Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15072 del 17/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 15072 Anno 2015
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: D’ANTONIO ENRICA

SENTENZA

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sul ricorso 17140-2009 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA
RICERCA C.F. 80185250588, in persona del Ministro pro
tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia,
in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– ricorrente –

2015

contro

1717

CORRIGA

GIOVANNA

C.F.

CRRGNN5OR641851Q,

gia

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ACHERUSIO 30,
presso lo studio dell’avvocato FABIO CODOGNOTTO, che

Data pubblicazione: 17/07/2015

la rappresenta e difende giusta delega in atti e da
ultimo domiciliata presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 99/2009 della CORTE D’APPELLO

3308/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/04/2015 dal Consigliere Dott. ENRICA
D’ANTONIO;
udito l’Avvocato DI MATTEO ENRICO;
udito l’Avvocato CODOGNOTTO FABIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per il
rigetto.

di CAGLIARI, depositata il 11/05/2009 R.G.N.

R.G 17140/2008
Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Cagliari ha confermato la sentenza del Tribunale di Oristano di accertamento
del diritto di Corriga Giovanna, dipendente del Ministero dell’Istruzione, all’inquadramento nella

concorso a decorrere dall’1/10/2001 come previsto dal bando e non già come ritenuto dal Ministero
dall’11/2/2004 .
La Corte ha affermato che le clausole del bando avevano natura giuridica di offerta al pubblico ex
art 1336 cc e che tale regola era valevole anche per il pubblico impiego contrattualizzato almeno
con riferimento all’ipotesi non già di nuova assunzione ma di procedure selettive di riqualificazione
riservate al personale già di ruolo.
Ha rilevato che , pertanto, il Ministero non poteva procedere a modificare nei confronti dei
dipendenti vincitori della selezione la data di inquadramento posticipandone la decorrenza già
fissata nel bando dati’ 1/10/2001 ; che le norme del bando non erano modificabili a cura della
contrattazione collettiva successiva e che anzi l’esame del contratto integrativo del 2003 non
consentiva di affermare che le parti avessero inteso modificare la data di inquadramento nella nuova
posizione economica prevista dall’art 13 del bando risultando dallo stesso solo che i provvedimenti
di inquadramento avrebbero dovuto essere definiti entro il 31/1/2004.
La Corte ha infine escluso la violazione dell’ad 97 della Cost nonché la fondatezza delle’eccezione
formulata dal Ministero secondo cui l’originaria previsione del bando e del CCNL del 2000 non
avrebbe potuto trovare applicazione per l’assenza della certificazione comprovante la sua
compatibilità economica finanziaria atteso che la previsione generale di cui all’ari 31 del ceni
1998/2001 prevedeva il finanziamento della riqualificazione con somme accantonate nell’ambito
del fondo unico di amministrazione , poi in concreto impiegabili dalle singole amministrazioni
attraverso la contrattazione integrativa e che attraverso i documenti era rimasto provato che le
somme necessarie erano state effettivamente accantonate.
Avverso la sentenza ricorre il Ministero formulando 5 motivi Resiste la Corriga . Il Collegio ha
autorizzato la motivazione semplificata.
Motivi della decisione
1)Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art .4 del CCNL integrativo del 2004,
degli artt 35,40,40 bis e 43 del dlgs n 165/2001, degli artt 3 e 14 dpr n 487/1994, degli artt
1321,1322,1326,1336,1372,2077 cc
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posizione C3 e nel profilo professionale acquisito con la procedura selettiva di cui al bando di

Rileva che l’intangibilità delle disposizioni del bando di concorso attiene ai requisiti di
partecipazione alla selezione , alle regole di svolgimento della stessa, ed alla valutazione dei titoli e
delle prove e pertanto nulla ha a che vedere con la decorrenza , a selezione conclusa, delle
assunzioni dei vincitori sì che legittimamente le clausole dei bandi di concorso che prevedono
l’inquadramento dei vincitori con decorrenza retroattiva dal momento della loro pubblicazione
possono essere oggetto di modifica unitamente alle clausole del CCNL di cui costituiscono

