Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15066 del 02/07/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 15066 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA
sul ricorso 11548-2008 proposto da:
BEROLA OLIVIERO C.F. BRLLVR45M16L219P, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63,
presso lo studio degli avvocati CONTALDI GIANLUCA e
CONTALDI MARIO, che lo rappresentano e difendono
unitamente ahik ) avvocatD LONGHIN ROBERTO, giusta
2014

delega in atti;
– ricorrente –

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contro

REGIONE PIEMONTE;
– intimata –

Data pubblicazione: 02/07/2014

e sul ricorso 15705-2008 proposto da:
REGION

PIEMONTE C.F. 80087670016, in persona del

lirEArt- e-

[legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA CIRO MENOTTI l, presso lo
studio dell’avvocato COCCONI GIOVANNI,
e

difende

unitamente

all’avvocato

PIPITONE CLAUDIO FEDERICO, giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

BEROLA OLIVIERO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 17/2008 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 14/02/2008 R.G.N. 52/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/02/2014 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l’Avvocato LORENZELLI SABINA per delega
CONTALDI MARIO;
udito l’Avvocato SAPONARA MARCO per delega COCCONI
GIOVANNI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per
rigetto del ricorso principale, assorbito il
controricorso incidentale.

rappresenta

che la

Svolgimento del processo
Berola Oliviero, dipendente della Regione Piemonte fino al 30/12/2006,
inizialmente sospeso dal servizio nel corso del 1995 a seguito dell’adozione nei
suoi confronti di provvedimenti cautelari dell’autorità giudiziaria e poi riammesso
nella diversa posizione di dirigente di “staff” a seguito della revoca di ogni misura

Piemonte, dopo che il 14.4.2000 era stato emesso dal G.I.P. del Tribunale di Asti
decreto di archiviazione penale, al fine di sentir accertare l’illegittimità della
posizione di “staff” assegnatagli, oltre che il diritto alla ricostruzione della carriera
ed alla titolarità di una posizione di dirigente responsabile di settore, come in
precedenza ricoperta, con la percezione delle relative differenze retributive.
li T.A.R adito dichiarò l’inammissibilità del ricorso in quanto lo stesso era stato
proposto oltre il termine di decadenza del 15/9/2000 di cui all’art. 45, comma 17,
del D.Igs n. 80/1998.
Solo a seguito di delibera del 26/4/2004 della Giunta Regionale il Berola venne
nominato responsabile del settore “tutela e valorizzazione dei prodotti agricoli”.
Seguì la richiesta risarcitoria del lavoratore, proposta al giudice del lavoro del
Tribunale di Torino, per i danni, pari ad euro 143.000,00, dovuti in parte alle
differenze stipendiali maturate dal marzo del 1995 al mese di aprile del 2004, in
parte alla differenza tra l’assegno alimentare percepito durante la sospensione
cautelare dal servizio e lo stipendio effettivo, quantificata in € 2767,19, e per il
resto al danno pensionistico, pari ad euro 74.000,00, ed al danno biologico e da
“mobbing”.
Il giudice adito rigettò la domanda e la relativa decisione, impugnata dal Berola, fu
confermata con sentenza del 15-1 / 14-2-2008 dalla Corte d’appello di Torino, la
quale evidenziò che la sentenza del T.A.R., dichiarativa della decadenza, era
passata in giudicato, mentre per quel che concerneva le domande non proposte
davanti al giudice amministrativo non poteva egualmente riconoscersi la loro
fondatezza, posto che nella fattispecie non vi era stata una sentenza di
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coercitiva penale nei suoi confronti, adì il Tribunale amministrativo regionale del

proscioglimento, ma solo un decreto di archiviazione del G.I.P. non equiparabile
alla sentenza perché non esprimeva un accertamento definitivo sul merito
dell’azione penale e, comunque, il comportamento dei responsabili della Regione,
che avevano mantenuto il Berola in un livello dirigenziale fino al 26/4/2004, non

