Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15070 del 21/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 21/07/2016, (ud. 18/05/2016, dep. 21/07/2016), n.15070

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25400-2011 proposto da:

SIMA SRL IN LIQUIDAZIONE, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE, presso lo studio dell’avvocato GIANLUIGI

MALANDRINO che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

AXA ASSICURAZIONI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA FEDERICO

CESI 72, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO BONACCORSI DI

PATTI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2243/2010 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 28/07/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/05/2016 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;

udito l’Avvocato Rosa MATTIA con delega depositata in udienza

dell’Avvocato MALANDRINO Gianluigi, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato BONACCORSI DI PATTI Domenico, difensore del

resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La SIMA s.r.l. – agenzia dell’Axa Assicurazioni s.p.a. – conveniva innanzi al Tribunale di Milano tale società, deducendo che con “accordo di transazione” del 30-3-2000 le parti avevano pattuito la liberalizzazione del portafoglio “ramo danni”, nella prospettiva della risoluzione consensuale del contratto di agenzia. Tale accordo, in particolare, prevedeva: (a) la prosecuzione del rapporto di agenzia sino al 31.12.2001; (b) la corresponsione, da parte di AXA ed a fronte della liberalizzazione del portafoglio, di un contributo straordinario complessivo pari a Lire 750.000.000 in più rate; (c) la rinuncia dell’agente ad ogni indennizzo. L’attrice affermava, poi, che il giorno successivo alla sottoscrizione era entrato in vigore il cd. blocco tariffario delle polizze RC auto, incompatibile con l’accordo, sicchè essa aveva proposto ad AXA di prorogarne la durata per il periodo di un anno, pari alla durata del blocco medesimo; proposta che, tuttavia, la preponente non aveva accettato, in seguito omettendo di versare i previsti contributi, quindi disdettando i contratti ed infine, con lettera del 30/7/2001, comunicando la propria volontà di risolvere anticipatamente, ai sensi dell’art. 1453 c.c., l’accordo transattivo stipulato il 30/3/2000.

Tanto premesso, la SIMA chiedeva l’accertamento, anche ai sensi dell’art. 1976 c.c., dell’illegittimità della risoluzione dell’accordo di transazione e del contratto di agenzia invocata dall’AXA con la citata lettera del 30-7-2001, con conseguente condanna della convenuta al pagamento in suo favore del residuo contributo non versato e al risarcimento del danno per l’illegittimo recesso, pari alle provvigioni non percepite per la durata residua dell’accordo di transazione e ad un ulteriore importo corrispondente al pregiudizio direttamente derivato all’attrice dalla mancata liberalizzazione del portafoglio nei termini pattuiti.

Con sentenza in data 10-10-2006 il Tribunale adito rigettava la domanda.

Il gravame proposto avverso la predetta decisione dall’attrice veniva rigettato dalla Corte d’Appello di Milano con sentenza in data 28-7-2010. La Corte territoriale, in particolare, rilevava che con la lettera del 30-7-2001 l’AXA aveva comunicato alla SIMA di ritenere il contratto di transazione risolto ex art. 1453 c.c.; indi, il successivo 21-9-2001, in seguito a fatti sopravvenuti che qualificava come condotte inadempienti, la predetta società aveva comunicato all’agente il proprio recesso dall’intero contratto di agenzia. Orbene, secondo il giudice di appello, la dichiarazione inviata dall’ AXA il 30-7-2001 doveva ritenersi superata dalla successiva comunicazione di recesso del settembre 2001, che aveva comportato la risoluzione ipso iure anche dell’accordo transattivo, in quanto dipendente dal primo.

La SIMA, peraltro, si era limitata a contestare la legittimità della risoluzione intimata con la lettera del luglio 2001, senza nulla obiettare in ordine allo scioglimento del rapporto di agenzia notificato il successivo settembre. Del tutto inefficace, d’altro canto, ad avviso della Corte di Appello, doveva ritenersi la prima comunicazione, costituente una mera pretesa di addivenire alla risoluzione giudiziale del contratto, giacche un effetto preclusivo alla possibile successiva pretesa di adempimento (o di risoluzione per nuovi fatti di inadempimento) del contratto si produce, secondo quanto previsto dall’art. 1453 cpv. c.c., soltanto con la domanda giudiziale di risoluzione.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la SIMA in liquidazione, sulla base di quattro motivi.

L’AXA ha depositato controricorso.

In prossimità dell’udienza la ricorrente ha depositato una memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo la SIMA deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1453 e 1967 c.c., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, assumendo che la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere che AXA, avendo posto in essere un atto giuridicamente inidoneo a produrre il recesso ante tempus, avrebbe successivamente potuto recedere per giusta causa dal contratto di agenzia.

In particolare, la ricorrente contesta al giudice di appello: a) di aver tenuto concettualmente distinti i rapporti di agenzia e transazione, quando – dopo la conclusione del secondo – fra le parti esisteva unicamente il rapporto di agenzia finalizzato alla completa liberalizzazione del portafoglio e destinato a protrarsi sino al termine indicato del 31-12-2001; b) di aver ritenuto “privo di effetto” il primo recesso operato dalla preponente il 307-2001, quando esso aveva invece avuto il concreto effetto di impedire la prosecuzione del rapporto da parte sua; c) di aver ritenuto che l’invio della prima comunicazione di recesso non precludeva alla preponente di sciogliere nuovamente il contratto di agenzia a seguito di fatti sopravvenuti. Sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello, l’effetto risolutivo era stato prodotto in modo chiaro e incontestabile dalla lettera del 30-7-2001, con la quale AXA denunciava “formalmente, la risoluzione anticipata del… contratto, ai sensi dell’art. 1453 c.c… per le gravi inadempienze…poste in essere”. Nella lettera citata, infatti, la stessa convenuta aveva attribuito alla risoluzione invocata efficacia ex tunc; di modo che da quel momento la SIMA non aveva più potuto liberalizzare alcunchè ed aveva dovuto procedere alle verifiche di riconsegna.

