Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15085 del 31/05/2021

Cassazione civile sez. III, 31/05/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 31/05/2021), n.15085

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 7322 del ruolo generale dell’anno 2018

proposto da:

P.P., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura notarile allegata al ricorso, dall’avvocato Luigi Parenti,

(C.F.: PRNLGU61D17H501R);

– ricorrente –

nei confronti di:

CAF S.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del rappresentante per

procura G.D., in rappresentanza di RUBIDIO SPV S.r.l.

(C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso, giusta procura in calce al

controricorso, dall’avvocato Massimiliano Muni, (C.F.:

MNUMSM71S03F839M);

– controricorrente –

nonchè

M.P.S. GESTIONE CREDITI BANCA S.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in persona

del legale rappresentante pro tempore;

CONDOMINIO (OMISSIS), (P.I.: (OMISSIS)), in persona

dell’amministratore, legale rappresentante pro tempore;

– intimato –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Marsala n.

703/2017, pubblicata in data 22 agosto 2017;

udita la relazione sulla causa svolta alla Camera di consiglio del 19

gennaio 2021 dal Consigliere Dott. Augusto Tatangelo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.P. ha proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., avverso l’atto di pignoramento immobiliare notificatogli da S.G.C. S.r.l., quale procuratrice di SPV Venezia S.p.A., sulla base di titolo costituito da un contratto di mutuo ipotecario.

L’opposizione è stata rigettata dal Tribunale di Marsala.

Ricorre il P., sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso CAF S.p.A., in rappresentanza di Rubidio SPV S.r.l., subentrata all’originaria società opposta nel corso del giudizio di secondo grado, quale cessionaria del credito fatto valere in via esecutiva.

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli altri intimati.

E’ stata disposta la trattazione in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 555 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 2826 c.c.”.

Il ricorrente – il quale aveva dedotto con l’opposizione la nullità del pignoramento, in quanto effettuato per l’intero su immobili di cui egli assume di essere in realtà proprietario solo per la quota del 50% – censura la decisione impugnata nella parte in cui la corte di appello ha affermato che, in realtà, alla data di notificazione dell’atto di pignoramento i beni assoggettati ad esecuzione risultavano ancora integralmente di sua proprietà, essendo intervenuto solo successivamente il trasferimento di una quota di proprietà degli stessi in favore di un soggetto terzo.

Il motivo è inammissibile, ancor prima che manifestamente infondato.

Nel disattendere il motivo di opposizione del P. oggetto del motivo di ricorso in esame, il tribunale ha effettivamente affermato, in primo luogo, che gli immobili pignorati risultavano ancora integralmente di proprietà del debitore, al momento del pignoramento.

Ha peraltro aggiunto, per completezza argomentativa, che il pignoramento, eseguito per l’intero su immobili di proprietà del debitore solo in quota, non è del tutto nullo, ma semplicemente inefficace in relazione alla quota non spettante al debitore, precisando comunque che quest’ultimo non è neanche legittimato a far valere detto vizio parziale, in quanto l’interesse ad agire, in proposito, spetta esclusivamente al terzo titolare della quota in questione, e facendo comunque presente che la società procedente, nella procedura esecutiva, aveva chiesto la vendita esclusivamente della quota di titolarità del debitore.

Orbene, si tratta di una motivazione fondata su distinte ed autonome rationes decidendi, ognuna delle quali sufficiente da sola a sostenere la decisione di rigetto del motivo di opposizione in discussione.

Il ricorrente non censura in modo adeguatamente specifico ciascuna delle indicate rationes decidendi, il che è sufficiente a determinare di per sè l’inammissibilità del motivo di ricorso.

In verità egli pare intendere contestare l’affermazione (in fatto) della corte territoriale relativa alla circostanza che al momento del pignoramento (la cui data risulta individuata nel 3 giugno 2011) gli immobili pignorati risultavano ancora nella sua integrale titolarità, essendo intervenuto solo successivamente il trasferimento a terzi di una quota degli stessi (precisamente in data 28 settembre 2011, con trascrizione in data 29 ottobre 2012). Non indica però in modo specifico per quale motivo l’argomentazione sopra esposta della corte territoriale sarebbe erronea in fatto o, eventualmente, non conforme a diritto, limitandosi ad asserire del tutto apoditticamente che la descrizione dei beni nel pignoramento non potrebbe ritenersi conforme alle prescrizioni di legge, avendo ad oggetto l’intera proprietà degli stessi, che la società procedente era a conoscenza dell’avvenuto trasferimento della quota del 50% di detti immobili a terzi e che era stata tardivamente depositata l’istanza di vendita, limitata alla sola quota del debitore.

L’ulteriore ratio decidendi, in diritto, con la quale è stata ribadita la efficacia del pignoramento nei limiti della quota di titolarità del debitore, non risulta poi, a sua volta, oggetto di alcuna specifica censura.

Tale ulteriore ratio decidendi, in ogni caso, risulta conforme al constante indirizzo di questa stessa Corte (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 6576 del 14/03/2013, Rv. 625390 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 6833 del 03/04/2015, Rv. 635143 – 01, indirizzo che certamente il ricorso non contiene argomenti idonei ad indurre a rivedere), il che assorbe ogni altra questione sul punto.

2. Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 497 c.p.c. – Tardività dell’istanza di vendita”. Secondo il ricorrente, l’istanza di vendita nella procedura esecutiva sarebbe stata depositata tardivamente dalla creditrice procedente, con conseguente inefficacia del pignoramento ed estinzione della procedura esecutiva.

Anche questo motivo è inammissibile.

Si tratta di una questione (che richiede accertamenti di fatto) del tutto nuova, che non costituisce oggetto della decisione impugnata, e il ricorrente non solo, in palese violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non richiama il contenuto dell’atto introduttivo, nella parte in cui l’avrebbe in quella sede dedotta quale motivo di opposizione, ma in realtà neanche allega specificamente di averlo fatto.

D’altra parte – è appena il caso di osservare – la semplice circostanza che, nel rigettare il motivo di opposizione oggetto del precedente motivo di ricorso, il tribunale abbia, tra l’altro, rilevato che la società creditrice procedente aveva limitato l’istanza di vendita alla quota degli immobili pignorati di spettanza del debitore (oltre ovviamente a non consentire di ritenere ammissibile l’eccezione di estinzione del processo esecutivo proposta per la prima volta nel giudizio di legittimità) non ha alcun rilievo ai fini dell’esito del ricorso, in quanto il predetto rilievo non costituisce l’unica ed effettiva ratio della decisione impugnata, con riguardo alla legittimità del pignoramento, come già chiarito nell’esame del primo motivo del ricorso stesso.

3. Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 7.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonchè spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2021

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