Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15073 del 07/07/2011

Cassazione civile sez. VI, 07/07/2011, (ud. 26/05/2011, dep. 07/07/2011), n.15073

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 12353/2010 proposto da:

V.L.P. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE BASTIONI MICHELANGELO 5/A, presso lo

studio dell’avvocato SAVONI MONICA (Studio Diurni), rappresentata e

difesa dall’avvocato MAROZZI Francesco, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.S., R.E., R.S., C.

N. in qualità di soci della società Cooperativa Edilizia

Belvedere soc. COOP. a r.l., già in gestione Commissariale in

persona del Commissario Governativo (attualmente sottoposta a

curatela fallimentare nella persona del curatore pro tempore),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 32, presso lo

studio dell’avvocato SIMONA DI NAPOLI, rappresentati e difesi dagli

avvocati SPINA Gianni, MASSETTI MARGHERITA, giuste procura speciali

in calce ai controricorsi;

– controricorrenti –

e contro

CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA COOPERATIVA BELVEDERE soc. coop. a

r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 52/2010 della CORTE D’APPELLO di ANCONA

dell’8.10.09, depositata il 15/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RENATO RORDORF.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PIERFELICE

PRATIS.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il relatore designato a norma dell’art. 377 c.p.c., ha depositato una relazione del seguente tenore:

“1. La Corte d’appello di Ancona, con sentenza depositata il 15 gennaio 2010, ha confermato la pronuncia del Tribunale di Ascoli Piceno che, previo annullamento della deliberazione con cui il consiglio di amministrazione della Cooperativa Edilizia Belvedere aveva escluso dalla compagine sociale i sigg.ri P.S., E. e R.S. e C.N., aveva accolto la domanda di detti soci volta ad ottenere il trasferimento in proprietà a ciascuno di essi degli appartamenti loro assegnati. E’ stata altresì confermata in appello la declaratoria d’inammissibilità dell’intervento in causa di altra socia, la sig.ra V.L.P., che si era opposta all’accoglimento delle domande degli attori assumendo di avere ella stessa titolo all’acquisto di uno degli appartamenti dianzi indicati.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la sig.ra V., prospettando quattro motivi di doglianza.

I sigg.ri P., R. e C. si sono difesi con due controricorsi.

2. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., poichè è prospettabile la sua manifesta infondatezza.

2.1. Questione decisiva è quella posta dal secondo motivo di ricorso, che riguarda la declaratoria d’inammissibilità dell’intervento in causa dell’odierna ricorrente.

L’ammissibilità di tale intervento è stata negata dal primo giudice e la corte d’appello, investita della questione per effetto del gravame, ha affermato in motivazione che nel caso in esame d’inammissibilità “dal punto di vista meramente tecnico-giudico” non si potrebbe parlare; ma ha poi ritenuto di condividere l’esito finale del giudizio espresso dal tribunale argomentando dal fatto che la sig.ra V. non aveva idoneamente dimostrato di essere “socia- prenotante” di un alloggio della cooperativa ed aveva anzi manifestato per fatti concludenti il proprio disinteresse all’assegnazione degli alloggi agli altri soci.

La ricorrente sostiene che a giustificare il proprio intervento nella causa promossa dagli altri soci sarebbe sufficiente la propria qualifica di socia della medesima cooperativa, indipendentemente dall’avere ella o meno già prenotato un alloggio; ed aggiunge che comunque, contrariamente a quanto affermato nell’impugnata sentenza, la documentazione dimostrativa della prenotazione dell’alloggio da lei effettuata era stata prodotta in causa validamente, all’udienza di precisazione delle conclusioni di primo grado, trattandosi di un documento venuto ad esistenza in un momento successivo alla scadenza dei termini di cui all’art. 184 c.p.c..

2.2. Tali rilievi potrebbero non essere idonei a scalfire la decisione impugnata, ancorchè la motivazione di questa è probabilmente da correggere.

L’ammissibilità dell’intervento di un socio di una cooperativa edilizia in una causa che altri soci abbiano promosso per ottenere il trasferimento in proprio favore della proprietà di alloggi dipende, evidentemente, dall’esistenza di un interesse attuale e concreto dell’interveniente ad opporsi alla pretesa degli attori. Un simile interesse, però, diversamente da quel che afferma la ricorrente, non può risiedere nella mera qualifica di socio della medesima cooperativa: perchè, se è vero che la mancata attribuzione di alloggi ad altri soci aumenta il numero di quelli a disposizione dei soci rimanenti, è altrettanto vero che l’interesse ad agire in giudizio (o ad intervenire in un giudizio) non può essere meramente ipotetico ed eventuale, ma deve rivestire i caratteri dell’attualità e della concretezza.

