Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15063 del 21/07/2016


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Cassazione civile sez. II, 21/07/2016, (ud. 21/04/2016, dep. 21/07/2016), n.15063

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6651-2012 proposto da:

N.G., (OMISSIS), M.A. (OMISSIS),

M.S. (OMISSIS), nella qualità di eredi di M.E.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 82, presso lo

studio dell’avvocato GREGORIO IANNOTTA, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FEDERICA IANNOTTA;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

L.M.A., (OMISSIS), C.P. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA DEI CAPRETTARI 70, presso

lo studio dell’avvocato DOMENICO SCORDINO, che li rappresenta e

difende;

– ricorrenti incidentali –

contro

M.S. (OMISSIS), M.A. (OMISSIS),

N.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE BRUNO

BUOZZI 82, presso lo studio dell’avvocato GREGORIO IANNOTTA, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FEDERICA IANNOTTA;

– controricorrenti all’incidentale –

avverso la sentenza n. 2113/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2016 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato Federica IANNOTTA, difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento delle proprie difese depositate;

udito l’Avvocato FARINA Marco, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato SCORDINO Domenico, difensore dei resistenti che ha

chiesto l’accoglimento del controricorso e ricorso incidentale ed il

rigetto del ricorso principale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità o il

rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata in data 9.3.1993, M.E., nella qualità di promissario acquirente, conveniva dinanzi al Tribunale di Roma C.G., per sentir pronunziare, ai sensi dell’art. 2932 c.c., sentenza costitutiva del diritto di nuda proprietà su un appartamento sito in Roma, con annessa cantina.

A tal fine deduceva che: a) la C. aveva acquistato la proprietà dell’immobile in questione dallo IACP con atto notarile del 25.2.1982; b) con preliminare del 19.7.1982 la medesima si era obbligata a vendere in suo favore la nuda proprietà del detto appartamento e dell’annessa cantina, fermo restando che la stipula del contratto definitivo avrebbe dovuto aver luogo entro e non oltre il 15.3.1992, ovvero allo spirare del termine decennale di vigenza del divieto di alienazione a norma della L. n. 513 del 1977, art. 28, comma 5; c) il prezzo era stato fissato in Lire 60 milioni (di cui 15 milioni corrisposti all’atto del preliminare, 3.924.000 mediante pagamento di 18 ratei mensili di Lire 218.000 all’IACP di Roma a titolo di riscatto ed il residuo – ammontante a Lire 41.076.000 – alla stipula del definitivo; d) con lettera raccomandata del 5.12.1991, aveva convocato la promittente venditrice, essendo scaduto il termine decennale, dinanzi a notaio De Corato per la stipula del definitivo, ma la C. aveva disconosciuto l’obbligo assunto con il preliminare, manifestando la volontà di non adempiervi e disertando le convocazioni per il rogito.

Con successiva citazione il M. conveniva in giudizio C.G., C.M.A. in L. e C.P., chiedendo accertarsi e dichiararsi l’inefficacia, ex art. 2901 c.c., nei suoi confronti del contratto di donazione con il quale la prima aveva donato ai nipoti l’appartamento già a lui compromesso.

Si costituiva in giudizio C.G., contestando la fondatezza delle avverse domande e spiegando riconvenzionale intesa alla risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta. Anche C.P. e C.M.A. si costituivano in giudizio, chiede il rigetto delle domande attrici.

Disposta la riunione dei due giudizi, con sentenza n. 36436/2003 l’adito tribunale, in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale, dichiarava la nullità del contratto preliminare di vendita intercorso tra il M. e C.G. per violazione della L. n. 513 del 1977, art. 28 (i.e. del divieto decennale di alienazione), rigettava in toto le domande attoree e compensava le spese.

Avverso siffatta statuizione interponevano appello N.G., M.A. e M.S., quale eredi di M.E., nelle more deceduto.

All’udienza di prima comparizione del 17.1.2005 si costituivano M.A. e C.P., il cui procuratore dichiarava il decesso di C.G.. Acquisito il certificato di morte, il g.i. autorizzava il rinnovo della notificazione del gravame agli eredi della de cuius, rinviando la causa all’udienza del 14.11.2005, adempimento cui le appellanti provvedevano nei confronti di Mo.Br., R.M.C. e C.C., i quali si costituivano eccependo il difetto di legittimazione passiva.

Con ordinanza collegiale dell’11.6.2008, la corte d’appello dichiarava l’interruzione del processo e, al fine della riassunzione, le appellanti ricorrevano dinanzi al Tribunale Civile di Firenze per la nomina di un curatore dell’eredità giacente di C.G., designato nella persona dell’avv. P.B..

