Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15071 del 07/07/2011
Cassazione civile sez. VI, 07/07/2011, (ud. 26/05/2011, dep. 07/07/2011), n.15071
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –
Dott. RORDORF Renato – rel. Consigliere –
Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 6734/2010 proposto da:
FRATELLI OLIVO SNC IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS) in persona del suo
Liquidatore ed inoltre AGRIAL FRATELLI OLIVO DI OLIVO ENZO & C.
SAS
IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS) in persona del suo Liquidatore,
elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DELLA MERCEDE 11, presso lo
studio dell’avvocato CANNATA MARIO, rappresentate e difese
dall’avvocato FODDE Gianraimondo, giusta procura speciale in calce al
ricorso;
– ricorrenti –
contro
O.G. (OMISSIS), O.S.
(OMISSIS), OL.GI. (OMISSIS),
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SAN MARCELLO PISTOIESE 73,
presso lo studio dell’avvocato FIECCHI PAOLA, rappresentati e difesi
dall’avvocato PISEDDU Sandro, giusta procura speciale alle liti in
calce al controricorso;
– controricorrenti –
e contro
O.E. (OMISSIS), M.A. (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 377/2009 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI del
23.10.09, depositata il 16/12/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RENATO RORDORF;
udito per le ricorrenti l’Avvocato Sergio Salvitti (per delega avv.
Gianraimondo Fodde) che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PIERFELICE
PRATIS che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Il relatore designato a norma dell’art. 377 c.p.c., ha depositato una relazione del seguente tenore:
“1. Le società F.lli Olivo s.n.c., in liquidazione, ed Agri Al.
F.lli Olivo di Olivo Enzo & C. s.a.s., in liquidazione, hanno proposto appello avverso una sentenza del Tribunale di Cagliari che le aveva condannate a corrispondere ai soci receduti, sigg.ri S., Gi. e O.G., l’importo del valore delle quote di loro spettanza.
Con sentenza depositata il 16 dicembre 2009 la Corte d’appello di Cagliari ha dichiarato l’impugnazione inammissibile, essendo stata proposta dopo la scadenza del termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza impugnata alle appellanti.
Le due società sopra menzionate hanno proposto ricorso per cassazione sostenendo: a) che, poichè la sentenza di primo grado era stata notificata con formula esecutiva previa richiesta delle copie per dar corso all’esecuzione, in base al disposto dell’art. 479 c.p.c. (come modificato dal D.L. n. 35 del 2005, convertito in L. n. 80 del 2005), la notificazione avrebbe dovuto esser fatta a norma dell’art. 170 c.p.c., e cioè non al procuratore domiciliatario bensì alla parte personalmente, non potendo altrimenti valere a far decorrere il termine breve d’impugnazione; b) che, in difetto di registrazione, la sentenza in questione non avrebbe potuto essere affatto notificata al fine di far decorrere detto termine, in quanto il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 66, dopo la pronuncia della sentenza n. 522 del 2002 della Corte costituzionale, consente il rilascio di copia di sentenze non registrate solo a fini esecutivi.
2. Il ricorso è suscettibile di essere trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c., potendosene ipotizzare il rigetto per manifesta infondatezza.
La circostanza che la copia della sentenza di primo grado sia stata notificata alle odierne ricorrenti munita di formula esecutiva non sembra idonea ad impedire che, dal momento di tale notifica, abbia preso a decorrere il termine di trenta giorni entro il quale avrebbe dovuto esser proposto l’appello (che pacificamente è stato invece proposto dopo la scadenza di siffatto termine).
