Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15077 del 07/07/2011

Cassazione civile sez. VI, 07/07/2011, (ud. 26/05/2011, dep. 07/07/2011), n.15077

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Fallimento A.A. in persona del curatore, elettivamente

domiciliato in Roma, via R. Fucini 63, presso l’avv. Carla Montanaro,

rappresentato e difeso dall’avv. BERRETTA Vito giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.C., domiciliato in Roma presso la Corte di

Cassazione, rappresentata e difesa dall’avv. SPINA BELLA Salvatore

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 1056 del

30.7.2009.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

26.5.1011 dal Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;

Udito l’avv. Cerchiaro su delega per il ricorrente;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’accoglimento nei limiti

della relazione.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il relatore designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., osservava quanto segue:

“Il fallimento A.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui ha resistito D.C. con controricorso, avverso la sentenza con la quale la Corte di Appello di Catania aveva sostanzialmente confermato la decisione di rigetto dell’azione revocatoria fallimentare emessa dal primo giudice.

In particolare, con i motivi di impugnazione il ricorrente ha denunciato violazione della L. Fall., art. 67, comma 2, e vizio di motivazione, con riferimento al giudizio emesso dalla Corte territoriale secondo il quale, pur a fronte di cinque protesti cambiari e di un pignoramento immobiliare antecedenti alla stipulazione dell’atto in contestazione, non sarebbe stata raggiunta prova della conoscenza dell’insolvenza della debitrice da parte dell’acquirente, e ciò essenzialmente in ragione di tre elementi consistenti: a) nell’estrazione sociale dell’acquirente, semianalfabeta; b) nell’avvenuta stipulazione di un preliminare oltre tre anni prima della stipulazione del contratto definitivo; c) nell’eseguito pagamento della quasi totalità del prezzo fin dal preliminare e nella corresponsione del saldo nell’anno successivo.

La correttezza di tale giudizio è stata contestata, come detto, dal fallimento sotto i profili indicati, con la denuncia dell’errata rilevanza attribuita al contratto preliminare, che sarebbe stato privo di data certa, e della mancata valutazione degli elementi sintomatici sopra indicati che, considerati nel loro complesso e rapportati al comportamento di un operatore di media diligenza, avrebbero dovuto comportare un diverso esito della lite.

Il relatore ritiene tuttavia manifestamente infondato il rilievo, e propone dunque la trattazione del ricorso in Camera di Consiglio, e ciò in quanto il dissenso del ricorrente attiene al merito della valutazione effettuata dalla Corte territoriale (la questione relativa alla data del preliminare urta con gli accertamenti in punto di fatto compiuti dalla Corte territoriale, ed appare comunque come un rilievo nuovo), nella corretta applicazione dei parametri normativi, valutazione che è sorretta da motivazione immune da vizi logici (la Corte ha infatti ritenuto che, in ragione dei tre elementi sopra evidenziati, non potesse ritenersi raggiunta la prova della consapevolezza dell’insolvenza) e che non è pertanto sindacabile in questa sede di legittimità”.

Tali rilievi sono stati contrastati dal fallimento con memoria, con la quale in particolare è stata ribadita la carenza di motivazione nel provvedimento impugnato, asseritamente contrastante con i “principi generali previsti dal nostro ordinamento in tema di presunzioni semplici”, l’irrilevanza del preliminare in quanto privo di data certa, l’omessa considerazione del comportamento della D. al momento della stipulazione del definitivo.

Ritiene il Collegio che siano condivisibili le conclusioni del relatore, la cui fondatezza non risulta intaccata dalle considerazioni svolte dal ricorrente con la sopra richiamata memoria, atteso che gli argomenti ivi prospettati sono espressione di una difforme interpretazione del materiale probatorio acquisito, rispetto alle valutazioni ad esso date dal giudice del merito, e non colgono profili di erroneità nella decisione censurata, al di là delle generica denuncia apoditticamente formulata e non sostenuta dai necessari riscontri. Conclusivamente il ricorso va rigettato, con condanna del ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo e da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, da distrarre in favore del procuratore dichiaratosi antistatario, che liquida in Euro 1.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2011

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