Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15078 del 07/07/2011
Cassazione civile sez. VI, 07/07/2011, (ud. 26/05/2011, dep. 07/07/2011), n.15078
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –
Dott. RORDORF Renato – Consigliere –
Dott. PICCININNI Carlo – rel. Consigliere –
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
So.Farma.Morra s.p.a. in persona del legale rappresentante,
elettivamente domiciliata in Roma, Via della Giuliana 83/A, presso
gli avv. DEL GAISO Marco e Wladimira Zipparro, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
C.F. e P. in proprio e quali eredi di
C.M., elettivamente domiciliati in Roma, via G. Pisanelli
40, presso l’avv. BISCOTTO Bruno, che li rappresenta e difende giusta
delega in atti;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 110 del
3.2.2010.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza del 26.5.2011 dal
Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;
E’ presente il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. PRATIS Pierfelice.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Il relatore designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., osservava quanto segue:
“La So.Farma.Morra s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione (resistito con controricorso da F. e C.P.) sulla base di un motivo, articolato in più profili, avverso la sentenza con la quale la Corte di Appello di Salerno aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione contro la decisione di primo grado del Tribunale di Salerno, e ciò in ragione del fatto che, trattandosi di opposizione a precetto definita in data 4.12.2006, avrebbe trovato applicazione la L. 24 febbraio 2006, art. 14, secondo il quale la sentenza non sarebbe stata impugnabile con l’appello.
In particolare, la ricorrente ha denunciato violazione di legge e vizio di motivazione poichè: a) il giudice del merito avrebbe omesso di considerare le due diverse azioni proponibili ai sensi dell’art. 615 c.p.c. “a seconda che l’opposizione sia formulata prima o dopo l’inizio dell’esecuzione”, mancando così di rilevare la limitata applicabilità dell’ultimo periodo dell’art. 616 c.p.c., alle opposizioni alle esecuzioni già incardinate; b) l’avvenuta sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata, disposta con ordinanza non reclamata dalla controparte, sarebbe stata riconducibile alla riconosciuta applicabilità della disciplina generale in tema di impugnazioni; c) l’interpretazione data alla disposizione in questione dalla Corte di appello sarebbe viziata sul piano della costituzionalità, per contrasto con gli artt. 3, 24, 111 Cost..
Ciò premesso, il relatore propone la trattazione del ricorso in Camera di Consiglio ritenendolo manifestamente infondato, alla luce del chiaro disposto dell’art. 616 c.p.c. “ratione temporis” applicabile, rispetto al quale risultano del tutto irrilevanti le doglianze prospettate sub a) e b). Quanto a quella sub c), non è configurabile il denunciato contrasto, essendo riconducibile la disciplina adottata alle scelte discrezionali del legislatore, non irragionevoli poichè incentrate sulla specificità della materia (art. 3); non incidendo la limitazione delle articolazioni processuali, riconosciute in via generale dall’ordinamento, sull’esercizio del diritto di difesa (art. 24), che trova comunque adeguata tutela nel dettato dell’art. 111 Cost., che prevede l’esperibilità del ricorso per cassazione contro le sentenze degli organi giurisdizionali.
D’altra parte in tal senso si è già espressa la Corte Costituzionale con la sentenza 18.1.2008 n. 976″.
Tali conclusioni, contrastate dalla ricorrente con memoria con la quale sono state segnalate difficoltà nell’identificazione dei C., la violazione del principio del doppio grado di giurisdizione, l’antecedenza della sentenza oggetto di esame rispetto a quella della Corte Costituzionale richiamata dal relatore, il mutamento del quadro normativo in data successiva all’inizio del giudizio, sono condivise dal Collegio, atteso il disposto della L. n. 52 del 2006, art. 14 e la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità prospettata, non essendo costituzionalizzato il principio del doppio grado di giudizio e non risultando la violazione di altre disposizioni, come d’altro canto già espressamente affermato dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza 08/976.
Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato, con condanna della ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 26 maggio 2011.
Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2011