La giurisprudenza di questa corte è infatti consolidata nell’affermare che la notificazione della sentenza munita della formula esecutiva alla parte presso il procuratore costituito deve considerarsi equivalente alla notificazione al procuratore stesso, prescritta dagli artt. 285 e 170 c.p.c., ed è pertanto idonea a far decorre il termine breve d’impugnazione, in quanto soddisfa l’esigenza di assicurare che la sentenza sia portata a conoscenza della parte per il tramite del suo rappresentante processuale, professionalmente qualificato a valutare l’opportunità dell’impugnazione, nè l’apposizione della formula esecutiva impedisce l’inizio del decorso del termine breve per l’impugnazione, non avendo rilevanza alcuna, ai fini della decorrenza del detto termine, la volontà della parte che abbia richiesto la notifica (Cass. n. 10878 del 2007, n. 14642 del 2001, ed altre conformi). Le ricorrenti non offrono elementi nuovi e rilevanti per rivedere tale indirizzo ed il primo motivo di ricorso non pare dunque in grado di superare il vaglio richiesto dall’art. 360 bis c.p.c., n. 1.
Il mancato assolvimento dell’imposta di registro prima del rilascio di copia della sentenza poi notificata, quali che ne siano le conseguenze sul piano fiscale ed indipendentemente dai suoi effetti in ambito esecutivo, non sembra costituire circostanza di un qualche rilievo al fine di condizionare l’attitudine della notifica a far decorrere l’anzidetto termine d’impugnazione. E’ stato di recente ribadito dalle sezioni unite di questa corte (sentenza n. 7607 del 2010) che il cancelliere è tenuto a rilasciarne copia anche prima della registrazione, se ciò è necessario ai fini della prosecuzione del giudizio, a norma del comma 2 del citato art. 66: Ne consegue che la notifica della copia della sentenza fa comunque decorrere, indipendentemente dalla registrazione della sentenza stessa, il termine breve per l’impugnazione”. La corte condivide tali considerazioni, che non appaiono idoneamente scalfite dai rilievi formulati nella memoria successivamente depositata dal difensore delle ricorrenti, il quale insiste nel sostenere la tempestività dell’appello a suo tempo proposto contro la sentenza di primo grado, argomentando dalle modifiche apportate dalla L. n. 80 del 2005 al testo dell’art. 479 c.p.c..
Dette modifiche rilevano, però, unicamente nell’ambito della disciplina del processo esecutivo, implicando che la notifica della sentenza al debitore debba esser fatta sempre personalmente se il suo scopo è quello di poter poi dare corso al processo esecutivo. Nulla è dato dedurne, viceversa, per quanto riguarda il diverso tema qui in discussione: se la notifica della sentenza alla parte presso il procuratore costituito, ai fini del decorso del termine d’impugnazione indicato dall’art. 326 c.p.c., equivalga alla notifica eseguita al procuratore, come prescritto dal precedente art. 170.
Tale equivalenza è stata più volte affermata dalla giurisprudenza già richiamata nella relazione ed anche l’ulteriore pronuncia di Cass. 2 aprile 2009, n. 8071, che la ricorrente cita in modo non preciso, lungi dallo smentire detto indirizzo esplicitamente lo ribadisce, espressamente affermando che “del tutto condivisibile è il principio, richiamato nella decisione impugnata (cfr. Cass. n. 14642/2001; Cass. n. 7480/2003), per cui la notificazione della sentenza alla parte presso il procuratore, anzichè al procuratore quale destinatario della notificazione, è egualmente idonea a far decorrere i termini per l’impugnazione, dal momento che anch’essa soddisfa l’esigenza che la sentenza venga portata a conoscenza di persone particolarmente qualificate ad esprimere un parere tecnico sulla convenienza ed utilità di proporre gravame”. Tale principio – come anche la pronuncia da ultimo richiamata conferma – non contraddice la separazione del regime della notificazione del titolo esecutivo rispetto alla notificazione ai fini dell’impugnazione, nè in alcun modo mette in discussione il fatto che la notificazione della sentenza (pur se in forma esecutiva) è di per sè inidonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione se fatta alla parte personalmente. Come si è appena osservato, la medesima notificazione diviene però idonea a tale scopo se, benchè indirizzata formalmente alla parte, è eseguita presso il difensore costituito, essendo del tutto equivalente a quella eseguita direttamente al medesimo difensore. Consegue da ciò il rigetto del ricorso e la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per onorari e Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 26 maggio 2011.
Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2011