Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15078 del 31/05/2021

Cassazione civile sez. III, 31/05/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 31/05/2021), n.15078

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 997/2018 proposto da:

D.M.D., elettivamente domiciliato in Roma, al Lungotevere

Di Pietra Papa n. 21, presso lo studio dell’avvocato Longo Mauro,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Unicredit S.p.a., in persona del legale rappresentante in carica,

elettivamente domiciliato in Roma, alla via Federico Cesi n. 72,

presso lo studio dell’avvocato Buonafede Achille, che lo rappresenta

e difende;

– controricorrente –

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/01/2021 dal Consigliere relatore Dott. Cristiano Valle, osserva

quanto segue.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

I) D.M.D. impugna, con atto affidato a due motivi di ricorso, la sentenza n. 12086 del 13/06/2017, resa dal Tribunale di Roma, quale giudice dell’appello, che ha dichiarato inammissibile l’impugnazione di merito avverso le sentenze del Giudice di Pace della stessa sede che aveva a sua volta dichiarato inammissibile la domanda del D.M. di condanna dell’Unicredit S.p.a. al rimborso dell’imposta di registro (pari a poco più di centosettantacinque Euro, e precisamente 176,75) corrisposta su ordinanza di assegnazione, all’esito di procedura di espropriazione presso terzi.

I.1) Resiste con controricorso, assistito da memoria per l’adunanza camerale, la Unicredit S.p.a..

I.2) Il P.G. non ha fatto pervenire conclusioni.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

II) I motivi di ricorso censurano come segue la sentenza d’appello.

II.1) Il primo motivo deduce: ammissibilità dell’appello avverso sentenza pronunciata ex art. 113 c.p.c., comma 2 e art. 339 c.p.c., in violazione dei principi regolatori della materia e delle norme del procedimento;

II.2) Il secondo mezzo deduce censure attinenti alla natura ed effetti dell’ordinanza t assegnazione di cui all’art. 553 c.p.c. e la conseguente ripetibilità delle somme versate dall’assegnatario per la registrazione dell’ordinanza di assegnazione, ai sensi dell’art. 2033 c.c..

II.1.1) Il primo mezzo è inammissibile per difetto di specificità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il Tribunale ha, nella specie, statuito quale giudice di appello su sentenza del Giudice di Pace ed ha dichiarato l’appello inammissibile, in quanto il valore della causa era inferiore ad Euro millecento e l’appello, in detta ipotesi, è ammesso per i soli motivi di cui all’art. 339 c.p.c., comma 3, ossia per violazione dei principi regolatori della materia, ovvero violazione di norme costituzionali o comunitarie o, infine, di norme sul procedimento, come anche di recente ribadito da questa Corte (quale espressione di un orientamento costante si veda, da ultimo, Cass. n. 14609 del 09/07/2020 Rv. 658481 – 01): “In tema di sentenze dei giudici di pace in controversie di valore non superiore ai millecento Euro (limite indicato dall’art. 113 c.p.c., comma 2, nel testo “ratione temporis” applicabile), la decisione della causa è solo secondo equità, essendo questo l’unico metro di giudizio adottabile dal giudice; ne consegue che le regole di equità devono ritenersi utilizzate indipendentemente dal fatto che il giudice di pace abbia invocato l’equità per la soluzione del caso singolo, oppure abbia risolto la controversia con richiamo a principi di diritto, atteso che anche in questo caso la lettura delle norme data dal giudice è compiuta in chiave equitativa e non può essere denunciata in cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione di legge”.

In atti non vi è, e comunque non è individuata alcuna violazione dei principi regolatori della materia, trattandosi di sentenza che per ragioni di valore deve ritenersi pronunciata secondo equità, nè vi è violazione della corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Nella specie il ricorso per cassazione proposto non individua in alcun modo, se non mediante un riferimento, alquanto specioso ed equivoco, i principi regolatori della materia.

Il ricorso si limita ad affermare che il Tribunale avrebbe giudicato sulla base di una petizione di principio: contrappone, quindi, un proprio punto di vista a quello giudiziale.

II.1.2) In conclusione, il primo motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

II.2.1) Il secondo motivo attinente alla natura dell’ordinanza di assegnazione non può essere scrutinato, in coerenza con la giurisprudenza nomofilattica (Sez. U. n. 3840 del 20/02/2007 Rv. 595555-01): “Qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si è spogliato della “potestas iudicandi” in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta “ad abundantiam” nella sentenza gravata”.

Qualora esaminabile, esso sarebbe comunque inammissibile come affermato più volte da questa Corte (si vedano di recente Cass. n. 10420 del 03/06/2020 Rv. 657992 – 01 e Cass. n. 01004 del 17/01/2020 Rv. 657012-01 da ultimo a Cass. n. 15447 del 21/07/2020 Rv. 658506-01).

III) Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

IV) Le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, tenuto conto del valore della controversia.

V) Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 800,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2021

 

 

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