Conseguentemente le appellanti riassumevano la causa, la cui prosecuzione veniva fissata per decreto presidenziale al 16.3.2099. Si costituiva l’avv. P. per l’eredità giacente, la quale eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva, deducendo che la procedura di giacenza dell’eredità della C., dichiarata in data 13.11.2008, non poteva essere aperta per essere trascorsi oltre dieci anni dalla morte della stessa, occorsa in data 6.8.98, con devoluzione allo Stato dell’eredità ex art. 586 c.c. A richiesta delle appellanti e preso atto dell’intervenuto provvedimento di chiusura dell’eredità giacente in data 7.2.2009, il g.i. autorizzava l’integrazione del contraddittorio nei confronti dello Stato. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze si costituiva con comparsa del 15.1.2011, instando in via preliminare per la declaratoria d’incompetenza territoriale della corte adita e, nel merito, per il rigetto della domanda.

Indi, la Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 2113/2011 del 12.5.2011, ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva degli originari appellati e del curatore dell’eredità giacente ed ha accolto parzialmente il gravame, con conseguente declaratoria di inefficacia, nei confronti degli eredi dell’attore, del contratto di donazione, sulla base, per quanto nella presente sede ancora rileva, delle seguenti considerazioni:

a) era fondata l’eccezione sollevata dalle difese di Mo.Br., R.M.C. e C.C. in ordine al loro difetto di legittimazione passiva, atteso che non risultava che gli stessi avessero un vincolo di parentela con la de cuius e, comunque, non era stata provata la loro qualità di eredi, laddove per la curatela dell’eredità giacente era intervenuta la chiusura della procedura;

b) l’assegnatario di un alloggio di edilizia popolare era abilitato a promettere in vendita, ancor prima della scadenza del divieto decennale di alienazione, l’alloggio stesso, allorquando, come nel caso di specie, si fosse assunto l’obbligo di trasferire la proprietà dell’immobile dopo la scadenza;

c) quanto all’ipotesi di negozio in frode alla legge denunciato dai donatari, le acquisizioni probatorie poste a fondamento della domanda non erano sufficienti;

d) a fronte della promessa di vendere la nuda proprietà dei cespiti, la domanda di esecuzione in forma specifica avanzata dal promissario acquirente non era accoglibile, in quanto nel frattempo era deceduta la promittente venditrice (e, dunque, era venuto meno l’usufrutto che la medesima si era riservata ed in considerazione del quale era stato concordato il prezzo) e pochi giorni dopo l’instaurazione del giudizio, il cui atto introduttivo di citazione non risultava trascritto, quest’ultima aveva donato a due nipoti l’appartamento promesso in vendita;

e) quanto alla domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto preliminare per eccessiva onerosità sopravvenuta, pur risultando ex actis la sperequazione del sinallagma contrattuale, non erano emersi fatti straordinari ed imprevedibili tali da giustificare la risoluzione;

f) quanto alla domanda revocatoria della donazione, la stessa, strumentale solo rispetto al credito risarcitorio vantato dal promissario acquirente, era fondata, con la conseguenza che il detto atto andava dichiarato inefficace.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso N.G., M.A. e M.S., nella qualità di eredi di M.E., sulla base di tre motivi. C.P. e C.M.A. hanno depositato controricorso, proponendo, a loro volta, ricorso incidentale. fondato su sei motivi. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha depositato controricorso. I ricorrenti principali hanno depositato, altresì, controricorso al ricorso incidentale.

In prossimità dell’udienza pubblica, le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4), nonchè la contraddittoria motivazione su un punto decisivo (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per non aver la corte, dopo aver condiviso il motivo di gravame della piena validità del contratto preliminare (siccome non in contrasto con la L. n. 513 del 1977, art. 28, comma 5), accolto sotto tale profilo l’appello e riformato anche sul punto la sentenza (di nullità) di primo grado.

1.1. La censura è destituita di fondamento, per due concomitanti ragioni processuali.

La prima è che la sentenza del Tribunale ebbe a dichiarare la nullità del preliminare intercorso tra M.E. e C.G. sia per violazione della L. n. 513 del 1977, art. 28, comma 5, sia perchè dissimulante una donazione, a sua volta nulla per difetto di forma non essendo stato stipulato tale contratto per atto pubblico. Rispetto a tale seconda ratio decidendi l’appello delle eredi M. deve ritenersi essere stato respinto dalla Corte territoriale, poichè la sentenza d’appello, sebbene non abbia motivato espressamente sul punto, ha riformato la sentenza di prime cure solo relativamente alla domanda revocatoria della donazione stipulata il 19.3.1993 tra C.G. e i suoi nipoti, rigettando l’appello “nel resto”.