2)Con il secondo motivo il Ministero denuncia violazione dell’art.4 del CCNL integrativo del 2004
in combinato con gli art 40 e 43 del dlgs n 165/2001 . Pone il quesito se sia legittima la previsione
del CCNL che modifichi la clausola del bando che prevede l’inquadramento retroattivo dei vincitori
delle procedure concorsuali espletate per la riqualificazione del personale dipendente.
3)Con il terzo motivo denuncia violazione dell’art 40, 3 comma, 40 bis, 3 comma, dlgs n 165 del
2001 . Pone il quesito se la P.A. sia vincolata al rispetto della clausola del bando e del CCNL che
prevede l’inquadramento retroattivo dei vincitori nell’ipotesi in cui effettuati i controlli e le
rilevazioni previsti dall’ad 40 bis dlgs risulti che l’applicazione della stessa comporterebbe costi
non compatibili con i vincoli di bilancio ovvero se trattandosi di clausola nulla di diritto ex art 40,
comma terzo , e 40 bis , comma terzo del dlgs n 165/2001 può essere disapplicata.
4)Con il quarto motivo denuncia violazione dell’art art 4 CCNL del 2004 . Rileva che la norma
citata deve essere intesa nel senso che solo a far data dell’approvazione di tutte le graduatorie può
essere attribuita la superiore qualifica con esclusione di ogni effetto retroattivo e che la data del
31/1/2004 indica la data ultima entro la quale era prevista la sottoscrizione dei contratti
n 25045/2011

14275/2014)

5) Con il quinto motivo denuncia violazione dell’ad 4 del CCNL del 2004 in relazione agli artt
1362,1366e 1367 e 1372 cc. Censura l’interpretazione data dalla Corte all’ad 4 citato.
I motivi congiuntamente esaminati sono infondati.
Con la sentenza qui impugnata la Corte d’Appello di Cagliari ha respinto il gravame proposto dal
Ministero della Pubblica Istruzione avverso la decisione di prime cure che aveva dichiarato il diritto
all’inquadramento giuridico ed economico della Coriga a far tempo dal 1 ottobre 2001 – ossia dalla
data di pubblicazione del bando di concorso, in conformità a quanto ivi previsto, anziché, come
disposto da Ministero, da quella successiva di approvazione della graduatoria -, ed aveva
condannato il Ministero convenuto al pagamento delle relative differenza retributive.
La giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di esaminare controversie analoghe alla
presente (cfr, ad esempio, Cass. 28 novembre 2011 n. 25045; Cass. 30 dicembre 2010 n. 26493). In
particolare con la sentenza n 21518/2014 questa Corte ha affermato che :
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riproduzione

T

ove il datore di lavoro abbia manifestato la volontà di provvedere alla copertura di posti di una

determinata qualifica attraverso il sistema del concorso interno ed abbia, a questo fine, pubblicato
un bando che contenga tutti gli elementi essenziali (numero dei posti disponibili, qualifica, modalità
del concorso, criteri di valutazione dei titoli, ecc), prevedendo, altresì, il riconoscimento del diritto
del vincitore del concorso di ricoprire la posizione di lavoro disponibile e la data a decorrere dalla
quale è destinata ad operare giuridicamente l’attribuzione della nuova posizione, sono rinvenibili in

solo al rispetto della norma con la quale esso stesso ha delimitato la propria discrezionalità, ma
anche ad adempiere l’obbligazione secondo correttezza e buona fede, sicché il superamento del
concorso, indipendentemente dalla successiva nomina, consolida nel patrimonio dell’interessato
l’acquisizione di una situazione giuridica individuale, non disconoscibile alla stregua della natura
del bando, nè espropriabile per effetto di diversa successiva disposizione generale, in virtù del
disposto dell’art. 2077 c.c., comma 2, (cfr, ex plurimis, Cass. SU. 29 agosto 1998 n. 8595; Cass. 21
agosto

2004

n.

