Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15071 del 17/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 15071 Anno 2015
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: MACIOCE LUIGI

SENTENZA

sul ricorso 15898-2009 proposto da:
FUSCO VINCENZO C.F. FSCVCN44E04B759U, domiciliato in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato FERDINANDO DEL MONDO, giusta delega in
atti;
– ricorrente –

2015
1711

contro

COMUNE DI CARDITO C.F. 80103860633, in persona del
Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CATONE 15, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 17/07/2015

GIUSEPPE

MAZZUCCHIELLO,

rappresentato

e

difeso

dall’avvocato MARIO SANTORO, giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4498/2008 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 20/06/2008 R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/04/2015 dal Consigliere Dott. LUIGI
MACIOCE;
udito l’Avvocato DEL MONDO FERDINANDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per il
rigetto.

9878/2005;

RG 15898/2009.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso 26.05.2003 Vincenzo FUSCO, già assegnato al Comune di Cardito da
1.09.1995 a 30.12.2002 come lavoratore socialmente utile ed ai sensi degli artt.
14 comma 2 D.L. 299 del 1994, 8 comma 1 d.lgs. 468 del 1997 e 4 comma 1

ordinario rapporto di lavoro subordinato (quantomeno da 1.1.1998) fondandola
sulla difformità della prestazione resa (presso l’Ufficio tecnico del Comune)
rispetto ai progetti per LSU approvati e per i quali era stato avviato. In subordine
propose domanda di pagamento delle differenze tra le indennità percepite quale
LSU e retribuzioni proprie della qualifica istruttore della cat. C
Il Tribunale di Napoli con sentenza 16.05.2005 respinse la domanda.
La Corte di Appello di Napoli, innanzi alla quale il Fusco aveva riproposto le sue
doglianze e domande, costituitosi l’appellato Comune, con sentenza 20.06.2008
respinse l’appello affermando in motivazione, per quel che ancora rileva:
che la tesi dell’appellante, per la quale le sue mansioni effettive di impiegato
addetto alle pratiche dell’Ufficio Tecnico comunale, svolte per 15 e poi 20 ore
settimanali, erano proprie dei fini istituzionali dell’Ente, ma estranee agli obiettivi
straordinari o temporanei propri del progetto, era infondata;
che la originaria delibera del 31.05.1995 , adottata sulla base della vigente legge
451 del 1994, prevedeva, tra i vari progetti attivati, uno afferente l’area
amministrativa ed implicava il trattamento e la archiviazione di dati al fine di
snellire il lavoro rivolto alla utenza, e ad esso progetto era stato assegnato il
Fusco con osservanza della fascia oraria prevista per il L.S.U.;
che l’attività rientrava tra le finalità della delibera ma in ogni caso la sua
eventuale difformità, per supposta sua comprensione tra i comuni fini
istituzionali dell’Ente, non avrebbe mai comportato la trasformazione del
rapporto di LSU in rapporto di lavoro (stante il divieto normativo per gli enti
locali di assumere senza concorso o selezione);
che in ordine alla subordinata pretesa fondata sull’art. 2126 cod.civ. ed alla (in
tesi ) corretta ipotesi di un ristoro ex art. 36 c. 2 d.lgs. 165 del 2001, essa
difettava della sua base fattuale posto: che nel progetto era compresa l’area
amministrativa, che nella previsione dell’art. 1 d.lgs. 468 del 1997 vi era la
ipotesi di esigenze non straordinarie dell’Ente sopperibili con l’apporto dei LSU,
che la dislocazione temporale del lungo periodo di prestazioni era conforme alle
previsioni legali di prorogabilità, che le prove orali non avevano evidenziato

d.lgs. 81 del 2000, propose domanda di accertamento della instaurazione di

radicali o rilevanti difformità delle mansioni svolte (sempre di registrazione ed
archiviazione di pratiche) da quelle dell’area di assegnazione nel progetto
approvato.
Per la cassazione di tale sentenza il Fusco ha proposto ricorso il 16.06.2009
con tre motivi, cui ha opposto difese con controricorso il Comune di Cardito. Il
Collegio ha autorizzato la redazione di motivazione in forma semplificata.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denunzia violazione di norme di legge e vizio di motivazione

scelte di accelerare ed ampliare il proprio servizio verso l’utenza si sarebbero
dovute gestire con ricorso al proprio personale e non già al personale avviato
dopo approvazione di progetto di LSU
Il secondo articolato motivo addebita alla sentenza impugnata una
superficiale affermazione di corrispondenza tra attività approvate nel progetto e
mansioni svolte, non avendo la Corte di merito posto ad analitico raffronto con il
progetto la realtà delle mansioni svolte e le premesse tecnico culturali per il loro
svolgimento.
Il terzo motivo, che è sintesi e conclusione degli altri due, sollecita una
valutazione critica della inesistenza di una corrispondenza tra previsione legale di
assegnazione e rapporto nei fatti instaurato.
I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro evidente connessione, sono
infondati alla stregua dei principi posti in materia da questa Corte ed anche assai
recentemente ribaditi (Cass. 22287 e 21311 del 2014 nonché Cass. 11248 del
2012 e 10759 del 2009)
Al riguardo la Corte di merito ha infatti accertato che le prestazioni rese dal
Fusco erano del tutto riconducibili alla disciplina prevista per i lavoratori
socialmente utili, essendo stato il progetto (contemplante l’assegnazione in area
amministrativa