Orbene le eredi M. non hanno censurato quest’ultima statuizione, atteso che il mezzo in esame riferisce i vizi di violazione dell’art. 112 c.p.c. e di contraddittorietà motivazionale alla diversa circostanza che, respinta l’eccezione di nullità per violazione della L. n. 513 del 1977, art. 28, comma 5, la Corte distrettuale avrebbe dovuto puramente e semplicemente dichiarare valido il contratto preliminare. Per contro, parte ricorrente avrebbe dovuto impugnare la sentenza d’appello denunciando l’omesso esame del motivo di gravame mosso alla sentenza del Tribunale in merito all’affermata simulazione del preliminare e alla ritenuta nullità della donazione con esso dissimulata.

La seconda ragione risiede in ciò, che la Corte territoriale, pur ritenendo fondata la critica mossa dalle appellanti M. alla sentenza di primo grado quanto all’inapplicabilità del divieto di cui alla L. n. 513 del 1977, art. 28, comma 5, ai contratti preliminari, ha però subito dopo affermato che “(è) altro il versante che (…) induce a ritenere non accoglibile la domanda di esecuzione in forma specifica avanzata dalle eredi del promittente acquirente”. Versante che ha quindi identificato nell’impossibilità di riprodurre con la richiesta sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. il medesimo regolamento di interessi negoziato con il contratto preliminare. Avendo quest’ultimo ad oggetto il trasferimento della sola nuda proprietà dell’immobile, con riserva dell’usufrutto alla promittente venditrice, sia l’intervenuta donazione dell’immobile con atto pubblico del 19.3.1993 ai nipoti di C.G., sia la morte di quest’ultima, avvenuta in corso di causa (nell'(OMISSIS)). avevano reso impossibile l’esecuzione del preliminare, non essendone più riproducibile l’oggetto con la consueta tecnica costitutivo-esecutiva prevista dall’art. 2932 c.c. E tale ratio decidendi non risulta aggredita nel ricorso.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti in via principale deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4), artt. 1418 e 1343 c.c., con riferimento al diritto di prelazione L. n. 513 del 1977, ex art. 28, comma 7, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver preso in considerazione il motivo d’appello secondo cui il diritto di prelazione legale dello I.A.C.P. spetta solo con riferimento ad un contratto traslativo della proprietà, e art. 1376 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), nonchè la omessa motivazione su un punto decisivo (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

2.1. Detta censura è assorbita dalla reiezione del motivo precedente.

Intangibile, per le ragioni appena esposte nel paragrafo precedente, la pronuncia di simulazione relativa del preliminare e di nullità del dissimulato contratto di donazione, non vi può essere spazio per recuperare altrimenti l’efficacia del primo o la validità del secondo.

Non senza soggiungere che, per quanto dalla sentenza qui impugnata si evinca che la questione sia stata sollevata in sede di appello (cfr. pag. 5, n. 2) e che sul relativo motivo di gravame la corte territoriale non si sia pronunciata, il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice d’appello è configurabile solo allorchè manchi completamente l’esame di una censura mossa al giudice di primo grado; la violazione non ricorre, invece, nel caso in cui il giudice d’appello fondi la decisione su un argomento che totalmente prescinda dalla censura o necessariamente ne presupponga l’accoglimento o il rigetto. Infatti nel primo caso l’esame della censura è inutile, mentre nel secondo essa è stata implicitamente considerata (Cass. nn. 11756/06 e 15882/07).

Pertanto e nella specie, la mancata pronuncia della corte d’appello sul motivo di gravame concernente l’erronea interpretazione, ad opera del giudice di primo grado, della L. n. 513 del 1977, art. 28, comma 7, (configurandosi il diritto di prelazione legale in favore dello IACP solo al momento della stipula del contratto definitivo), deve ritenersi assorbita nella decisione di ritenere, in ogni caso, non accoglibile la domanda ex art. 2932 c.c..