16501);

– tale principio di diritto risulta pienamente coerente con la posizione che il datore di lavoro
pubblico riveste nell’ambito del pubblico impiego cosiddetto privatizzato e con la conseguente
natura delle situazioni soggettive tutelabili che fanno capo ai dipendenti, posto che la tesi secondo
cui il principio dell’immodificabilità del bando dovrebbe ritenersi recessivo rispetto all’esigenza di
buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione, non considera che, a seguito della
riforma, la pubblica amministrazione non esercita più, nel rapporto di pubblico impiego, poteri di
supremazia speciale, ma opera con la capacità del datore di lavoro privato e nell’ambito di un
rapporto contrattuale paritario, e che, non configurandosi in capo ai dipendenti situazioni di
interesse legittimo di diritto pubblico, la posizione degli stessi – integralmente riportabile alla
categoria dei diritti soggettivi o, a fronte di specifici poteri discrezionali, degli interessi legittimi di
diritto privato, pur sempre, comunque, riconducibili alla categoria dei diritti di cui all’art. 2907 cod.

un siffatto comportamento gli estremi della offerta al pubblico, che impegna il datore di lavoro non

civ. (cfr., ad esempio, Cass. SU. 1 dicembre 2003 n. 14625) – non è degradaile per effetto di atti
unilaterali del datore di lavoro, come avveniva in passato, allorché la tutela del lavoratore pubblico
era riconducibile (ed era connessa) all’esercizio del potere amministrativopubblico;
– la persistente rilevanza che assume l’interesse generale rispetto al datore di lavoro pubblico non
determina e non si risolve, quindi, nella funzionalizzazione dei singoli atti, quanto dell’attività
complessiva, di guisa che i singoli atti di gestione o di organizzazione (per la parte di questi ultimi
che si collocano al di sotto dell’alta organizzazione, mantenuta in regime pubblicistico) non sono
sindacabili per contrasto col pubblico interesse, come i provvedimenti amministrativi, ma nei limiti
consentiti dal programma negoziale e dalle relative fonti – legati e contrattuali – di riferimento, e
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quindi non alla stregua dei tradizionali vizi dell’atto amministrativo, ma secondo quelli propri della
patologia dei negozi giuridici, derivanti dalla violazione della disciplina legale o contrattuale che
presiede all’attività paritetica della pubblica amministrazione (cfr., ad esempio, Cass. 14 agosto
2008 n. 21660; Cass.15 maggio 2006 n. 11103);
– discende da quanto sopra che, al di fuori dei casi in cui viene eccezionalmente riconosciuto al
datore di lavoro, pubblico o privato, il potere di incidere unilateralmente sul vincolo contrattuale

