Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15080 del 02/07/2014
Civile Sent. Sez. L Num. 15080 Anno 2014
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: LORITO MATILDE
SENTENZA
sul ricorso 17228-2013 proposto da:
BALDI TAMARA C.F. BLDTMR76M70H501L, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA G. DE LEVA 39, presso lo
studio dell’avvocato GRAZIA FIERMONTE, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2014
1744
PAPI
ROBERTO
GIOVANNI
C.F.
PPARRT58M23F844S,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MORGAGNI 19,
presso lo studio degli avvocati SANDULLI MICHELE e
MARSILI ANDREA che lo rappresentano e difendono,
Data pubblicazione: 02/07/2014
giusta delega in atti;
– controri corrente –
avverso la sentenza n. 1995/2013 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 03/04/2013 r.g.n.
9113/2010;
udienza del 20/05/2014 dal Consigliere Dott. MATILDE
LORITO;
udito l’Avvocato FIERMONTE GRAZIA;
udito l’AVvvocato MARSILI ANDREA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per il rigetto con compensazione di spese.
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata in data 3/4/13 la Corte d’appello di
Roma respingeva il gravame interposto da Baldi Tamara nei
confronti di Papi Roberto Giovanni avverso la sentenza del
Tribunale capitolino n.10519/09 con la quale erano state
respinte le domande intese a conseguire pronuncia dichiarativa
di inefficacia ovvero di illegittimità del licenziamento
apprendistato a far tempo dalla assunzione formale nel luglio
1996 sino al dicembre 1998 e di condanna al pagamento di
differenze retributive. A fondamento del
decisum
la Corte
territoriale rimarcava, in sintesi, come nel caso speoifeo,
dal contesto probatorio delineato in prime cure, era emersa la
tardività della impugnazione del licenziamento, posto che la
lettera versata in atti era priva di firma e di data,
diversamente da quella stilata il 24/1/03 contenente
unicamente la richiesta dei motivi, e considerato che
l’istanza di tentativo di conciliazione presso la Direzione
Provinciale del Lavoro del 24/9/03, non risultava dimostrato
che fosse stata ricevuta dal Papi.
La Corte territoriale respingeva,
inoltre,
la censura
concernente la rivendicazione di differenze retributive, a
titolo di lavoro straordinario, in quanto non assistita da
prova rigorosa. Respingeva altresì le doglianze attinenti alla
declaratoria di nullità del rapporto di apprendistato, in
quanto risultava assistito dalla ricorrenza dei requisiti
formali richiesti dalla legge, e di quelli sostanziali
consistenti nell’effettivo espletamento della attività di
addestramento ed affiancamento, come emerso dalle
dichiarazioni testimoniali acquisite agli atti.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la Baldi
affidato a cinque motivi illustrati da memoria ex art.378
c.p.c., cui resiste con controricorso il Papi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
intimatole in data 22/7/03, di nullità del rapporto di
Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa
applicazione di norme di diritto in relazione agli artt.13352727-2729-2697 c.c. nonché all’art.6 legge n.604/66 ex art.360
n.3 c.p.c.
La ricorrente evidenzia l’errore in cui è incorsa la Corte
territoriale nell’aver ritenuto non riferibile ad essa la
lettera di licenziamento versata in atti, mediante copia priva
avvenuta sottoscrizione della impugnativa di licenziamento era
comunque a carico della resistente. Parimenti, con riferimento
‘alla affermazione resa dai giudici di merito in ordine alla
mancanza di prova della spedizione della lettera di
impugnazione unitamente a quella di richiesta dei motivi,
asserisce che l’onere della prova concernente 1a
– ircoSt3n23
che i due documenti prodotti fossero contenuti in un unico
plico, gravava sul destinatario.
Il motivo è infondato.
Con riferimento al primo punto della doglianza, è agevole
rilevare che il principio in tema di ripartizione dell’onere
della prova richiamato dalla ricorrente in ordine alla
intervenuta sottoscrizione della lettera di impugnativa di
licenziamento, non è conferente rispetto alla fattispecie qui
dibattuta.