3. Con il terzo motivo i ricorrenti principali si dolgono della violazione e falsa applicazione degli artt. 2932 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), artt. 1223, 2058, 2740 e 2932 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), intendendo la domanda di esecuzione in forma specifica del preliminare di compravendita come rimedio risarcitorio in forma specifica, nonchè della insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione su un punto decisivo (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per aver contraddittoriamente la corte, da un lato, dichiarato, in accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria, inefficace, in funzione del credito risarcitorio, il contratto di donazione e, dall’altro lato, ritenuto ugualmente il detto contratto di ostacolo alla pronuncia della sentenza ex art. 2932 c.c., tenuto conto che quest’ultima è comunque una forma tipizzata di risarcimento in forma specifica.

3.1. Il motivo è in parte assorbito, in parte inammissibile e in parte infondato. Assorbito quanto alla dedotta violazione di legge, per le ragioni innanzi svolte sulla non scalfita pronuncia d’invalidità del preliminare.

Inammissibile perchè la censura non attinge la duplice ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata, da individuarsi non solo nella donazione, pochi giorni dopo l’instaurazione del giudizio, da parte della promittente venditrice, in favore di due nipoti dell’appartamento promesso in vendita, ma anche nel decesso della promittente venditrice e, dunque, nel venir meno dell’usufrutto che la medesima si era riservata ed in considerazione del quale era stato concordato il prezzo.

Infondato perchè l’inefficacia relativa della donazione 19.3.1993 fatta dalla C. ai suoi nipoti è stata pronunciata a tutela dei “crediti” e delle “aspettative di credito” del M. (v. pag. 10 sentenza impugnata), tra i quali va senz’altro annoverato il credito restitutorio della caparra confirmatoria versata all’atto del preliminare (ibidem), una volta che quest’ultimo è stato ritenuto, per le ragioni anzi dette, ineseguibile.

Correttamente, quindi, la corte d’appello ha accolto la domanda revocatoria ordinaria, non intercorrendo fra tale pronuncia e quella di rigetto della domanda ex art. 2932 c.c. alcuna contraddizione di logica giudica.

4. Con il primo motivo i ricorrenti incidentali lamentano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 299, 300, 303, 304, 305 e 307 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e/o, comunque, la nullità della sentenza o del procedimento, con riferimento all’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per aver la corte omesso di dichiarare l’estinzione del giudizio di appello in conseguenza della non tempestiva riassunzione del giudizio da parte delle appellanti nei confronti degli effettivi eredi della donante.

4.1. Il motivo non ha pregio.

In disparte il suo difetto di autosufficienza (i ricorrenti non hanno trascritto il verbale di udienza o il contenuto della memoria in cui avrebbero sollevato tempestivamente, nel rispetto dell’art. 307 c.p.c., comma 4 – nella precedente formulazione applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame – l’eccezione di estinzione del processo), esso è manifestamente infondato. in quanto, alla stregua di quanto riportato in sentenza (pag. 5) e di quanto dedotto dalle parti (pag. 6 del controricorso al ricorso incidentale), la dichiarazione del decesso di C.G. (verificatosi pendente il primo grado) è stata resa non già dal difensore di lei, bensì dal procuratore di M.A. e C.P., con la conseguenza che non si è neppure verificata l’interruzione del giudizio.

Infatti, la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, tra l’altro, che è ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso di lui, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 1, senza che rilevi la conoscenza aliunde di uno degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c. da parte del notificante (Cass. S.U. n. 15295/14).

5. Con il secondo motivo i ricorrenti incidentali si dolgono della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e/o, comunque, della nullità della sentenza o del procedimento, con riferimento all’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per aver la corte accolto la domanda revocatoria del contratto di donazione, pur avendo, da un lato, rigettato la domanda dell’attore ex art. 2932 c.c. (cui era strumentale la domanda revocatoria) e, dall’altro lato, confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva dichiarato la nullità del contratto preliminare (in quanto dissimulante un contratto di donazione nullo per difetto di forma), e, comunque, per averla accolta in via strumentale rispetto ad un’azione risarcitoria mai esperita, nonchè la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

5.1. Il motivo è infondato.

In primo luogo, la domanda revocatoria ordinaria è stata proposta in un giudizio autonomo, sia pure poi riunito per connessione, a quello avente ad oggetto la domanda di pronuncia ex art. 2932 c.c. In secondo luogo, come si è visto sopra, l’azione revocatoria era strumentale (siccome finalizzata alla ricostituzione della garanzia patrimoniale della donante) proprio al credito restitutorio che il promissario acquirente, in conseguenza della non accoglibilità della domanda di esecuzione in forma specifica, avrebbe vantato nei confronti della C..

