Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15064 del 17/07/2015

Civile Sent. Sez. L Num. 15064 Anno 2015
Presidente: BANDINI GIANFRANCO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA
sul ricorso 9927-2011 proposto da:
RAI

RADIOTELEVISIONE

ITALIANA

S.P.A.

C.F.

06382641006, in persona del legale rappresentante pro
tempore elettivamente domiciliata in ROMA,
elettivamente domiciliata in ROMA,
presso lo studio dell’avvocato RINALDO
2015
1620

GEREMIA, che la rappresenta e difende, giusta delega
in atti;
– ricorrente contro
X.Z.

elettivamente domiciliata in ROMA,

Data pubblicazione: 17/07/2015

 

presso lo studio degli avvocati

D.D., N.D. che la
rappresentano e difendono unitamente agli avvocati
G.N., C.C., giusta
delega in atti;

avverso la sentenza n. 9805/2009 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 09/04/2010 R.G.N. 5657/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/04/2015 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito l’Avvocato GEREMIA RINALDO;
udito l’Avvocato COSTANTINI CLAUDIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

&

– controricorrente –

Udienza del 15 aprile 2015 — Aula A
n. 14 del ruolo — RG n. 9927/11
Presidente: Bandini – Relatore: Tria

1.— La sentenza attualmente impugnata respinge l’appello principale della RAIRADIOTELEVISIONE ITALIANA s.p.a. e l’appello incidentale di X.Z. , entrambi
avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 12097/2005, compensando le spese del giudizio di
appello.
La Corte d’appello di Roma, per quel che qui interessa, precisa che:
a) la X.Z.   ha lavorato alle dipendenze della RAI dal 27 aprile 1989 al 3 gennaio 2002, in
forza di 10 contratti di lavoro subordinato a tempo determinato e di 8 contratti di collaborazione
autonoma;
b) essendo da confermare l’affermazione del primo giudice sulla validità e legittimità
dell’accordo transattivo intervenuto tra le parti in sede sindacale il 13 gennaio 2000, la questione
che tuttora si pone è quella relativa alla natura dei rapporti sorti per effetto dei contratti di scrittura
artistica stipulati tra le parti dal gennaio 2000 in poi, formalmente qualificati come -autonomi;
c) al riguardo va precisato che, a prescindere dal nomen juris utilizzato, il concreto assetto
degli interessi contenuto in tali contratti è conforme al sinallagma contrattuale della subordinazione,
non rilevando la qualificazione del contratto come di lavoro autonomo;
d) in particolare, è, fra l’altro, emerso che l’ampiezza e i numerosi compiti assegnati alla
lavoratrice andavano molto al di là della funzione tecnica della regia, coincidendo con le mansioni
proprie del programmista regista, quali risultanti dalla contrattazione collettiva;
e) inoltre, alla RAI era concesso il potere di recesso ad nutum (che poneva la lavoratrice in
una condizione di sostanziale soggezione) e la prova testimoniale ha consentito di appurare che la
X.Z.   non ha lavorato soltanto nei limitati periodi dell’anno o nel numero di giorni previsti nei
singoli contratti succedutisi nel tempo ma quotidianamente, a tempo pieno, dal lunedì al venerdì,
come gli addetti alle redazioni delle trasmissioni;
f) va, quindi, confermata sul punto la sentenza appellata che ha accertato la sussistenza tra le
parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 3 gennaio 2000, con la
qualifica della lavoratrice di programmista regista di primo livello e ha condannati la RAI al
pagamento in favore della X.Z.   delle retribuzioni maturate dal 14 novembre 2002 alla data della
sentenza, oltre accessori di legge.
2.— Il ricorso di RAI-RADIOTELEVISIONE ITALIANA s.p.a. domanda la cassazione della
sentenza per un unico motivo; resiste, con controricorso, X.Z. , che deposita anche
memoria ex art. 378 cod. proc. civ.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

MOTIVI DELLA DECISIÓN2

I — Sintesi del motivo di ricorso


Si contesta la decisione della Corte d’appello nella parte in cui, dopo l’affermazione della
legittimità dell’accordo transattivo intervenuto tra le parti in sede sindacale il 13 gennaio 2000, ha
ritenuto 01.natura subordinata dei rapporti di scrittura artistica costituiti tra il 13 gennaio 2000 e il 3
gennaio 2002, che invece erano sicuramente da qualificare come di lavoro autonomo, come risulta
dai relativi contratti sottoscritti dalla X.Z.  come regista oppure come esperta tecnico-scientifica.
Tali rapporti si sono svolti in conformità con i contratti sen7n alcuna etero-direzione, ma
soltanto con un dovere di cooperazione nei confronti della azienda committente e con un compenso
determinato dalla effettiva rea1iz727ione del prodotto pattuito, come ha confermato la prova
testimoniale.
Viceversa, la Corte romana ha dato rilievo ad altri indici sicuramente di per sé irrilevanti in
considerazione della peculiarità dell’attività del regista di un programma televisivo, tanto più in
assenza di prove fornite dalla interessata e senza alcun riferimento alla sottoposizione al potere
direttivo dell’azienda.
il — Esame delle censure