E’
stato,
invero,
affermato che onere del lavoratore
licenziato è quello di provare di avere tempestivamente
impugnato con atto scritto, nei limiti temporali fissati
dall’art. 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il
licenziamento e che, ove il datore di lavoro, il quale non
neghi di aver ricevuto l’atto scritto di impugnativa, ne
eccepisca la inidoneità a conseguire gli effetti, perché privo
di sottoscrizione autografa, è il datore stesso onerato della
relativa prova dal momento che una volta spedita e pervenuta
al destinatario la lettera di impugnazione è solo questi che
ne ha la disponibilità; ed è lui solo che può dimostrare,
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di sottoscrizione. Argomenta al riguardo che la prova della
producendo l’originale, che lo stesso non sia firmato (vedi
Cass. 1 0 dicembre 2004 n.22517).
Nello specifico, all’evidenza, non si versa in ipotesi
assimilabile a quella esaminata nel precedente
giurisprudenziale cui si è fatto richiamo, in cui era
ícontroversa la sola
circostanza della inuervetiuLa
sottoscrizione della impugnativa di licenziamento, risultando
impugnazione da parte del destinatario.
La
Baldi non ha, infatti, contestato il dato concernente la
omessa sottoscrizione della lettera di impugnativa di
licenziamento, bensì quello dell’invio della stessa alla parte
idatoriale, contestualmente alla richiesta dei motivi del
recesso, debitamente sottoscritta. Nell’ottica considerata, il
principio invocato in tema di riparto dell’onere probatorio in
Lordine alla sottoscrizione della impugnativa di licenziamento,
appare eccentrico rispetto al
thema decidendum
ed alle
allegazioni delle parti, nel contesto delle quali si impone
l’evidenza della tempestiva contestazione da parte del datore
di lavoro, proprio della circostanza relativa alla ricezione
della lettera di impugnativa di licenziamento.
In siffatto ben diverso contesto fattuale e giuridico, la
Corte territoriale ha, quindi, rettamente valutato le
acquisizioni probatorie in atti, in coerenza con i principi
giurisprudenziali invalsi nella giurisprudenza di questa
Corte, secondo cui la forma scritta richiesta per
l’impugnazione
. caso
stragiudiziale del licenziamento, anche nei
di utilizzazione di un telegramma (atto privo di
sottoscrizione autografa), ove sia oggetto di contestazione
(così come nella fattispecie in esame), necessita di prova per
testimoni o per presunzioni, della effettiva provenienza del
telegramma dall’apparente autore della dichiarazione (vedi
Cass. 17 maggio 2005 n.10291, Cass. 6 ottobre 2008 n.24660).
Correttamente, quindi, i giudici del gravame non hanno
ravvisato in atti alcun elemento che consentisse di presumere
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‘accertata la ricezione della missiva recante l’atto di
il contestuale invio (peraltro tardivamente prospettato dalla
ricorrente solo nelle note difensive in grado di appello)
della lettera di impugnazione di licenziamento con quella di
richiesta dei motivi, pervenendo a conclusioni che per essere
congruamente motivate ed in linea con i
dicta
giurisprudenziali ai quali si è fatto richiamo, sfuggono alle
censure dalla ricorrente formulate.
si denuncia vicia21
falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli
artt.1335-2727-2729-2697 c.c. nonché all’art.6 legge n.604/66
ex art.360 n.3 c.p.c. per avere la Corte di merito ritenuta
non provata la ricezione della raccomandata A/R contenente la
richiesta di tentativo di conciliazione nonostante la
produzione della cedola di invio, nonché omesso esame circa un
punto decisivo della controversia oggetto di discussione fra
le parti, per aver ignorato la rilevanza della cedola ai fini
descritti.
La ricorrente richiama, a sostegno del motivo, giurisprudenza
di legittimità favorevole alla tesi accreditata, ed
erroneamente disattesa dai giudici di merito, secondo cui
l’attestazione di invio della raccomandata è sufficiente a
fondare una presunzione di arrivo della missiva in virtù del
principio di affidamento nella regolarità del servizio
postale.
