Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15085 del 17/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 15085 Anno 2015
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: BANDINI GIANFRANCO

SENTENZA

sul ricorso 9951-2014 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
C.E. 80078750587, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati
2015
-\\ 1988

ELISABETTA LANZETTA, FRANCESCA FERRAZZOLI, GIUSEPPINA
GIANNICO,

CHERUBINA CIRIELLO,

SEBASTIANO CARUSO,

giusta delega in atti;
– ricorrente \k,
,

contro

Data pubblicazione: 17/07/2015

CESSARI ALFONSO C.E. CSSLNS44H18A508K, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 180, presso lo
studio dell’avvocato FRANCO BOUCHE’, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente

di NAPOLI, depositata il 06/04/2013 r.g.n. 6073/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

05/05/2015

dal

Consigliere

Dott.

GIANFRANCO BANDINI;
udito l’Avvocato CARUSO SEBASTIANO;
udito l’Avvocato BOUCHE’ FRANCO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso

P

avverso la sentenza n. 378/2013 della CORTE D’APPELLO

L

.1•11

Cessari Affonso, premesso di avere ottenuto dal Tribunale di Vibo
Valentia sentenza, confermata in appello, con cui, riconosciutegli lo
svolgimento di mansioni dirigenziali presso la sede lnps di Vibo
Valentia, l’Istituto era stato condannato a corrispondere in suo favore
le differenze retributive per il periodo 1.7.1998-31.8.1999 e di avere
continuato a svolgere, anche successivamente a tale periodo e fino
al 2.4.2001, le mansioni di livello dirigenziale accertate nella predetta
sentenza, convenne in giudizio l’Istituto chiedendone la condanna al
pagamento delle differenze retributive per il periodo 1.9.19992.4.2001.
Il Giudice adito accolse la domanda e la Corte d’Appello di Napoli,
con sentenza del 17.1-6.4.2013, rigettò il gravame proposto
dall’Inps.
A sostegno del decisum la Corte territoriale rilevò che:
– come risultante dalle emergenze istruttorie, testimoniali e
documentali, era provato che il Cessari aveva continuato a svolgere
le precedenti mansioni anche per il periodo per cui è causa;
– restavano confermate, fino al 2.4.2001, le mansioni in
precedenza svolte e coperte dal giudicato del Tribunale (come
comprovato dal certificato di non proposto ricorso per cassazione
awerso la pronuncia confermativa della stessa resa in grado
d’appello);
3

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

prova documentale richiamata nel presente giudizio e con detta
pronuncia risultava coperta dal giudicato anche la questione relativa
allo svolgimento da parte del Cessari di funzioni dirigenziali nella
qualità di ‘Vicario”, riferimento ritenuto non ostativo al
riconoscimento delle mansioni superiori;
– anche l’argomento sollevato dall’Istituto, secondo cui il momento
iniziale di potenziale rilevanza delle mansioni superiori nel pubblico
impiego sarebbe stato da rintracciarsi solo con l’Accordo quadro del
22.10.2001, era stato richiamato e respinto nei ridetti precedenti
giudizi.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, l’Inps ha
proposto ricorso fondato su un unico motivo.
Cessari Alfonso ha resistito con controricorso,illustrato con memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente osserva la Corte che il ricorrente ha indicato in
ricorso che la sentenza impugnata non è stata notificata ed ha
prodotto la copia autentica della sentenza priva della relata di
notificazione.
Nel corso del giudizio il controricorrente, in una con l’istanza di
prelievo, ha tuttavia depositato la copia notificata della sentenza
(effettuata a mezzo del servizio postale agli avvocati che avevano
difeso l’Inps in grado d’appello presso il domicilio eletto
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– la sentenza d’appello aveva altresì preso in considerazione la