risulta configurabile un potere di autotutela della pubblica amministrazione, che costituiva in
precedenza espressione delle prerogative unilaterali di cui la stessa era titolare nella
regolamentazione del rapporto di impiego, e, più in generale, che la specialità del rapporto non è
riferibile (come era nel testo originario della riforma) al perseguimento di interessi generali, ma alle
singole disposizioni (essenzialmente concernenti le modalità dell’assunzione, l’irrilevanza dei fatti
concludenti e l’obbligo di assicurare “parità di trattamento” per i dipendenti) che determinano una
regolamentazione specifica per il pubblico impiego;
– in tale contesto, i poteri discrezionali o valutativi che sono riconosciuti al datore di lavoro
pubblico (anche in tema di procedure di avanzamento in carriera) si collocano sempre, come nel
lavoro privato, sul piano del regime di diritto comune, e costituiscono espressione di “potere
privato”, e non anche di discrezionalità amministrativa, risultando censurabili in conformità alle
disposizioni di legge e di contratto, e comunque sulla base delle regole di correttezza e buona fede
(in quanto espressive dei principi di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost. come
precisato, ad esempio, da Cass. SU. 26 giugno 2002 n. 9332; Cass. 14 aprile 2008 n. 9814) ed in
conformità a criteri di adeguatezza e ragionevolezza;
– il principio della normale coincidenza fra la data di inizio dell’attività lavorativa e il
riconoscimento del relativo trattamento non risulta puramente speculare alla posizione del personale
che sia già dipendente dell’amministrazione e che pur acceda alla superiore posizione economica
per effetto di concorso interno, ben potendo la retrodatazione degli effetti trovare, in questi casi,
giustificazione in particolari valutazioni di tipo organizzativo relative alle posizioni di lavoro
legittimanti la partecipazione al concorso ed all’esigenza di assicurare la parità di trattamento dei
dipendenti positivamente selezionati, indipendentemente dai tempi di definizione delle relative
procedure. Nè possono ravvisarsi profili di nullità della clausola contrattuale collettiva in
conformità della quale è stata indicata nel bando la decorrenza dell’inquadramento, posto che: a)
vertendosi in tema di passaggio di livello nell’ambito della stessa area si è al di fuori dell’ipotesi di
nuova assunzione e di conseguente eventuale violazione delle previsioni del D.Lgs. n. 165 del 2001,
art. 35 ne’, a fortori, della disciplina pubblicistica inerente alle assunzioni o, comunque, agli
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(come nei casi di esercizio del potere disciplinare o di legittimo esercizio dello ius variandi), non

inquadramenti superiori; b) non può essere ritenuto che la previsione del contratto integrativo del
21.9.2000, che ha stabilito la decorrenza giuridica ed economica delle riqualificazioni dalla data di
pubblicazione del bando, violi ti principio di competenza che regola i rapporti fra il contratto
collettivo nazionale e quello di livello decentrato ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40,
comma 3 (che, nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 150 del 2009
ed applicabile, nella fattispecie, ratione temporis, recitava: “…La contrattazione collettiva

e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono; essa può avere ambito territoriale e
riguardare più amministrazioni. Le pubbliche amministrazioni non possono sottoscrivere in sede
decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi
nazionali o che comportino oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e
pluriennale di ciascuna amministrazione. Le clausole difformi sono nulle e non possono essere
applicate’)gi consideri altresì che il ricorso, in violazione dei principi di autosufficienza, al di là
del richiamo ad una generica nota della Ragioneria Generale dello Stato – Ispettorato Generale
(peraltro neppure depositata in una con il ricorso, in violazione dell’art. 369c.p.c., comma 2, n. 4),
non indica e tanto meno riporta il contenuto delle emergenze probatorie dimostrative della
eventuale sussistenza di oneri, derivanti dalla ridetta clausola contrattuale, non previsti negli
strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione o non compatibili
con i vincoli di bilancio.
-Deve ancora aggiungersi che neppure appare condivisibile l’assunto secondo cui l’art. 4 del CCN
Integrativo del 9.2.2004 avrebbe modificato quanto previsto, per ciò che qui specificamente rileva,
dall’art. 19, comma 5, del CCN Integrativo del 21.9.2000 (in base al quale “la decorrenza giuridica
ed economica per il personale riqualificato è da considerarsi la data della pubblicazione del bando”),
posto che la nuova normativa pattizia, pretesamente innovativa sul punto, si limita a prevedere che
“i provvedimenti di inquadramento del personale a seguito dei passaggi all’interno delle aree B e C
sono definiti con l’approvazione di tutte le graduatorie e la sottoscrizione dei contratti individuali di
lavoro da stipularsi entro il 31 gennaio 2004” e, perciò, a disciplinare la data ultima di
sottoscrizione dei contratti e la necessità dell’adozione dei formalmente necessari atti ricognitivi,
sicché non possono ravvisarsi profili di incongruità nell’interpretazione, rispettosa dei criteri
ermeneutici e immune da vizi logici, al riguardo accolta nella sentenza impugnata.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza.
PQM

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integrativa si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare € 100,00 per esborsi ed € 5.000,00 per compensi
professionali , oltre accessori di legge e 15% per spese generali .
Roma 21/4/2015

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