Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15072 del 22/06/2010
Cassazione civile sez. trib., 22/06/2010, (ud. 11/05/2010, dep. 22/06/2010), n.15072
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso
cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
Firema Trasporti s.p.a., con sede in (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante ing. F.G., rappresentata e difesa per
procura a margine del controricorso dagli Avvocati Gaeta Pietro e
Bruno Gaeta. elettivamente domiciliata presso il loro studio in
Roma, via Arco della Ciambella n. 6;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 147/18/08 della Commissione tributaria
regionale della Campania, depositata il 5 novembre 2008;
udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del
11 maggio 2010 dal consigliere relatore Dott. Mario Bertuzzi;
udito l’avv. Gaeta Bruno;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. Raffaele
Ceniccola.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Il Collegio:
letto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 147/18/08 del 5 novembre 2008 della Commissione regionale della Campania, che in riforma della pronuncia di primo grado, aveva accolto i ricorso della Firema Trasporti s.p.a. avverso il silenzio rifiuto formatosi sulla propria istanza di rimborso dell’irap relativa agli anni dal 2002 al 2004, fondata sul beneficio previsto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 17 in favore dei soggetti aventi diritto ad usufruire dell’esenzione decennale dell’ilor;
letto il controricorso della Firema Trasporti s.p.a.:
vista la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. dal consigliere delegato Dott. Mario Bertuzzi che ha concluso per l’infondatezza del ricorso;
rilevato che la relazione è stata regolarmente comunicata al Procuratore Generale, che non ha svolto controsservazioni, e notificala alle parti costituite;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che denunzia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 218 del 1978, art. 101 del D.L. n. 244 del 1995, art. 18, comma 2 del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 17, comma 1 e dell’art. 2697 cod. civ. si conclude con il seguente quesito di diritto: “codesta Ecc.ma Corte dica perciò – ex art. 366 bis c.p.c. se D.P.R. n. 218 del 1978, ex art. 101, D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 17 e art. 2697 c.c. l’inesistenza dell’obbligo di versare i tributi oggetto di ripetizione, incombeva sul contribuente in modo pregnante, a mente del generale principio di cui all’art. 2697 c.c. cioè l’onere di provare resistenza del relativo diritto, difformemente da quanto deciso dalla CTR nella sentenza in esame”;
che il motivo appare manifestamente infondato, atteso che – come esattamente osserva la relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ. – la sentenza impugnata ha statuito in favore della domanda della società contribuente non già applicando il principio dell’onere della prova, ma affermando che il diritto della stessa all’esenzione del tributo nella misura richiesta era stato già riconosciuto, sia pure per annualità diverse, dalla sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli n. 136/07/2004 passata in giudicato, ed accertando comunque direttamente, sulla base di una relazione tecnica dell’Ufficio del Territorio di Potenza, la ricorrenza in favore della predetta società delle condizioni di fatto richieste dalla legge per l’esenzione;
che il secondo motivo di ricorso, così rubricato: “Violazione dell’art. 395 c.p.c., lett. a, ex art. 360 c.p.c., n. 3” e, assume l’erroneità della decisione impugnata per avere deciso mediante richiamo alla sentenza n. 40/03/07 della Commissione tributaria regionale della Campania emessa nel corso di un giudizio pendente tra le parli e riguardante la medesima imposta sia pure per una diversa annualità sulla base del falso presupposto che essa fosse divenuta definitiva, mentre era stata impugnata dall’Ufficio con ricorso per cassazione, e deduce altresì vizio di insufficiente motivazione, per non avere il giudice a qua considerato che il D.L. n. 244 del 1995, art. 18, comma 2, aveva subordinato la facoltà di usufruire del beneficio dell’esenzione dall’ilor alla condizione che l’opificio fosse divenuto idoneo all’uso entro la data del 31 dicembre 1993. laddove nel caso di specie la fatturazione dei macchinari più importanti era del gennaio 1995;
ritenuto che il denunzialo vizio di motivazione è inammissibile dal momento che esso investe non già la ricostruzione dei fatti rilevanti ai lini della decisione, ma la falsa applicazione di norme di diritto, nella specie del D.L. n. 244 del 1995, art. 18, comma 2, tenuto conto che, per un principio di diritto vivente, il vizio di motivazione della sentenza può sussistere unicamente in relazione agli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito, non già con riferimento all’applicazione delle disposizioni di diritto, sostanziali o processuali (Cass. S.U. n. 21712 del 2004); che parimenti inammissibile è anche la censura di violazione di legge, dovendo sul punto evidenziarsi la genericità del quesito di diritto formulato a pag. 12 del ricorso, nonchè il fatto che il motivo non investe l’affermazione della Commissione tributaria regionale che, richiamando le risultanze della relazione tecnica dell’Ufficio dei Territorio di Potenza, ha accertato in positivo la ricorrenza in favore della società contribuente delle condizioni di fatto richieste dalla legge per l’esenzione, accertamento che costituisce una diversa ed autonoma ratio decidenti della sentenza impugnata, idonea, come tale, a sorreggerne la statuizione finale;
che. in particolare, tale conclusione si impone alla luce dell’orientamento consolidato di questa Corte, secondo cui ove una sentenza (o un capo di questa) si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario – per giungere alla cassazione della pronunzia – non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo stesso dell’impugnazione, atteso che essa, è intesa alla cassazione della sentenza in toto, o in un suo singolo capo, id est di tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano, con Perfetto che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non formi oggetto di censura ovvero che sia respinta la censura relativa anche ad una sola delle dette ragioni. perchè il motivo di impugnazione debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per diletto di interesse, le censure avverso le altre ragioni (Cass. 18 maggio 2005, n. 10420; Cass. 4 febbraio 2005, n. 2274; Cass. 26 maggio 2004. n. 10134);
che, pertanto, il ricorso va respinto, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, come liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in complessivi Euro 12.100, di cui Euro 100 per esborsi. oltre spese generali e contributi di legge.
Così deciso in Roma, il 11 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2010