Il socio interveniente, sul quale grava l’onere di dimostrare l’esistenza di un siffatto interesse, deve quindi provare di trovarsi in una situazione tale per cui l’attribuzione dell’alloggio controverso ad altro socio incide in modo (non solo potenziale ed eventuale, bensì) effettivo sulla sua legittima aspirazione a conseguire quel medesimo alloggio, o lo priva della possibilità di conseguirne un altro equivalente.

Se così è, appare evidente che non basta la mera deduzione della propria qualità di socio della stessa cooperativa a giustificare l’intervento in una causa che riguarda la pretesa all’alloggio avanzata da un soggetto diverso, perchè resta indimostrato che l’eventuale accoglimento di tale pretesa impedisce il soddisfacimento della legittima aspettativa dell’interveniente a conseguire a propria volta un analogo alloggio.

Nel caso in esame la ricorrente, come già accennato, sostiene anche di aver documentato la propria qualità di “socia-prenotante”. Ma la corte d’appello ha disatteso tale prospettazione con tre argomenti:

la documentazione addotta dall’interveniente è stata prodotta tardivamente; la prenotazione è successiva all’assegnazione del medesimo alloggio ad altro socio e non è quindi idonea allo scopo;

il comportamento tenuto ante causam dalla sig.ra V. di fronte alle richieste degli altri soci dimostra il suo disinteresse per le assegnazioni disposte in favore di costoro.

La ricorrente replica solo alla prima di tali considerazioni, con un breve cenno, limitandosi a sostenere che la documentazione di cui si discute era stata formata in un momento successivo alla precisazione delle conclusioni e che la produzione in giudizio dovrebbe perciò essere considerata ammissibile. A prescindere dalla fondatezza di tale rilievo, sembra però doversi osservare che il ricorso è, sul punto, del tutto privo di autosufficienza: poichè nulla da esso è dato ricavare in ordine al contenuto del documento in questione, onde risulta impossibile vagliare se, ed in quale eventuale misura, esso sarebbe davvero idoneo a dimostrare la titolarità in capo alla sig.ra V. di una posizione giuridica cui corrisponda un’aspettativa di diritto riguardante uno degli alloggi che formano oggetto della domanda proposta in causa da qualcuno degli attori.

Sotto questo profilo, dunque, il ricorso non appare rispettoso del disposto dell’art. 366, comma 1, n. 6, che richiede, a pena d’inammissibilità, la specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso stesso si fonda.

2.3. Se si condividono tali considerazioni, se ne deve trarre la conclusione che la sig.ra V. era priva di interesse ad intervenire in causa (o, quanto meno, non ha adeguatamente dimostrato di avervi interesse); e tale difetto di interesse, determinando l’inammissibilità dell’intervento, appare assorbente rispetto ad ogni altra questione sollevata negli ulteriori motivi di ricorso, conducendo comunque al rigetto del ricorso stesso”.

La corte condivide tali considerazioni, che non appaiono idoneamente scalfite dai rilievi formulati nella memoria successivamente depositata dalla ricorrente, la quale insiste nel sostenere l’esistenza di un interesse idoneo a sorreggere il suo intervento in causa e fa leva sul fatto che la stessa corte d’appello ha reputato tale intervento riconducibile alla previsione dell’art. 105 c.p.c., e si è discostata dalla diversa valutazione al riguardo espressa dal primo giudice. Onde, a dire della stessa ricorrente, si sarebbe formato sul punto un giudicato.

Ma la ricorrente non considera che la sentenza d’appello ha conclusivamente rigettato il gravame avverso la decisione del tribunale e, se è vero che vi sono profili non del tutto condivisibili nell’iter logico della motivazione (di talchè anche nella relazione sopra riportata si è fatto cenno alla necessità di correzioni motivazionali), resta nondimeno indiscutibile che, lungi dall’essersi formato un giudicato nel senso dell’esistenza dell’interesse della sig.ra V. a partecipare al giudizio di cui si tratta, la sentenza di secondo grado ne ha ribadito l’estromissione.

Per il resto, la valutazione dell’esistenza di un interesse attuale e concreto che giustifichi la partecipazione al giudizio si risolve in una questione di fatto ed i rilievi esposti nella memoria della ricorrente non apportano elementi decisivi che valgano a modificare le conclusioni adombrate in proposito nella relazione.

Consegue da ciò il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per onorari e Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2011

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