In terzo luogo, l’art. 2901 c.c. ha accolto una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità. Ne consegue che anche il credito eventuale, nella veste di credito litigioso, è idoneo a determinare – sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione in separato giudizio sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito – l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore (Cass. n. 1893/12).

6. Con il terzo motivo i ricorrenti incidentali lamentano la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 513 del 1977, art. 28, commi 5 e 7, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver la corte riconosciuto la nullità del contratto preliminare per violazione del vincolo di inalienabilità decennale previsto per gli immobili di edilizia economica e popolare e del diritto di prelazione dello IACP; la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1344 e 1418 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver la corte riconosciuto la nullità del contratto preliminare per frode alla legge; la nullità della sentenza o del procedimento, con riferimento all’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per aver la corte omesso di pronunciarsi sulla contrarietà del contratto preliminare alla L. n. 513 del 1977, art. 28, comma 7, relativo al diritto di prelazione spettante allo IACP); la omessa. insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

6.1. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse. Non essendo scalfita la pronuncia di nullità del preliminare e della donazione dissimulata. quest’ultima per difetto della forma scritta richiesta ad substantiam dall’art. 782 c.c., gli odierni ricorrenti incidentali non hanno interesse a sostituire una motivazione ad un’altra, entrambe nel senso della nullità del contratto preliminare (cfr. sull’inammissibilità per difetto di interesse, del ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa in appello e diretto solo ad incidere sulla motivazione della sentenza impugnata, v. Cass. nn. 658/15 e 7057/10; nè ovviamente ha rilievo che nella specie gli eredi di C.G. siano risultati soccombenti in relazione ad altra domanda).

7. Con il quarto motivo i ricorrenti in via incidentale denunziano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2712 e 2719 c.c. e art. 216 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e/o, comunque, la nullità della sentenza o del procedimento, con riferimento all’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per aver la corte riconosciuto l’esistenza del contratto preliminare prodotto dall’attore in semplice fotocopia, nonostante tale documento fosse stato formalmente disconosciuto dalla loro dante causa; la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

8. Con il quinto motivo i ricorrenti incidentali deducono la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1418 e 1325 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e/o, comunque, la nullità della sentenza o del procedimento, con riferimento all’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per aver la corte riconosciuto la validità del contratto preliminare pur in assenza di un effettivo consenso manifestato dalla loro dante causa (la cui volontà era stata estorta dall’attore con un comportamento dolosamente ingannevole); la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

9. Con il sesto motivo i ricorrenti incidentali denunciano la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1448 c.c. e art. 216 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e/o, comunque, la nullità della sentenza o del procedimento, con riferimento all’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per aver la corte negato la sussistenza degli estremi della rescissione del contratto preliminare per lesione ultra dimidium, pur avendo rigettato il quarto motivo di appello degli eredi dell’attore, e gli estremi per la risoluzione dello stesso contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta; la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

9.1. I motivi sub 7., 8. e 9. restano assorbiti nel rigetto del primo motivo del ricorso principale, avuto particolare riguardo alla già dichiarata la nullità del contratto preliminare per il profilo in precedenza analizzato (dissimulazione di una donazione carente della forma scritta pubblica).

10. In definitiva, entrambi i ricorsi non meritano accoglimento.

11. Infine, va rilevato che con il proprio controricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, nel riconfermare la propria posizione di terzietà rispetto alla lite tra le altre parti, ha manifestato unicamente “l’interesse eventuale e residuo all’incameramento per devoluzione ereditaria del bene allo Stato, in assenza di atti ereditari legittimi”. E dedotta la prescrizione del diritto di accettare l’eredità di C.G., e l’incompetenza territoriale del Tribunale di Roma, nel senso che la causa avrebbe dovuto essere incardinata innanzi al foro di Firenze, quale luogo di apertura della successione della C., conclude chiedendo di “rigettare l’avversa domanda, e comunque riformare la sentenza della Corte d’Appello civile di Roma”.

11.1. Tale controricorso pone questioni del tutto nuove e che, per giunta, essendo funzionati all’annullamento della sentenza impugnata avrebbero richiesto la proposizione di un’apposita impugnazione incidentale.

12. In considerazione della soccombenza reciproca, vanno compensate integralmente tra le parti ricorrenti e ricorrenti incidentali le spese della presente fase di legittimità.

12.1. Nessun regolamento, invece, va operato tra dette parti e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, quest’ultimo non essendo stato destinatario di alcuna domanda.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.

La presente sentenza è stata redatta sulla base della relazione predisposta dall’assistente di studio dr. Pe.An..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2016

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