Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15072 del 15/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/07/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 15/07/2020), n.15072

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25474-2018 proposto da:

S.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO

CESI, 21, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO PORRARO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

contro

– intimati –

avverso la sentenza n. 970/9/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 15/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAPOZZI

RAFFAELE.

Fatto

RILEVATO

che il contribuente S.R. propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR del Lazio, che aveva dichiarato inammissibile per mancata indicazione dei motivi l’appello da lui proposto avverso una sentenza della CTP di Roma, di parziale accoglimento del suo ricorso avverso un avviso di accertamento IRPEF 2011.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a tre motivi di ricorso;

che, con il primo motivo di ricorso, il contribuente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, alla stregua del quale il ricorso in appello doveva contenere, a pena d’inammissibilità, i motivi specifici d’impugnazione; la CTR aveva erroneamente ritenuto che nel suo atto di appello mancasse l’indicazione dei vizi di fatto o di diritto, dai quali sarebbe stata affetta la sentenza impugnata; al contrario le argomentazioni da lui svolte avevano contestato il fondamento logico-giuridico della motivazione della sentenza di primo grado, chiedendo il riesame della causa nel merito;

che, con il secondo motivo di ricorso, il contribuente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 116 c.p.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che aveva formato oggetto di discussione fra le parti, in quanto la CTR non si era pronunciata su prelievi e versamenti per importo complessivo di Euro 35.506,00, che la stessa Agenzia delle entrate aveva ritenuto giustificati in un verbale preliminare di adesione redatto nel settembre 2014; e detta doglianza, già contenuta nel ricorso di primo grado, era stata ribadita nell’atto di appello; la CTR non si era, inoltre, pronunciata sulla sua istanza, intesa a dare atto della cessata materia del contendere, in ordine alla legittimità del citato prelievo e versamento di Euro 35.506,00;

che, con il terzo motivo di ricorso, il contribuente lamenta violazione e falsa applicazione art. 2697 c.c. e art. 116 del c.p.c., in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla CTR, egli aveva prodotto ampia documentazione, dalla quale poteva ritenersi pienamente giustificato l’accredito di Euro 335.000,00, fatto in suo favore;

che l’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso;

che il primo motivo di ricorso è fondato;

che, invero, in materia tributaria, la riproposizione in appello delle originarie censure, poste a fondamento del ricorso di primo grado, è sufficiente ad assolvere l’onere d’impugnazione specifica, imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, atteso che, nel processo tributario, l’appello ha carattere devolutivo pieno, non essendo esso limitato al controllo di vizi specifici della sentenza di primo grado, ma perseguendo la finalità di ottenere il riesame nella causa nel merito; ed il requisito della specificità dei motivi di appello non può essere inteso nel senso che l’appellante sia tenuto a formulare nuovi argomenti giuridici a sostegno dell’impugnazione, potendo l’appellante limitarsi a sottoporre all’esame del giudice di gravame le medesime argomentazioni formulate in primo grado e respinte in quella sede, manifestando un dissenso che investa la decisione di primo grado nella sua intierezza (cfr. Cass. n. 30525 del 2018; Cass. n. 32838 del 2018; Cass. n. 32954 del 2018; Cass. n. 1200 del 2016; Cass. n. 30341 del 2019);

che quanto sopra esposto non è in contrasto con altra autorevole pronuncia di legittimità (Cass. SS.UU. n. 27199 del 2017), in materia di specificità dei motivi di appello, di cui agli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, nella L. n. 134 del 2012, secondo cui gli articoli di cui sopra vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati dalla sentenza impugnata e delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa, che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice; invero, nella citata sentenza, è stato altresì rimarcato che il giudizio di appello mantiene pur sempre la sua natura di “revisio prioris instantiae”, in tal modo diversificandosi dal ricorso per cassazione, qualificabile invece come impugnazione a critica vincolata, e che, pertanto, l’atto di appello non deve rivestire particolari formule sacramentali, nè deve contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quello di primo grado, essendo sufficiente quindi la mera riproposizione delle originarie argomentazioni svolte in primo grado, in quanto il dissenso può legittimamente investire la decisione nella sua interezza e può legittimamente sostanziarsi nelle argomentazioni poste a fondamento della domanda rimasta disattesa in primo grado;

che non va infine trascurato come il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, dettato per il processo tributario in materia d’appello, si discosta notevolmente dall’omologa norma dettata per il processo civile dall’art. 342 c.p.c., alla quale è riferita la sentenza di legittimità sopra illustrata, potendosi qualificare il citato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, valido in tema di processo tributario, come norma speciale rispetto all’art. 342 c.p.c. e tale da divaricarsi in modo sostanziale rispetto a quest’ultima, atteso che, nella prima, è richiesto unicamente che il ricorso in appello contenga “i motivi specifici dell’impugnazione” (cfr. Cass. n. 24641 del 2018); il che, come innanzi esposto, consente di ritenere legittimo l’appello allorchè l’appellante si limiti a sottoporre alla CTR le medesime argomentazioni proposte innanzi alla CTP e da quest’ultima respinte, essendo in sostanza sufficiente che emerga un dissenso tale da investire la decisione di primo grado nella sua interezza;

che, assorbiti i restanti due motivi di ricorso, va quindi accolto il primo motivo, con riferimento al quale la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla CTR del Lazio in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, assorbiti il secondo ed il terzo motivo di ricorso, accoglie il primo motivo, con riferimento al quale cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Lazio in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 15 luglio 2020

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