Per la cassazione della sentenza ricorre il Berola con due motivi illustrati da
memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Resiste con controricorso la Regione Piemonte che propone, a sua volta, ricorso
incidentale condizionato, affidato ad un solo motivo.
Motivi della decisione
Preliminarmente va disposta la riunione del ricorso principale e di quello
incidentale ai sensi dell’art. 335 c.p.c.
1. Col primo motivo il ricorrente in via principale si duole della violazione degli artt.
91 e 96 del Testo unico 10.1.1957, n. 3, dell’art. 94 del D.Igs. 18.8.2001, n. 267,
dell’art. 55 del D.Igs. n. 165 del 2001, dell’art. 12 del CCNL del 9.6.2005 dell’area
di dirigenza delle regioni, nonché dell’insufficienza e della contraddittorietà della
motivazione.
Il ricorrente, dopo aver premesso che la Corte d’appello si era limitata ad adottare
una decisione inadeguata ed incentrata sulla formale applicazione dell’art. 12 del
CCNL per la dirigenza del comparto delle Regioni che mal si adattava al caso in
esame rispetto alla questione devolutale, vale a dire quella della soddisfacente
reintegrazione economica del dipendente pubblico sospeso dal servizio in via
cautelare in conseguenza di un procedimento penale conclusosi con un
provvedimento di archiviazione per infondatezza della notizia di reato, senza che
allo stesso fosse seguito un provvedimento disciplinare, formula il seguente
quesito di diritto: ” Il pubblico dipendente che sia stato privato della retribuzione in
conseguenza di sospensione cautelare dall’impiego disposta ai sensi dell’art. 91
del T. U. 10.1.57 n. 3 a seguito di procedimento penale concluso con decreto di

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poteva considerarsi illegittimo.

archiviazione per infondatezza della notizia criminis dalla cui comunicazione
l’Amministrazione non ha fatto seguire alcuna determinazione disciplinare, ha
diritto alla restituito in integrum ovvero al pagamento della differenza tra l’assegno
alimentare percepito durante la sospensione cautelare dal servizio e Io stipendio

2. Col secondo motivo il Berola lamenta la violazione degli artt. 112 c.p.c., 1175 e
1375 c.c., degli artt. 91, 92 e 97 del d.p.r. 10.1.1957 n. 3, dell’art. 3, comma 5,
della legge 27.3.2001 n. 97, dell’art. 12 del CCNL della dirigenza dell’area Regioni,
nonché l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione.
Sostiene al riguardo il ricorrente che la Corte territoriale ha travisato il fondamento
della rivendicazione, limitando, ancora una volta, la verifica della domanda
all’esame dell’art. 12 del CCNL della dirigenza, comparto Regioni, laddove il
richiamo a tale norma collettiva era stato svolto nell’atto d’appello a titolo
meramente esplicativo del diritto spettante al pubblico dipendente, ingiustamente
rimosso dal proprio incarico per ragioni cautelari, di ottenerne uno equivalente in
termini di prestigio e di soddisfacimento economico, pari a quello ricoperto al
momento della sospensione. Aggiunge il ricorrente che la Corte avrebbe dovuto,
invece, verificare la condotta dell’amministrazione con riferimento all’art. 92 del
Testo unico n. 3 del 10.1.1957 ed alla sopravvenuta normativa di cui all’art. 3 della
legge n. 97 del 2001. Invero, i responsabili della Regione Piemonte non si erano
limitati ad assegnargli un nuovo ufficio del settore della sanità, ma gli avevano
revocato, altresì, l’incarico di responsabile del servizio, assegnandolo in “posizione
di staff, e manifestando, in tal modo, un comportamento non improntato ai canoni

di correttezza e buona fede, tanto più che al suo collega Peterlin, altro funzionario
menzionato nell’ordinanza del G.I.P., era stato mantenuto l’incarico di
responsabile del servizio e considerato, altresì, che in corso di causa era stata
provata la vacanza di posti equivalenti. A conclusione del motivo il Berola formula
il seguente quesito di diritto: “La mancata riassegnazione del ricorrente all’incarico

pieno di cui è stato privato.”