Il motivo è infondato.

Giova, infatti, rammentare che, poichè la risoluzione del contratto in difetto di una clausola risolutiva espressa della quale la parte dichiari di avvalersi può essere ottenuta, a norma dell’art. 1454 c.c., solo mediante intimazione ad adempiere entro un congruo termine indicato come risolutorio, la semplice dichiarazione unilaterale della parte di ritenere il contratto risolto, configurandosi come mera pretesa che non consente all’altra parte l’attuazione del rapporto, deve considerarsi a tale scopo priva di effetto e quindi non preclusiva della successiva domanda di adempimento, alla quale è ostativa, a norma dell’art. 1453 e 2 c.c., solo la domanda giudiziale di risoluzione (Cass. 29-5-1990 n. 5017; Cass. 7-2-1979 n. 873).

Nella specie, pertanto, correttamente la Corte d’Appello ha escluso che la semplice dichiarazione di risoluzione ex art. 1453 c.c. dell’accordo del marzo 2000, contenuta nella lettera inviata da AXA a SIMA nel luglio 2001, fosse di per sè idonea a provocare lo scioglimento di tale atto; e, conseguentemente, ha escluso che tale intimazione potesse impedire che il contratto continuasse a produrre i suoi effetti.

Logico corollario di tale impostazione è il rilievo della legittimità del successivo recesso dal contratto di agenzia comunicato dalla stessa AXA il 21-9-2001; atto idoneo – a differenza del primo – a provocare l’immediato scioglimento di tale contratto (con salvezza dei conseguenti diritti della parte non recedente, ove sussistenti) e a determinare la risoluzione ipso iure dell’accordo transattivo ad esso collegato.

2) Con il secondo motivo la ricorrente deduce un contrasto fra la sentenza d’appello ed altra pronuncia divenuta definitiva. Assume, al riguardo, che nel 2003 l’AXA aveva agito nei suoi confronti per il recupero di un credito di sua asserita spettanza – in forza del richiamato contratto di transazione – emerso a seguito di un controllo ispettivo; e che il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 12521/2003, rigettando la pretesa, aveva incidentalmente accertato che il contratto di transazione da cui essa traeva origine era stato “risolto il 30/7/2001 ex art. 1453 c.c. dalla spa AXA”. La predetta pronuncia era poi stata impugnata in relazione a capi diversi, e comunque ormai confermata dalla Corte d’Appello di Napoli con sentenza n. 2386/2006; sicchè su tale circostanza doveva ritenersi formato il giudicato.

Il motivo è inammissibile.

Va ricordato, in proposito, che il giudicato esterno è rilevabile anche in sede di legittimità, al pari del giudicato interno, purchè risulti da atti che siano stati acquisiti nel corso del giudizio di merito e che non siano, invece, prodotti per la prima volta in cassazione, operando in tale ultimo caso la preclusione di cui all’art. 372 c.p.c., che vieta nel giudizio di legittimità il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi, tranne di quelli che riguardano la nullità della sentenza impugnata e l’ammissibilità del ricorso e del controricorso (cfr. fra le altre Cass. 13-11-2001 n. 14118; Cass. Sez. Un. 9-8-2001 n. 10977).

Nella specie, per quanto allegato dalla stessa ricorrente, il giudicato esterno invocato risulta essersi formato il 31-7-2009, ovvero quando ancora era pendente il giudizio innanzi alla Corte d’Appello di Milano, conclusosi nel 2010. Non risulta, tuttavia, che nel corso di tale procedimento l’odierna ricorrente abbia prodotto la documentazione comprovante la formazione di detto giudicato.

3) Con il terzo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2119 e 1753 c.c., nonchè vizio di motivazione, dolendosi del fatto che il giudice d’appello abbia ritenuto sussistente una giusta causa di recesso della preponente in relazione a sue supposte condotte inadempienti. In tal senso richiama le vicende fattuali occorse in pendenza del rapporto fra le parti, evidenziando come dalle stesse non emerga un suo inadempimento idoneo a provocare il recesso per giusta causa.

Il motivo è inammissibile.

Esso consiste, infatti, nella prospettazione di una questione – la illegittimità del recesso operato da AXA il 21-9-2001 alla luce della condotta della ricorrente – che non risulta dedotta innanzi al giudice di merito, come ben si evince dalle conclusioni di appello integralmente riportate nella sentenza impugnata, con le quali la SIMA si è limitata a chiedere la declaratoria di illegittimità della risoluzione invocata dalla convenuta con lettera del 30-7-2001; e si tratta, evidentemente, di questione che implica nuovi accertamenti in fatto non compiuti dal giudice di merito e non la semplice individuazione di norme diverse da quelle che quest’ultimo ha applicato.

Orbene, come è noto, nel giudizio di cassazione è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito (tra le più recenti v. Cass. 9/7/2013 n. 17041; 13-9-2007 n. 19164).

4) La decisione sul quarto motivo di ricorso, avente ad oggetto la richiesta di un diverso carico delle spese di giudizio, rimane assorbita dai rilievi che precedono.

5) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese sostenute dalla resistente nel presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2016

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