la tardività del ricorso, per essere la suddetta notifica avvenuta, con
ricezione del plico, in data 18.12.2013, nel mentre il ricorso era stato
notificato dall’Istituto 1’8.4.2014.
Tale notificazione, effettuata a mezzo del servizio postale, risulta
corredata da un avviso di ricevimento che presenta il timbro
dell’ufficio postale in data 18.12.2013 e un timbro (delle Poste
Italiane) in corrispondenza del quale risulta apposta una sigla, la
quale, proprio per quanto può desumersi dalla sua collocazione,
appare riferibile all’addetto al recapito e alla data di spedizione della
comunicazione dell’avvenuta notifica.
L’avviso di ricevimento contiene altresì un timbro dell’Inps, sede di
Napoli; non risulta tuttavia, sempre da tale avviso di ricevimento, la
sottoscrizione della persona alla quale venne consegnato il piego, né
la specificazione della qualità rivestita dal consegnatario, come
richiesto dall’art. 7, comma 4, legge n. 890/82; il carattere cogente
della presenza di tali elementi (“L’avviso di ricevimento ed il registro
di consegna debbono essere sottoscritti dalla persona alla quale è
consegnato il piego e, quando la consegna sia effettuata a persona
diversa dal destinatario, la firma deve essere seguita, su entrambi i
documenti summenzionati dalla specificazione della qualità rivestita
dal consegnatario, con l’aggiunta, se trattasi di familiare,

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dell’Avvocatura dell’Inps, via Galileo Ferraris 4, Napoli), eccependo

stante la loro mancanza, di ritenere perfezionata la notificazione.
Ne discende la procedibilità del ricorso e la sua tempestività,
essendo stato rispettato il termine di cui all’art. 327 cpc (nel testo,
applicabile al presente giudizio, precedente alla modifica introdotta
con la legge n. 69/09).
2. Con l’unico motivo il ricorrente, denunciando violazione di plurime
norme di diritto, si duole che la Corte territoriale non abbia tenuto
conto che, a seguito del processo di rinnovamento organizzativo
intrapreso dall’istituto con la delibera 28 luglio 1998, n. 799, dando
attuazione alle disposizioni di cui agli artt. 16 e 17 dl.vo n. 29/93 e
successive modifiche, erano stati ridisegnati, con valenza immediata,
i compiti e le funzioni della dirigenza, cosicché nessun rilievo
avrebbe potuto attribuirsi all’avvenuto svolgimento di mansioni che,
nel precedente ordinamento, erano attribuite al dirigente.
2.1 Osserva la Corte che il motivo, così come proposto e svolto, non
contiene pertinenti argomentazioni critiche rispetto alla

ratio

decidendi che sostiene la sentenza impugnata, ossia che il
riconoscimento delle funzioni dirigenziali (anche) per il periodo per
cui è causa discende dal giudicato formatosi sull’idoneità a tal fine
delle mansioni svolte nel periodo precedente.
Ed invero, come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, in
caso di situazioni giuridiche di durata, oggetto del giudicato è l’unico
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i,1

dell’indicazione di convivente anche se temporaneo”) impedisce,

periodi del suo svolgimento, e l’accertamento, passato in giudicato,
sull’esistenza di tutti gli elementi voluti dalla legge per la
configurazione del rapporto continua ad esplicare i suoi effetti sul
rapporto stesso a situazione normativa e fattuale immutata (cfr, ex
plurimis, Cass., SU, n. 383/1999; Cass., nn. 3230/2001; 5448/2001;

6628/2006); ossia, in altri termini, qualora due giudizi tra le stesse
parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno dei
due sia stato definito con sentenza passata in giudicato,
l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica
ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un
punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la
premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel
dispositivo della sentenza con autorità di cosa giudicata, preclude il
riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, e ciò anche
se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno
costituito lo scopo ed il petitum del primo.
Ne consegue che le argomentazioni svolte dall’Inps, contestative
della giuridica fondatezza delle pretese azionate, ancorché abbiano
trovato riscontro in numerose pronunce di questa Corte (cfr, ex
plurimis,

Cass., nn. 10540/2007; 19025/2007; 22890/2008;

23567/2008; 25578/2008; 17367/2010; 4757/2011; 719/2012;
8301/2012; 21098/2012; 2860/2013; 14013/2013; 5332/2014), non
7

rapporto giuridico continuato e non gli effetti verificatisi nei singoli

o

giudicato esterno, su sui si basa la sentenza impugnata.
Il che comporta l’inaccoglibilità del mezzo.
3. In definitiva il ricorso va rigettato.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del
ricorso, sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1

quater,

dpr n. 115/02.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle
spese, che liquida in euro 3.600,00 (tremilaseicento), di cui euro
3.500,00 (tremilacinquecento) per compenso, oltre spese generali
15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso
articolo 13.
Così deciso in Roma il 5 maggio 201
D

sono idonee a contrastare le ragioni, fondate sull’intervenuto

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