2.- Il motivo di ricorso non è da accogliere, per le ragioni di seguito esposte.
2.1.- Infatti, nonostante il formale richiamo alla violazione di nonne di legge, contenuto
nell’intestazione del motivo, la società ricorrente, nella sostanza, esprime un mero dissenso
valutativo delle risultanze di causa e invoca, nella sostanza, un diverso apprezzamento di merito
delle stesse.
La denuncia di un vizio di motivazione, nella sentenza impugnata con ricorso per cassazione
(ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5) non conferisce al giudice di legittimità il potere di
riesaminare autonomamente il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio,
bensì soltanto quello di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza
logico-formale, le argomentR7ioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta in via esclusiva
l’accertamento dei fatti, all’esito della insindacabile selezione e valutazione della fonti del proprio
convincimento, con la conseguenza che il vizio di motivazione deve emergere — secondo il
consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte (vedi, per -tutte: Cass. S.U. 27
dicembre 1997, n. 13045 e di recente, fra le tante: Cass. 18 marzo 2013, n. 6710) — dall’esame del
ragionamento svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza impugnata, e può ritenersi
sussistente solo quando, in quel ragionamento, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o
insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio,
ovvero quando esista un insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale
da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione,
mentre non rileva la mera divergenza tra valore e significato, attribuiti dallo stesso giudice del
2

1.— Con l’unico, articolato, motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 2094, 2104 cod. civ., anche in riferimento all’art.
2697 cod. civ.

merito agli elementi da lui vagliati, e il valore e significato diversi che, agli stessi elementi, siano
attribuiti dal ricorrente e, in genere, dalle parti.
In altri termini, il controllo di logicità del giudizio di fatto — consentito al giudice di
legittimità (dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, nel testo applicabile ratione temporis) — non equivale
alla revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito
ad una determinata soluzione della questione esaminata. Infatti, una revisione siffatta si
risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova formulazione del giudizio di fatto, riservato al giudice
del merito, e risulterebbe affatto estranea alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di
legittimità.
2.2.- Nella specie, non ravvisandosi nell’iter argomentativo del Giudice d’appello violazioni
di legge ed incongruenze o deficienze motivazionali, il motivo appare da disattendere, tanto più che
la conclusione alla quale la Corte d’appello è pervenuta risulta del tutto conforme a consolidati e
condivisi orientamenti di questa Corte secondo cui, ai fini della distinzione tra lavoro subordinato e
lavoro autonomo:
a) l’elemento della subordinazione (ossia della sottoposizione al potere direttivo, disciplinare
e di controllo del datore di lavoro) costituisce una modalità d’essere del rapporto, desumibile da un
insieme di circostanze che devono essere complessivamente valutate da parte del giudice del merito
e ciò in particolare nei rapporti di lavoro aventi natura professionale o intellettuale e
indipendentemente da una iniziale pattuizione scritta sulle modalità del rapporto; nella
qualificazione del rapporto il giudice non può, pertanto, prescindere dal concreto riferimento alle
modalità di espletamento dello stesso e in particolare da elementi sussidiari, che egli stesso deve
individuare, quali l’autonoma gestione del lavoro da parte del lavoratore, l’assoggettamento o meno
a direttive programmatiche, l’accettazione del rischio derivante dal mancato espletamento
dell’attività lavorativa al fine di fruire di periodi di riposo (vedi, per tutte: Cass. 26 agosto 2013, n.
19568);
b) deve attribuirsi maggiore rilevanza alle concrete modalità di svolgimento del rapporto, da
cui è ricavabile l’effettiva volontà delle parti (iniziale o sopravvenuta), rispetto al “nomen iuris”
adottato dalle parti (ex plurimis: Cass. 21 ottobre 2014, n. 22289).
2.3.- La Corte romana, infatti, ha dato principale rilievo al concreto assetto degli interessi
contenuto nei contratti esaminati sottolineandone la conformità al sinallagma contrattuale della
subordinazione, a prescindere dalla qualificazione dei contratti stessi come di lavoro autonomo,
ponendo l’accento su:
1) le accertate ampiezza e numerosità dei compiti assegnati alla lavoratrice, che andavano
molto al di là della funzione tecnica della regia, coincidendo con le mansioni proprie del
programmista regista, quali risultanti dalla contrattazione Collettiva;
2) la concessione alla RAI del potere di recesso ad nuturn, che poneva la lavoratrice in una
condizione di sostanziale soggezione;
3) il provato impegno lavorativo della X.Z.  svoltosi non soltanto nei limitati periodi
dell’anno o nel numero di giorni previsti nei singoli contratti succedutisi nel tempo ma
3

• quotidianamente, a tempo pieno, dal lunedì al venerdì, come quello degli addetti alle redazioni delle
trasmissioni e con le medesime modalità, si da dimostrare lo stabile inserimento della lavoratrice
nella organizzazione aziendale per le molteplici esigenze inerenti alla programmazione e alla regia
delle trasnaissioni dedotte nei contratti, tanto più in considerazione del duplice impegno
contrattuahnente richiesto di sottoporre i testi alla preventiva approvazione dell’azienda e
provvedere “ai -tagli e agli adattamenti del copione e della sceneggiatura richiesti dalla RAI”.

III Conclusioni
3.- In sintesi, il ricorso è da respingere. Le spese del presente giudizio di cassazione —
liquidate nella misura indicata in dispositivo — seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio di cassazione, liquidate in curo 100,00 (cento/00) per esborsi, curo 3500,00
(tremilacinquecento/00) per compensi professionali, oltre accessori come per legge.
Cosi deciso in Roma, lla camera di consiglio della Sezione lavoro, il 15 aprile 2015.
I rsidente

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