ricoperto alla data della sua riammissione in servizio, in conseguenza della revoca
dell’ordinanza di sospensione cautelare i cui effetti siano venuti meno per mancato
esercizio tanto dell’azione penale che disciplinare, legittima il diritto del dipendente
al risarcimento del relativo danno patrimoniale nella misura pari alle differenze

inferiore di assegnazione attribuita alla data di riammissione in servizio e fino al
24.4.2004.”
La Regione Piemonte propone, invece, ricorso incidentale, condizionato
all’eventualità dell’accoglimento di quello principale, per asserita violazione e falsa
applicazione degli artt. 2909 c.c. e dell’art. 69, del D.Igs n. 165 del 2001, oltre che
per vizio di contraddittorietà della motivazione, sostenendo che la Corte d’appello
avrebbe dovuto accogliere l’eccezione di inammissibilità del ricorso del Berola per
essere la sua domanda preclusa dal passaggio in giudicato della sentenza del
Giudice amministrativo, dichiarativa della decadenza sostanziale dall’azione,
essendo sostanzialmente uguali il petitum e la causa petendi del ricorso
giurisdizionale amministrativo e di quello ordinario.
Osserva la Corte che i due motivi del ricorso principale possono essere esaminati
congiuntamente per ragioni di connessione.
Orbene, entrambi i motivi sono infondati.
Invero, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente principale, la Corte di
merito non ha affatto operato un’applicazione formale della norma collettiva
vigente in materia, vale a dire la richiamata disposizione di cui all’art. 12 del CCNL
delle Regioni ed Autonomie Locali — Area Dirigenza.
Infatti, con motivazione assolutamente adeguata ed immune da rilievi di tipo
logico-giuridico, la Corte d’appello di Torino ha puntualizzato che in base alla
suddetta norma contrattuale ai fini dell’accertamento del diritto del dirigente
pubblico alla corresponsione della differenza tra l’assegno alimentare percepito
durante la sospensione cautelare dal servizio e lo stipendio pieno ciò che rileva è

retributive tra la posizione ricoperta all’atto della sospensione cautelare e quella

unicamente il proscioglimento con formula ampia, indipendentemente dal fatto che
lo stesso venga adottato in sede dibattimentale o predibattimentale, mentre non
può in tal senso giovare un decreto di archiviazione emesso dal GIP che non è in
alcun modo equiparabile ad una sentenza definitiva per forma e contenuto.

responsabile di settore e la posizione di Dirigente in “stati”, la Corte ha fatto
giustamente notare che la stessa norma collettiva contempla un tale diritto in caso
di riammissione in servizio per ipotesi differenti da quella oggetto di causa. Infatti,
le ipotesi di fonte collettiva sono state indicate nell’impugnata sentenza come
quelle in cui la sospensione cautelare dal servizio abbia perso efficacia una volta
decorsi cinque anni, mentre nel caso in esame la sospensione durò assai meno,
ed il dirigente abbia riportato sentenza definitiva di assoluzione o di
proscioglimento con le formule “il fatto non sussiste” o “l’imputato non l’ha
commesso”, mentre nella fattispecie vi fu solo un decreto di archiviazione del GIP.
In ogni caso la Corte territoriale non ha limitato l’indagine ai soli aspetti formali
della questione, comunque rilevanti ai fini della decisione, ma l’ha estesa anche al
comportamento della parte datoriale pubblica, pervenendo al convincimento,
motivato in maniera congrua ed esente da vizi logici e giuridici, che l’assegnazione
del nuovo incarico a seguito della riammissione in servizio non poteva ritenersi
illegittima, fermo restando che ai sensi dell’art. 19, comma 1, del d.lgs n. 165/2001
al conferimento ed al passaggio degli incarichi non si applica l’art. 2103 cod. civ.,
sia perché si trattava, pur sempre, di un incarico dirigenziale, sia perché il
lavoratore non aveva allegato circostanze di fatto utili a sostegno della dedotta
mancanza di buona fede e correttezza nell’operato della pubblica
amministrazione, essendosi limitato ad accennare di aver partecipato ad una
selezione interna, senza nulla eccepire circa la legittimità di tale procedura.
In definitiva, il ricorso principale va rigettato.

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A,

Quanto alla pretesa differenza economica tra il trattamento di Dirigente

Rimane, di conseguenza, assorbita la disamina del ricorso incidentale della
Regione Piemonte che è stato proposto subordinatamente all’ipotesi di
accoglimento di quello principale.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente principale

P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello
incidentale. Condanna il ricorrente principale alle spese del presente giudizio nella
misura di € 4000,00 per compensi professionali e di € 100,00 per esborsi, oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma il 26 febbraio 2014
H Consigliere estensore

e vanno liquidate come da dispositivo.

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