la certificazione proveniente da una struttura pubblica, e
che questa non potesse essere sostituita da un corrispondente accertamento
giudiziale. Questa interpreta7ione letterale dell’art. 20 septies della legge
regionale n. 36 del 2005 non risulta validamente criticata col ricorso, del quale
la memoria non fa che ribadire le argomentazioni già reputate inammissibili con
la su riportata relazione, poiché concernenti il (preteso) giudizio di fatto del
giudice di merito, mentre avrebbe dovuto essere censurato un error in
iudicando nell’interpretazione della normativa regionale. Ogni altra
considerazione contenuta nella memoria concerne l’ampliamento di fatto del
nucleo famigliare dell’assegnataria, requisito ulteriore nemmeno considerato
dal giudice d’appello, in mancanza del requisito costituito, secondo la Corte di
merito, dalla certificazione pubblica dello stato di invalidità dell’assegnataria
medesima. Parimenti non considerata in sentenza è la sussistenza dei requisiti
oggettivi e soggettivi in capo all’appellante per poter beneficiare, iure proprio,
dell’assegnazione degli alloggi di edilizia pubblica (su cui si insiste anche in
memoria), ma che correttamente la Corte di merito ha reputato questione
estranea all’oggetto del contendere.
Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese poiché l’intimato non si è difeso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i
presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1 bis dello stesso articolo 13.

Ric. 2013 n. 17361 sez. M3 – ud. 10-06-2015

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Con questo, infatti, si ribadisce che la norma della legge regionale sopra richiamata non
presupporrebbe necessariamente che l’ampliamento di fatto del nucleo familiare sia autorizzato
con provvedimento formale e preventivo dell’ente gestore, essendo sufficiente la sussistenza di
elementi comprovanti l’ampliamento di fatto del nucleo familiare.

z

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto che
sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il giorno 10 giugno 2015, nella camera di consiglio della
sesta sezione civile —3 della Corte suprema di cassazione.

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