La censura è priva di pregio.
Si impone l’evidenza, invero, del difetto di autosufficienza
del ricorso che omette di riportare specificamente il testo
della richiesta concernente il tentativo di conciliazione
depositato presso la D.P.L. il
24/9/03 (essenziale anche ai
fine di verificare l’effettiva portata dell’atto e della sua
valenza quale atto di impugnazione del recesso intimato), così
come la cedola della spedizione della raccomandata a/r del
22/9/03 sulla quale si fonda la invocata presunzione di
avvenuta ricezione del plico raccomandato.
4
Con il secondo mezzo di impugnazione,
E’
noto,
invero,
che,
in
ossequio
al
principio
di
autosufficienza del ricorso stesso, è onere della parte
ricorrente di indicare lo specifico atto del giudizio
precedente cui si riferisce onde dar modo alla Suprema Corte
di controllare ex actis la veridicità delle proprie asserzioni
prima di esaminare il merito della questione. Il ricorso per
cassazione – in ragione del ricordato principio – deve infatti
ragioni di cui si chiede la cassazione della sentenza di
merito
ed,
altresì,
a
permettere
la
valutaz_iu:y,-,
fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio
ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad
elementi o atti concernenti il pregresso grado di giudizio di
,merito (vedi in tali sensi, fra le tante, Cass. 18 ottobre
2013 n.23675, Cass. 22 gennaio 2013 n.1435, Cass. 9 settembre
2011 n. 18523).
La carenza che connota il motivo di ricorso, lo rende,
pertanto, inammissibile.
Con il terzo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione
di norme di diritto con riferimento all’art.253 c.p.c. per
avere i giudici del gravame,erroneamente “attribuito alla
difesa dell’odierna ricorrente, la direzione dell’escussione
testimoniale (art.360 n.5 c.p.c.)”
In particolare osserva che in relazione alla dedotta questione
della nullità del contratto di apprendistato del luglio 1996,
la Corte territoriale aveva ritenuto non dimostrati i
presupposti della nullità del contratto alla luce della
deposizione resa dalla teste Pompili, ritenuta generica ed
apodittica.
La censura è inammissibile.
Le modalità di esposizione del mezzo di
impugnazione appa,ÙL.,,
invero, affette da genericità e vaghezza, non coerenti con i
dettami sanciti dall’art.366 comma l n.4 c.p.c.
Nel ricorso per cassazione, invero, il requisito della
esposizione dei motivi di impugnazione
5
nella quale la
contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le
specificazione dei motivi e l’indicazione espressa delle norme
di diritto non costituiscono requisiti autonomi, avendo la
seconda la funzione di chiarire il contenuto dei primi – mira
ad assicurare che il ricorso consenta, senza il sussidio di
altre fonti, l’immediata e pronta individuazione delle
questioni da risolvere, cosicchè devono ritenersi
;inammissibili quei motivi che non precisino in alcun modo in
condotto alla pronuncia di merito che si ritiene infondata, o
‘che si limitino ad affermazioni apodittiche non seguite da
lalcuna dimostrazione (vedi Cass. 6 luglio 2007 n.15263) o che
;non indichi con precisione gli errori contenuti nelia senCenz3
;impugnata (vedi Cass. 23 settembre 2013 n.21672) atteso che,
.per la natura del giudizio a critica vincolata propria del
processo di cassazione, il singolo motivo assolve alla
funzione condizionante il devolutum della sentenza impugnata.
Nel caso di specie, si verte proprio nelle ipotesi scrutinate,
non essendo chiarito se la censura investa le modalità con cui
è stata verbalizzata la deposizione della teste Pompili, o
l’erronea valutazione delle istanze istruttorie emerse in
ordine alla durata del rapporto, in tal guisa, rimanendo
incerta anche la consistenza della violazione
di legge
contestata.