con attività di archiviazione, protocollatura, catalogazione di

dati) affatto coerente con l’adibizione concreta, per le previste ore, alla gestione
informatico-documentale delle domande di condono. Le prestazioni come sopra
svolte dal lavoratore hanno quindi correttamente condotto la Corte di merito a
non riconoscere al ricorrente le chieste differenze retributive – rispetto
all’indennità erogatagli dall’INPS – per il lavoro effettivamente prestato, ai sensi
dell’art. 2126 c.c.. Così argomentando il Giudice di appello si è uniformato alle
pronunce di questa Corte in materia per le quali, in tema di occupazione in lavori
lavori socialmente utili, rispetto alla prestazione,che, per contenuto ed orario,
or. , si discosti da quella dovuta in base al programma originario e che venga
resa in contrasto con norme poste a tutela del lavoratore,

può trovare

nell’avere ignorato che alla stregua delle norme applicabili agli enti locali le

applicazione la

disciplina sul diritto alla retribuzione, in relazione al lavoro

effettivamente svolto, prevista dall’art. 2126 cod. civ., da reputarsi compatibile
con il regime del lavoro pubblico contrattualizzato. Ma la Corte di Napoli ha
radicalmente escluso detta difformità, con motivazione congrua ed immune
dalle carenze che oggi il ricorso addita. Se, invero, si enucleano le censure, non
sempre chiaramente articolate nel corpo dei motivi, dalla sintesi conclusiva posta
nei tre quesiti a pag. 24 del ricorso, si deve concludere nel senso della

Il primo quesito si risolve nella affermazione per la quale il Comune non può
far ricorso ai LSU per far fronte ad esigenze di smaltimento di arretrato di
procedimenti amministrativi “ordinari”, a tal onere dovendo far fronte con il
proprio personale dipendente. Tale affermazione , ad avviso del Collegio, soffre
della evidente incomprensione della costante giurisprudenza di questa Corte per
la quale, l’art. 1 del d.lgs. n. 468 del 1997, riferendosi alle attività inerenti la
realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva,

non reca

un’elencazione tassativa, sicché non eccede tale ambito e non identifica un
rapporto di lavoro subordinato, neppure di fatto ex art. 2126 cod. civ., la
prestazione resa in favore di un ente pubblico da un soggetto assegnato a
bv..01 progetto LSU e percettore di assegno INPS, mancando in ogni caso un elemento
lenaeot-e)i m p resc i n d i b i le della fattispecie legale del lavoro subordinato, qual è il
pagamento del compenso da parte del beneficiario della prestazione (Cass. N.
9811 del 2012 e 7387 del 2014).
E ciò a tacere del

rilievo assorbente che anche l’accumulo di attività

istituzionali ordinarie per l’Ente ingenera una situazione di “straordinarietà”
nell’apprestamento degli strumenti della sua gestione.
Il secondo quesito è radicalmente inammissibile, e pervero neanche
funzionale al secondo motivo al quale accede: non rammentando che l’onere di
chi deduca una violazione in fatto delle linee del progetto di assegnazione dei
LSU al fine di conseguire, ex art. 2126 c.c., la giusta retribuzione è quella di
negare che le mansioni espletate siano state quelle delineate nel progetto
approvato dall’Ente, il quesito postula che si sia rivendicata una “qualifica” in
ragione delle mansioni svolte e che si sia contestato che quella attribuita fosse
coerente con le mansioni stesse. La palese inammissibilità del quesito – afferente
una causa petendi ben diversa da quella contenuta nella domanda e riproposta
in appello – rende pertanto inammissibile l’intera censura.
Il terzo quesito, infine, fa emergere in termini di violazione di legge quanto
già proposto nel primo quesito, e cioè la necessaria tassatività delle previsioni di

infondatezza evidente delle stesse censure.

ricorso ai LSU quale cornice vincolante i progetti degli Enti che a tale strumento
ricorrano: ma, oltre a postulare un requisito che, come innanzi detto, è negato
da questa Corte, il quesito rimane a livello di mera proposta priva di rilevanza,
esso mancando anche di addurre con chiarezza le ragioni per le quali lo
smaltimento di arretrato nella definizione delle pratiche di condono non potrebbe
considerarsi un progetto coerente con le finalità della norma di legge.
Conclusivamente, dalle esposte considerazioni discende il rigetto del ricorso

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a versare al contro ricorrente Comune
per spese di giudizio la somma di € 2.600 (di cui € 2.500 per compensi) oltre a
spese generali per il 15% ed ad accessori di legge.
Così deciso nella c.d.c. della Sezione Lavoro il 21.04.2015.

con la coerente regolamentazione delle spese del giudizio.

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