Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15080 del 17/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 15080 Anno 2015
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: D’ANTONIO ENRICA

ft7

SENTENZA
sul ricorso 14178-2009 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI 27, presso lo
STUDIO TRIFIRO’ & PARTNERS, rappresentata e difesa
dall’avvocato SALVATORE TRIFIROI, giusta delega in
2015

atti;
– ricorrente –

1939
contro
IORIO CIRO C.F.

domiciliato in

ROMA,

RIOCRL53R29F839N,

VIA

CARLO POMA

elettivamente
4, presso lo

Data pubblicazione: 17/07/2015

studio

dell’avvocato

rappresenta

e

ANTONIO

difende

CONTE,

unitamente

che

lo

all’avvocato

EMANUELE CORLI, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 429/2008 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/05/2015 dal Consigliere Dott. ENRICA
D’ANTONIO;
udito l’Avvocato GIUA LORENZO per delega verbale
TRIFIRO’ SALVATORE;
udito l’Avvocato ZUENA ELEUTERIO per delega verbale
CORLI EMANUELE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

(

di BRESCIA, depositata il 20/12/2008 R.G.N. 55/2008;

R.G 14178/2009
Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale con cui era stata accertata la
responsabilità di Poste Italiane per l’infortunio subito da Ciro Iorio, dipendente della società quale
ripartitore, caduto dopo essere inciampato in un laccio rigido di plastica utilizzato per la legatura
dei plichi postali lasciato sul pavimento , a seguito del quale il lavoratore si era provocato un

La Corte territoriale ha rilevato che dall’istruttoria svolta risultava accertato che nell’ufficio in cui
lavorava il ricorrente il pavimento era ingombro di lacci di plastica — denominati reggie – i quali
normalmente legavano i plichi postali e che detti lacci , una volta aperti i plichi , venivano
gettati per terra e non nel cestino essendo i cestini ,prima del fatto, pochi nè essendo state date
disposizioni in tal senso, con conseguente pericolosità della condotta.
La Corte ha precisato che effettivamente Poste provvedeva a far pulire due volte al giorno i
pavimenti ma comunque tali legature finivano a terra e che anzi nella zona dove era addetto il
lavoratore non vi erano neppure bidoni.
La Corte territoriale ha ritenuto sussistere la responsabilità del datore di lavoro ai sensi dell’art
2087 cc ed anche ai sensi dell’articolo 8 del d.p.r. n. 54 del 1955 , in quanto aveva il preciso dovere
di garantire che la pavimentazione sulla quale doveva operare il lavoratore fosse libera da ostacoli e
possibilità di inciampare prendendo, se del caso, opportuni provvedimenti volti a sanzionare prassi
difforrni e produttive di rischi.
Ha escluso, invece, il concorso di colpa dell’infortunato / essendo emerso che il ricorrente non era
addetto anche all’apertura dei plichi.
In accoglimento dell’appello incidentale e in riforma della sentenza impugnata la Corte d’appello
ha rideterminato il risarcimento del danno in €11.067,00 di cui € 3.300, 00 per inabilità temporanea
totale e parziale ed € 2766,00 per danno morale , oltre € 5000,00 per invalidità permanente come
a

determinato dal Tribunale ,oltre gli interessi e la rivalutazione
Avverso la sentenza ricorre Poste Italiane formulando tre motivi ulteriormente illustrati con
memoria ex art 378 cpc , resiste il lavoratore.
motivi della decisione
Iron il primo motivo Poste denuncia violazione dell’art 2087 cc in relazione agli art 116 e 117
cpc . Lamenta che la Corte aveva ritenuto oggettiva la responsabilità di Poste ; che invece la
responsabilità aveva natura colposa e Poste aveva provato di aver fatto tutto per evitare l’infortunio.
2) Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione.

aneurisma post traumatico dell’arteria ulnare della mano destra.

3) Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art 429 cpc censurando il cumulo di
interessi e rivalutazione.
I motivi, congiuntamente esaminati in quanto connessi , sono infondati.
Deve ,in primo luogo , rilevarsi l’infondatezza dell’eccezione di tardività della notifica del ricorso
in Cassazione . Poste Italiane ha riferito di aver passato il ricorso all’ufficiale giudiziario per la
notifica tempestivamente in data 6/6/2009 , a seguito della notifica della sentenza in data 7/4/09.

raccomandata da parte dell’ufficiale giudiziario . La data del 6/6/2009 trova conferma nella dicitura
apposta dal ricorrente sull’atto da notificare ” ultimo giorno 6/6/2009″ e nello stesso timbro ”
ultimo giorno” dell’ufficiale giudiziario leggibile sul ricorso.
Nel merito deve rilevarsi che la Corte territoriale ha descritto le modalità con cui era avvenuto
l’infortunio . Ha rilevato che l’istruttoria aveva accertato che il pavimento dell’ufficio ove lavorava
il ricorrente era ingombro dei nastri di plastica denominati reggie che normalmente legavano i
plichi postali ; che detti nastri , invece , di essere gettati nei cestini/ peraltro+ pochi/ erano buttati a
terra determinando una situazione pericolosa e che dove lavorava lo brio non c’erano neppure
cestini . La Corte ha poi rilevato che nessuno aveva dato disposizioni su cosa fare quando il
pavimento era ingombro di nastri rné che questi non dovevano essere gettati per terra.
La Corte ha poi affermato la responsabilità di Poste per non aveva adottato tutte le misure idonee ad
evitare infortuni del genere di quello occorso al lavoratore e che nessun concorso di colpa era
ravvisabile nel comportamento dello Iorio il quale non era addetto ad aprire i plichi
La Corte territoriale ha dunque evidenziato gli elementi probatori sui quali ha fondato l’avvenuto
accertamento della responsabilità di Poste e, pertanto, è del tutto erronea la censura della ricorrente
secondo cui la Corte avrebbe affermato una vera e propria responsabilità oggettiva di Poste Quanto al vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), premesso che questo può rilevare
solo nei limiti in cui l’apprezzamento delle prove – liberamente valutabili dal giudice di merito,
costituendo giudizio di fatto – si sia tradotto in un iter formativo di convincimento affetto da vizi
logici o giuridici, restando altrimenti insindacabile, deve rilevarsi che la Corte di appello ha dato
conto delle fonti del proprio convincimento ed ha argomentato in modo logicamente congruo; a
fronte di ciò, il ricorso si limita ad opporre un’altra soluzione interpretativa, basata su una diversa
ricostruzione fattuale, all’evidenza inammissibile.
Il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., n. 5, non equivale alla
revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad

una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione, in realtà, non
sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova
2

Ha dedotto ,inoltre, che la data dell’816/2009 corrispondeva , invece, a quella di invio della

:

formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità; ne
consegue che risulta del tutto estranea all’ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la
Corte di cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma, propria
valutazione delle risultanze degli atti di causa.
,
..

Nè, ugualmente, la stessa Corte realizzerebbe il controllo sulla motivazione che le è demandato, ma
inevitabilmente compirebbe un (non consentito) giudizio di merito, se – confrontando la sentenza

quelli assunti dal giudice del merito a fondamento della sua decisione, accogliendo il ricorso “sub
specie” di omesso esame di un punto (v. Cass. n. 3161/2002).
Anche il terzo motivo è infondato. La ricorrente censura l’applicazione del cumulo tra interessi e
rivalutazione effettuato dalla Corte che ha applicato l’art 429 cpc. Il ricorrente , tuttavia, formula
una censura non pertinente atteso che avrebbe dovuto denunciare l’errore commesso dalla Corte
nell’applicare la norma citata e richiamare, invece, le regole applicabili ai crediti di valore quale
quello in esame. In ogni caso deve rilevarsi che questa Corte ha già avuto modo di statuire che la
domanda proposta dal lavoratore contro il datore di lavoro volta a conseguire il risarcimento del
danno sofferto per la mancata adozione, da parte dello stesso datore, delle misure previste dall’art.
2087 cod. civ., non ha natura previdenziale perché non si fonda sul rapporto assicurativo
configurato dalla normativa in materia, ma si ricollega direttamente al rapporto di lavoro, dando
luogo ad una controversia di lavoro disciplinata quanto agli accessori del credito dal secondo
comma dell’art. 429 cod. proc. civ.. ( cfr (Cass. n. 3213 del 18/2/2004„ Cass n
14507 del 01/07/2011 ).Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con
condanna della ricorrente a pagare le spese del presente giudizio PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in €100,00 per
esborsi ed € 3.000,00 per compensi professionali , oltre accessori di legge e 15% per spese generali.
Roma 5/5/2015

con le risultanze istruttorie – prendesse in considerazione fatti probatori diversi o ulteriori rispetto a

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