Con
il quarto motivo si denuncia violazione o falsa
applicazione di norme di diritto con riferimento alla legge
n.726/84, art. 47 1.276/03 e 2697 c.p. per avere la Corte
d’appello disposto non corretta applicazione delle norme in
materia di contratto di apprendistato ed aver realizzato
un’inversione dell’onere della prova con riferimento
all’esistenza di un progetto formativo.
La censura è priva di fondamento.
Risultano, infatti, rispettati i principi più volte affermati
sul tema da questa Corte secondo cui in caso di contesno
della sussistenza di tale tipo di rapporto, essa deve essere
provata dalla parte che l’allega mediante la dimostrazione dei
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che cosa si risolva la violazione di legge che avrebbe
relativi
requisiti
dell’insegnamento
essenziali
professionale
e,
impartito
segnatamente,
al
lavoratore
tirocinante (cfr. Cass. 14 marzo 2001 n.3696).
La
decisione
impugnata,
quanto
alla
dimostrazione
,dell’effettivo svolgimento della attività di formazione da
parte datoriale, attinge, infatti, oltre che a dati di natura
,
presuntiva, principalmente ad elementi scaturiti dalla
circostanza relativa all’espletamento di attività di
addestramento ed affiancamento della Baldi, le cui mansioni
;non erano di natura meramente esecutiva, così come ammesso
dalla medesima ricorrente, oltre che desumibile dalle
deposizioni dei testimoni escussi.
Con il quinto mezzo di impugnazione
si denuncia violazione e
falsa applicazione di norme di diritto in relazione
-all’art.2697 c.c. ex art.360 n.3 c.p.c. nonché omessa
‘valutazione circa un fatto rilevante della controversia
oggetto di discussione fra le parti.
:Lamenta al riguardo la ricorrente l’erroneità della impugnata
pronuncia per non aver ritenuto dimostrato lo svolgimento di
attività di
lavoro
straordinario,
avendo omesso ogni
,valutazione in ordine ai periodi 1996-2001 in relazione ai
,quali i testimoni avevano confermato le circostanze allegate
,in ricorso circa lo
svolgimento di attività ercedPnte
normale orario di lavoro.
Il motivo è inammissibile.
:Nonostante il riferimento alla violazione o falsa applicazione
di
legge, in realtà la doglianza si traduce in una censura
attinente alla correttezza della motivazione, in relazione
alla quale si lamenta l’omessa retta valutazione dei dati
istruttori acquisiti. La censura tende a pervenire ad un
riesame delle valutazioni di merito espresse dalla Corte
territoriale che, non consentita sotto il previgente disposto
di cui all’art.360 n.5 c.p.c., risulta del tutto eccentrica
rispetto al testo
dell’art.360 n.5 c.p.c. come novellato dal
espletata attività istruttoria dai quali era emersa la
d.l. 22/6/12 n.83 conv. In 1.7/8/12 n.134 applicabile ratione
temporis.
Nella interpretazione resa dalle sezioni unite di questa Corte
palla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art.12 delle
preleggi
(vedi
Cass.
S.U.
7
aprile
2014
n.8053),
la
disposizione va letta in un’ottica di riduzione al minimo
costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione,
l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante, in quanto attinente alla
esistenza della motivazione in sé, purché il vizio emerga dal
!testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto
con le risultanze processuali, esaurendosi nelle ipotesi di
“mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e
grafico”, nella “motivazione apparente”, nel contrasto
irriducibile fra
motivazioni inconciliabili”
e he11(.1
“motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”
•
esclusa qualsiasi rilevanza del semplice difetto di
“sufficienza” della motivazione.
Tanto basta a ritenere inammissibile la censura.
In definitiva, il ricorso deve essere respinto.
La
disciplina delle spese segue, infine, il principio della
soccombenza nella misura in dispositivo liquidata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla
rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in eurn
3.000,00 per compensi professionali ed euro 100,00 per esborsi
oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del d.p.r.115 del 2002 dà
atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma il giorno 20 maggio 2014.
di guisa che è stato ritenuto denunciabile in cassazione, solo